Dall'anno della sua fondazione, nel 1952, al 2015, sono stati presentati davanti alla Corte dei giustizia dell'Unione europea 642 ricorsi per inadempimento contro l'Italia.
La "
Relazione annuale 2015. Attivita' giudiziaria", e' il rapporto redatto dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea che fa una sintesi dell'andamento della medesima. Da quando e' stata fondata (1952) e fino al 2015, l'Italia e' stata sottomessa a 642 ricorsi per mancata applicazione delle norme. Dopo il nostro Paese c'e' Francia (416 ricorsi), Grecia (400), Belgio (383) e Germania (282).
Il ricorso per inadempimento viene attivato in seguito a denunce da parte di cittadini, ONG, associazioni o da parte di un altro Stato membro, ma anche di propria iniziativa. Dopo una serie di atti pre-contenzioso (scambio di informazioni, costituzione in mora, parere motivato a cui uniformarsi entro una scadenza), si passa in giudizio vero e proprio. Le sanzioni proposte sono anche pecuniarie, ma a fronte di un mancato recepimento da parte dello Stato di queste sentenze, prosegue la procedura di infrazione: nuova messa in mora e sanzioni pecuniarie forfettarie o per giorno (o altro periodo) di inadempimento.
La maggior parte dei ricorsi sono sulla violazione di norme fiscali, doganali, trasporti e ambiente. Occupazione, affari sociali e inclusione (286 denunce), fiscalita' e unione doganale (69), mercato interno, industria, imprenditorialita' e pmi (64). E' circa il 18% di tutte le denunce registrate contro gli Stati membri. Per l'ambiente, la Commissione, nel dossier "Riesame dell'attuazione delle politiche ambientali dell'Ue" pubblicato a inizio mese, indica le divergenze regionali come principale debolezza.
Al momento, le procedure pendenti contro l'Italia sono in calo, 72 (dati disponibili sulla piattaforma EUR-Infra). Secondo la Rappresentanza permanente dell'Italia presso l'Unione, gia' nel luglio 2016 quando si era scesi sotto le 80, e' stato definito un record storico.
(Italia Oggi)