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MUCCA PAZZA: UN FILONE DI INFEZIONE UMANA ATTRAVERSO LE FARINE PER USO ALIMENTARE?
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Comunicato 
3 dicembre 2001 0:00
 


STA EMERGENDO IN SVIZZERA CON NUOVE CONFERME.
E IN ITALIA? RIBADIAMO CHE E’ MEGLIO PREVENIRE CHE COMBATTERE E QUINDI CHIEDIAMO L’INTERVENTO DEL MINISTERO DELLA SALUTE

Firenze, 3 Dicembre 2001. Lo scorso 22 novembre avevamo dato notizia che il 14 novembre a Posieux (nel cantone svizzero di Friburgo), la locale stazione di ricerca veterinaria aveva individuato nella farina per uso alimentare delle tracce di componenti ossee provenienti da farine animali, notoriamente proibite perche’ considerate fonte primaria di infezione delle vacche con il morbo della mucca pazza. Il mulino che produceva questa farina ha avuto il blocco della produzione e i suoi prodotti sono stati ritirati dal mercato. E, individuandolo come un problema di delinquenti non paghi di chissa’ quanti quintali di farine animali non ancora distrutte ma ben immagazzinate, avevamo chiesto al ministero della Salute, cosa intendeva fare per prevenire una cosa del genere in Italia. Stiamo aspettando.
Avevamo sperato in un caso isolato –dice il presidente dell’Aduc, Vincenzo Donvito- ma non e’ cosi’, anche grazie e soprattutto al metodo svizzero di porsi i problemi e affrontarli, cioe’ quello della responsabilita’ dei singoli componenti della federazione. Dopo la scoperta della vicenda di Posieux, il Dipartimento federale di Sanita’, lo scorso 22 novembre aveva rafforzato la vigilanza avvalendosi di analisti privati e cantonali. E i risultati cominciano ad arrivare. In un mulino della citta’ di Schoeftland (canton Argovia) sono stati trovati frammenti ossei nella farina per uso alimentare umano. La notizia, pubblicata dal domenicale "SonntagsZeitung" e’ stata confermata dal chimico cantonale Peter Gruetter. Dei sei campioni esaminati, uno ha presentato questi residui ossei, e sono stati sequestrati 100 Kg di farina, anche se l’azienda –a differenza di quanto successo a Posieux- e’ ancora autorizzata a produrne, essendo in regola con le norme igieniche. Il laboratorio cantonale di Argovia sta indagando da quale specie di animali provengono i residui ossei, grazie al procedimento Pcr (Polymere Chaine Reaction), che si basa sull’analisi del Dna.
Lontana Svizzera? Mica tanto. Anche perche’ la situazione italiana non e’ tanto rosea. E’ sui giornali di oggi del Giappone (dove tutti i giorni, dopo il terzo caso Bse –unici in tutto l’Oriente, la questione mucca pazza occupa spazio sulle cronache) che si punta il dito contro le farine animali italiane. A detta del quotidiano economico "Nikkei" l’Italia avrebbe esportato in Giappone farine animali non prodotte a norma Ce, e quindi potenzialmente portatrici del morbo della Bse. Accuse tutte da ulteriormente verificare e su cui, per il momento, il Governo italiano fa sapere che non sono vere.
In questo contesto, anche l’apparente labile sospetto svizzero, ci pare da prendere in seria considerazione, perche’ tra l’altro, proprio nella sua labilita’, e’ simile ai primi allarmi Bse alla fine degli anni ‘980/primi ‘990.
Siccome prevenire e’ sempre meglio che combattere, non possiamo esimerci di ulteriormente segnalare la situazione al nostro ministero della Salute, perche’ faccia sapere cosa intende fare di fronte a questo nuovo potenziale allarme. Ricordiamo che stiamo parlando delle farine da cui si fa la pasta e il pane, quindi, essere molto previdenti, non ci sembra allarmismo, ma buon senso.
 
 
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