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Tasse sulle rendite finanziarie e Matteo Renzi
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Editoriale di Alessandro Pedone
12 febbraio 2014 17:26
 
  Mentre scrivo, su tutti i giornali impazza l'ipotesi di una “staffetta” fra il Governo Letta ed un possibile Governo Renzi. Lungi da noi, in questa sede, fare qualsiasi considerazione strettamente politica. Vogliamo solo cogliere l'occasione per ricordare come nei progetti di Renzi, collegato al così detto Job Act (cioè la prossima riforma del mercato del lavoro), c'è l'aumento della tassazione delle rendite finanziarie. “Io sono d'accordo sull'aumento della tassazione delle rendite finanziarie e sarà uno degli argomenti del job act” - dichiarava Renzi ad inizio anno sul Sole 24 ore.
Su questo tema  abbiamo spesso preso posizioni controcorrente e nessuno ci può accusare di facile populismo. Riteniamo, infatti, che sia giusto che la tassazione sulle rendite finanziarie sia almeno simile alla tassazione sul lavoro.
Il problema, però, non è tanto l'aliquota sulle rendite finanziarie, ma i criteri di calcolo che sono assolutamente cervellotici e che sovente portano all'applicazione di una tassazione sulle perdite invece che sui guadagni.
Diciamo queste cose da anni e da anni, naturalmente, non cambia niente. Nel 2011 è stata innalzata (con decorrenza 2012) l'aliquota dal 12,5% al 20%, ma non si è posto mano ai cervellotici criteri di calcolo.
Pochi sanno, ad esempio, che in tema di investimenti finanziari abbiamo due tipologie di redditi la cui classificazione è arbitrariamente stabilita dall'amministrazione finanziaria senza nessuna logica.
Dal punto di vista fiscale, infatti, un'attività finanziaria può generare un “reddito da capitale” oppure un “reddito diverso”. In genere (ma non è sempre così!) un reddito da capitale è il “frutto” dell'investimento, come una cedola di un BTP, mentre il così detto reddito diverso dovrebbe essere il guadagno derivante dalla compravendita del titolo. La prima cosa assurda è che le perdite derivanti dalla compravendita dei titoli non sono compensabili con i redditi diversi che questo titolo ha generato. Così un investitore può trovarsi (come sovente succede) a pagare delle tasse sui redditi diversi che un titolo ha generato sebbene sul quel titolo, complessivamente, abbia maturato delle perdite! Volendo fare l'elenco delle assurdità fiscali che ci sono nel mondo della tassazione delle rendite finanziarie, dovremmo scrivere un libro. Probabilmente il caso della tassazione del ETF è uno dei più astrusi, anche se il record dell'ingiustizia appartiene all'imposta di bollo calcolata sul valore nominale dei titoli in default!
E' assolutamente indispensabile una riforma della tassazione delle rendite finanziarie in cambio della quale si potrebbe anche tranquillamente accettare un aumento delle aliquote, ma solo a condizione che le tasse si paghino solo ed esclusivamente sui redditi effettivamente conseguiti.
Oggi non è così e questo è profondamente ingiusto.
 
 
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