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Testamento biologico e amministrazione di sostegno
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Osservatorio legale di Claudia Moretti
15 aprile 2009 0:00
 
Dopo i provvedimenti giudiziali di Modena, abbiamo provato a chiedere al Giudice Tutelare di Firenze di nominare un amministratore di sostegno per il nostro vice-presidente Pietro Yates Moretti, affinche', in caso di sua incapacita', potesse far sua vece per il rispetto delle volonta' sul proprio fine vita. Non ci siamo riusciti e adesso reclameremo il rigetto alla Corte d'Appello di Firenze. Vediamo perche' il Giudice tutelare ha ritenuto di non poter accogliere la domanda e perche', a nostro avviso, si tratta di una decisione sbagliata.
 
Le norme
E' necessaria preliminarmente una breve premessa in punto di diritto:
l'art. 404 c.c. prevede la possibilita' di nominare un amministrazione di sostegno per colui che "per effetto di una infermita' ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilita', anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, puo' essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio".
 
l'art. 406 c.c. Indica i soggetti che possono ricorrere al Giudice tutelare per la nomina dell'amministratore: "Il ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno puo' essere proposto dallo stesso soggetto beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato, ovvero da uno dei soggetti indicati nell'articolo 417. Se il ricorso concerne persona interdetta o inabilitata il medesimo e' presentato congiuntamente all'istanza di revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione davanti al giudice competente per quest'ultima”.
 
l'art. 408 c.c. Prevede la possibilita' di "designare” anticipatamente il proprio amministratore, in vista di una eventuale incapacita':
"La scelta dell'amministratore di sostegno avviene con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario. L'amministratore di sostegno puo' essere designato dallo stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacita', mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. In mancanza, ovvero in presenza di gravi motivi, il giudice tutelare puo' designare con decreto motivato un amministratore di sostegno diverso. Nella scelta, il giudice tutelare preferisce, ove possibile, il coniuge che non sia separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado ovvero il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata.Le designazioni di cui al primo comma possono essere revocate dall'autore con le stesse forme. "
 
L'interpretazione del Giudice Tutelare di Firenze
Posto che e' possibile scegliere, atto pubblico o scrittura privata, un proprio futuro amministratore di sostegno, e che detta scelta e' vincolante nella futura ed eventuale procedura giudiziale di nomina, non e' dato al cittadino richiedere che detta "investitura” sia preventiva al proprio stato di incapacita', e sancita con decreto del giudice. Insomma, in altre parole, al giudice si puo' ricorrere solo se e quando si cadra' nella malattia inabilitante.
Detta interpretazione non solo riduce la portata delle norme, creando un ingiustificabile gap di tutela per l'incapace, ma a ben vedere contrasta apertamente con i principi generali dell'ordinamento sostanziale e processuale, oltre che con il dettato delle norme di cui al 404 c.c. e seguenti.
Cosa accade, infatti, al soggetto che cade in incapacita' nelle more della nomina di un amministratore di sostegno? Ricordiamo che la norma consente al Giudice di decidere entro sessanta giorni dalla presentazione del ricorso, e che detto termine e' ovviamente ordinatorio. E' dunque impossibile ottenere un provvedimento di nomina in tempo reale. Chi lo rappresenta proprio in quei momenti di urgenza (i primi al sopravvenire dell'incapacita') ove spesso si decidono le sorti del suo fine vita?
Si potrebbe obiettare che chi fosse in possesso della nomina di cui all'art. 408, scrittura privata o atto pubblico che sia, sia gia' "investito” della possibilita' di rappresentare il soggetto incapace. Ma cosi' non e'. Le norme civilistiche che regolano la tutela degli incapaci, difficilmente si concilierebbero con quelle relative della generica (o anche specifica) procura e rappresentanza. Si tratta infatti di decisioni personalissime e troppo indefinite (si puo' delegare anche la mera scelta e non il singolo atto) per costituire oggetto di "mandato” privatistico. E' evidente che allo stato un medico tutt'al piu' prenderebbe in considerazione dette volonta' (secondo quanto prevede anche la convenzione di Oviedo) ma certo non farebbe sottoscrivere alcun consenso informato all'amministratore indicato, o non lo riterrebbe rappresentante del paziente. Occorrerebbe, per dare validita' a dette scritture, proprio quella legge sul testamento biologico, ovvero una espressa previsione normativa sulla vincolativita' delle dichiarazioni anticipate di trattamento cosi' rese.
In altre parole, occorrerebbe una legge che attua, decidendone forme precise, il testamento biologico, cosi' come il codice civile attua e conferisce validita' al testamento olografo, per atto pubblico ecc....
Del resto il Giudice ha ritenuto detta designazione per atto pubblico o scrittura privata valida ai soli fini della scelta dell'amministratore, riconoscendone la natura "strumentale” al futuro ed eventuale procedimento giudiziale di nomina. In altre parole, fin tanto che non si e' incapaci, le scritture in questione non hanno alcun valore ne' alcun effetto giuridico.
 
Perche' non sarebbe possibile precostituirsi un titolo di rappresentanza finalizzato alla tutela nei momenti di futura incapacita'?
A parere del Giudice, la legge prevede l'attualita' della situazione di incapacita' perche' l'art. 404 c.c. usa il termine "...si trova”. Tale interpretazione letterale, oltre che contrastare con quanto previsto all'art. 406 c.c. come vedremo, contrasta in primo luogo con la natura di volontaria giurisdizione della procedura di nomina dell'amministratore di sostegno, nonche' con i principi generali del nostro ordinamento processual-civilistico. Gli spazi della tutela giurisdizionale coprono non solo i contenziosi o le questioni gia' "esplose”, ma anche quelle che potrebbero esplodere. Si pensi a tutte le azioni di accertamento, o anche a provvedimenti quali il cosiddetto fratto o licenza per finita locazione. Insomma, e' nella logica del processo civile trattare casi che non hanno vera e propria attualita', ma che mirano a precostituire una situazione giuridicamente rilevante in vista di un possibile evento, contenzioso o meno che sia.
Non si comprende dunque perche' cio' non debba avvenire proprio in vista un evento quale la propria incapacita'.
 
L'interpretazione del Giudice contrasta, infine, con le norme stesse che regolano la nomina dell'amministratore, di cui all'art. 406 c.c.: "Il ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno puo' essere proposto dallo stesso soggetto beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato, ovvero da uno dei soggetti indicati nell'articolo 417”.
Cosi' statuendo, il legislatore ha chiaramente inteso consentire anche al soggetto che non e' incapace, di nominare un amministratore anche al soggetto pienamente capace di agire e di intendere e volere. Altrimenti non avrebbe usato la congiunzione "anche” che invece ha voluto utilizzare.
Per questi motivi, e supportati dalle recenti pronunce giudiziali (1) e della numerosa dottrina che si e' spesa sull'argomento, procederemo a reclamare alla Corte d'Appello di Firenze il provvedimento, nella speranza che venga riformato.
 
(1) sentenza del giudice di Modena: clicca qui
 
 
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