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Rsa e Sentenza Corte Costituzionale. Ricorso a Corte europea Diritti Uomo
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Comunicato di Gianfranco Mannini *
18 gennaio 2013 11:49
 
 Residenze Sanitarie Assistite. Con una motivazione veramente singolare la Corte Costituzionale con la sentenza n. 296/12, dichiara costituzionale, in via transitoria” la legge regionale che impone il pagamento della quota sociale della retta all’anziano malato e ai suoi familiari. Perché (cito testualmente) “ <in via transitoria>, e in attesa della definizione dei livelli essenziali di assistenza sociale (LIVEAS) e del loro relativo finanziamento, prevede forme di compartecipazione da parte della persona assistita e dei suoi familiari ai costi delle prestazioni”. La stessa Regione nella memoria costitutiva afferma che: la scelta è <difforme> dal Principio che le rette devono essere pagate da SSN ed Enti locali e non dai familiari, ma è stata resa necessaria dall’inerzia dello Stato, che non ha provveduto alla definizione e al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, lasciando le Regioni e gli enti locali nella impossibilità pratica di dare attuazione a tale principio”
In buona sostanza la Corte Costituzionale, dopo aver affermato che, i costi della retta devono essere sostenuti da Stato e Regioni, ma visto che, questi, non hanno mai provveduto a convocare l’apposita Conferenza Stato-Regioni per definire i LIVEAS come “comandato” dall’art. 46 della legge 289/02 (dieci anni fa), risulta quindi, impossibile stabilire il loro finanziamento, autorizza la Regione (in via transitoria), a caricare le spese sulle spalle dei malati cronici e dei loro familiari (!?).
Più che mai singolare è l’atteggiamento dei dirigenti della Società della Salute che pretendono l’immediato rispetto della sentenza della Corte Costituzionale, dimenticando che la stessa Corte nel 2010 con la sentenza n.310 ha ordinato loro di sciogliersi per il contenimento della spesa pubblica (!?).
Per concludere, a noi pare, scandaloso e paradossale affermare che – per evidenti ragioni di risparmio sul fronte della spesa pubblica – si proclami l’esigenza di una maggior equità distributiva non nei confronti della generalità degli assistiti dal sistema sanitario, ma esclusivamente con riferimento alle persone in condizione di handicap permanente grave e di conclamata non autosufficienza. Perché applicare “la logica del risparmio” esclusivamente nei confronti di persone che presentano bisogni di salute tali da richiedere elevati livelli di protezione sanitaria e socio sanitaria di lungo periodo? Perché non applicare il (malinteso) “principio di equità” solo nei confronti dei più deboli e non estenderlo al servizio sanitario nel suo complesso? Con buona pace del principio – sancito dall’articolo 1 della vigente legge sanitaria che prevede venga assicurata «l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del SSN».
In ogni caso, la soluzione individuata da chi si appella ai presunti “doveri morali” solo delle famiglie dei disabili e degli anziani ci pare moralmente inaccettabile.
Contro questa palese discriminazione nei confronti dei soggetti più deboli della società, le scriventi associazioni oltre a denunciare al Tribunale dei Ministri per “omissione di atti dovuti” i tre Presidenti del Consiglio che non hanno provveduto alla definizione dei LIVEAS (Berlusconi, Prodi, Monti), stiamo preparando il ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo contro lo Stato e le Regioni.

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* delegato Aduc Pisa-Livorno
Coordinamento Etico Nazionale dei Caregiver

 
 
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