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LATTE FRESCO
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Comunicato 
6 marzo 2002 0:00
 


IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE DIFENDE LA NORMA ITALIANA CONTRO QUELLA UE. DOVE VUOLE ANDARE A PARARE PER LA CONFERMA DELLE LEGGI PROTEZIONISTE ITALIANE CHE PENALIZZANO IL CONSUMATORE? IN UNA LOTTA DEL LATTE INUTILE E PERSA IN PARTENZA?

Firenze, 6 Marzo 2002. Il ministro delle Politiche Agricole, Giovanni Alemanno, parlando oggi all'inaugurazione della Fieragricola di Verona, ha detto che il latte fresco rimane il prodotto che abitualmente i cittadini conoscono, altri tipi di prodotti sono ovviamente validi, ma dovranno chiamarsi in modi diversi rispetto al latte fresco.
Speriamo che questo sia il pensiero del nostro ministro -dice il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito- perche', purtroppo, negli ultimi tempi ci siamo abituati a sentire qualcosa e il giorno dopo il suo perfetto contrario (vedi il mitico ticket Bse sulla bistecca, di cui ora tutti fanno finta che ne abbiano mai parlato).
Comunque, se lo fosse, non capiamo cosa avra' intenzione di fare, visto che la questione e' disciplinata da una direttiva Ue che il nostro Paese non ha ancora applicato, e che c'e' una sentenza del Consiglio di Stato che autorizza la commercializzazione di latte con la dizione "fresco" prodotto nell'Ue secondo la direttiva di cui sopra, cioe' per essere venduto con una scadenza di 10 giorni.
Comprendiamo le pressioni che le associazioni di categoria stanno facendo sul nostro ministro, ma confondere, come fa Alemanno, la riluttanza delle aziende ad ammodernare i propri impianti con la difesa del prodotto nazionale, ci sembra decisamente fuorviante.
E' impensabile che in Italia si possa avere un latte "fresco" che e' tale solo per la meta' dei giorni rispetto a come lo si trova sul mercato degli altri Paesi dell'Ue. Cosi' come e' impensabile che in piena attuazione di una politica di libera circolazione delle merci e delle persone, si possano salvaguardare gli interessi economici di alcune categorie ricorrendo al protezionismo. Perche' se e' questo che si prevede, vuol dire che qualcuno ci sta prendendo in giro, e che i vantaggi dell'Europa non debbono essere per i consumatori, ma solo per chi minaccia blocchi stradali.
Se esiste una direttiva comunitaria che stabilisce che anche il latte che ha subito la microfiltrazione (durata a 10 giorni) possa fregiarsi dell'appellativo di fresco, cosi' come quello pastorizzato (durata 5 giorni), se si hanno elementi per dimostrare che cio' possa trarre in inganno il consumatore, non e' certo con le isole protezionistiche che si affronta la questione, ma cercando di intervenire li' dove si forma l'autorizzazione comunitaria. Quindi, con buone e valide ragioni bisognerebbe dare motivi ai nostri rappresentanti in sede comunitaria perche' si muovano in questo senso.
Noi abbiamo l'impressione che questi motivi non ci siano, e che da parte dei produttori si tenda a fare confusione e minacce per intimorire il legislatore, e quindi evitare di fare investimenti per stare al passo coi i ritrovati della scienza e della tecnologia. Anche perche', se proprio si crede che il latte italiano abbia una sua specificita' e una sua qualita' da valorizzare, la legge consente il riconoscimento del marchio "doc".
E mai come in questa situazione, a trarne vantaggi sarebbe proprio il consumatore: che pero' deve essere messo in grado di scegliere il "fresco" o il "doc" che piu' gli e' funzionale, non impedito di essere un consumatore come gli altri europei.
 
 
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