testata ADUC
MUCCA PAZZA E’ TRA NOI
Scarica e stampa il PDF
Comunicato 
13 dicembre 2001 0:00
 


IL COMMISSARIO UE CONFERMA I TIMORI DELL’ADUC: NON C’E’ CONSENSO SCIENTIFICO SUI RIFLESSI UMANI DELL’EPIDEMIA, CHE INTANTO CONTINUA NELLA TROPPA INDIFFERENZA

Firenze, 13 Dicembre 2001. Lo scorso 30 ottobre il presidente dell’Aduc, Vincenzo Donvito, aveva scritto al Commissario Europeo alla Sanita’ e alla difesa dei consumatori, Davi Byrne, chiedendo su quali dati si basassero le politiche di prevenzione. Due ricerche scientifiche autorevoli prevedevano, in questa decade, infezioni umane (e quindi la morte, perche’ non ci sono cure) tra il tetto delle 40 mila (la prima, della Scuola d’Igiene e Medicina Tropicale di Londra) e 136 mila (la seconda, dell’Imperial College di Londra): una differenza di piu’ del triplo una dall’altra, che non aiutava a capire la dimensione del fenomeno, la percezione su cui poi decidere, anche individualmente, i propri comportamenti.
Il Commissario Byrne ci ha risposto, per voce del direttore della Sanita’ Pubblica del suo ufficio, Fernand Sauer, facendoci sapere che "al momento non c’e’ consenso scientifico sul numero totale di casi di vCJD (ndr: la variante umana del morbo della mucca pazza) che potrebbero derivare dall’epidemia in corso nel Regno Unito. Le stime variano con il modello scientifico utilizzato, e non ci sono semplicemente ancora sufficienti dati disponibili per decidere sulla questione". "L’approccio della Commissione alla gestione di rischio ha un obiettivo fondamentale: la creazione, a livello comunitario, di una struttura sicura ed efficace di misure per assicurarsi che i consumatori non siano a rischio. Questa struttura e’ basata su pareri scientifici indipendenti". La nota del direttore Sauer conclude ricordando che tutte le misure adottate ad hoc nei diversi anni, sono riunite in un unico testo legale entrato in vigore il 1 luglio del 2001, e che "sono sicuro che l’applicazione completa di queste misure assicura la tutela dei consumatori dai rischi della mucca pazza".
Avremmo voluto non avere ragione, ma purtroppo ci e’ stato confermato –nonostante la conclusione ottimistica del direttore della Sanita’ Pubblica- che non c’e’ certezza della dimensione del fenomeno, e soprattutto dei suoi potenziali sviluppi sulla sanita’ umana.
Una situazione che e’ anche confermata dalle notizie di oggi (e prendiamo solo queste).
In Austria, che fino alla settimana scorsa si riteneva immune dal fenomeno, il primo caso di mucca pazza sta turbando la serenita’ di non pochi uffici governativi, visto che –oltre alla molto probabile immissione sul mercato di carni infette, come confermano fonti istituzionali- si e’ verificato su una mucca che era stata alimentata sempre e soltanto con mangimi nazionali, che tutti credevano sicuri perche’ e’ dal 1990 che le farine animali per l’alimentazione bovina sono vietate; ma sono state prodotte negli stessi stabilimenti in cui si facevano quelle per pollame e suini, che, legalmente, fino alla fine del 2000 contenevano derivati animali: semplice ipotizzare una contaminazione tra loro. E perche’ non potrebbe succedere altrettanto in altri Paesi?
In Francia, nonostante la condanna della Corte Europea di Giustizia, le autorita’ mantengono un rigido embargo nei confronti delle carni britanniche. A parte la atavica sfiducia dei francesi verso tutto cio’ che viene da oltre la Manica, e a parte il fatto che stanno promuovendo (anche in Italia) le loro carni con massicce campagne pubblicitarie per cui si presuppone che vogliano apparire illibati il piu’ possibile, siccome si parla di multe salatissime da parte della Corte, non ci sembra che la volonta’ di subirle sia solo una ripicca e un semplice conto commerciale.
Questo mentre in Giappone (dove i casi di infezione sono gia’ 3) continuano i titoli delle prime pagine dell’informazione: con la responsabilita’ anche dell’Italia nell’aver venduto farine animali, nonche’ un rapporto-denuncia dell’Ue sulla specifica situazione (che avvisava del pericolo ben prima che emergesse il primo caso) che il Governo nipponico si e’ tenuto in un cassetto. E che dire della Finlandia che proprio l'altro giorno ha registrato il primo caso, tanto sorpresa e impreparata da far fare le analisi direttamente a Bruxelles? E lo sgomento della Repubblica Ceca e della Slovacchia nel trovarsi anche loro di recente con capi infettati (chissa’ cosa succederebbe se cominciassero le analisi, in modo sistematico come nell’Ue, anche nei Paesi extra-Ue ….)? E in Italia, e’ di oggi la notizia di un nuovo caso in provincia di Brescia.
C’e da stare tranquilli? Affatto! La situazione di oggi e’ l’evoluzione di quanto accadeva solo un anno fa, quando invece le antenne dell’attenzione erano quasi tutte alzate. E la conferma dell’ufficio del Commissario Byrne, e’ una tragica conferma.
 
 
COMUNICATI IN EVIDENZA
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS