testata ADUC
La FAO per la valorizzazione del lavoro femminile
Scarica e stampa il PDF
Articolo di Redazione
7 luglio 2017 16:09
 
 Eusebia Ortega Alvarato aveva meno di 30 anni, due figli in casa e uno in pancia quando suo padre mori’. L’uomo aveva un pezzo di terra nella sierra Mizteca, una zona montagnosa di Oaxaca, nel sudest del Messico. Ma ad Eusebia non ne rimase un solo centimetro. “Mia madre fu diseredata della sua terra. Poiche’ donna, giovane ed indigena”. Sua figlia Jessica, di 27 anni, corpo minuto e voce potente, racconta la sua storia nell'aula plenaria della FAO, nel corso di un evento programmatico: Non lasciare nessuno indietro: raggiungere l’uguaglianza di genere per la sicurezza alimentare, la nutrizione e l’agricoltura sostenibile.
Jessica Vaga Ortega ha trasformato l’ingiustizia subita da sua madre nel centro della sua lotta quotidiana per porre fine alla discriminazione nei campi e nell’allevamento degli animali. Un compromesso che l’ha portata a coordinare la Rete delle giovani indigene dell’America Latina ed a condividere la sua denuncia e i suoi argomenti in varie assemblee internazionali. Come per l’appunto alla conferenza di Roma, dove ha commosso i vari delegati con la sua testimonianza.
José Graziano da Silva, aprendo il dibattito. “La sua problematica va molto oltre la produzione agricola e si estende a tutto il settore alimentare, ma come tutti sappiamo, le donne delle campagne devono confrontarsi con molteplici limitazioni”.
Al confronto con gli uomini, le donne delle campagne in genere hanno un accesso piu’ limitato alla terra ed alla tecnologia che ottimizza il lavoro, ed anche ai servizi, come il credito per l’ampliamento della propria attivita’. Le contadine di ogni eta’ e origine devono spesso affrontare varie diseguaglianze nel mercato del lavoro: molte di esse sono obbligate ad accettare lavori di secondo piano e mal pagati, senza protezione legale ed assistenziale.
La FAO e altre agenzie delle Nazioni Unite lanciano l’allarme: la breccia di genere nell’agricoltura impone alti costi alla produzione agricola globale, la sicurezza alimentare delle famiglie e il benessere generale.
In Africa e America Latina, meno del 10% delle terre sono proprieta’ di donne e, invece, sono loro che portano il cibo in tavola, creano i bambini e che fisicamente si fanno carico delle conseguenze del cambio climatico in agricoltura. Lo ha detto concretamente il rappresentante della FAO. “Possono passare molte ore al giorno in cerca di acqua in periodi di siccita’ e per questo devono percorrere molti chilometri portando un contenitore di acqua sopra le proprie spalle. Ho visto coi miei occhi -continua da Silva- il sollievo delle donne di un piccolo popolo del Brasile quando depositavano l’acqua presso le rispettive famiglie: prima ci mettevano otto ore al giorno per raccogliere la quantita’ di acqua necessaria per tutta la famiglia. Di recente, impiegavano diverso tempo per svolgere altre attivita’, anche per se stesse”. Risultato: in poche settimane, alcune donne, liberate dalla loro quotidiana schiavitu’, aprivano negozi di parrucchiere e altre piccole imprese.
Lo stesso accade in Nepal. Chandra Kala Thapa, di 30 anni, coltivava mais in un pezzetto di terra a Ranichauri, un villaggio nel sudest del Paese. La sua vita ha visto una svolta quando un programma finanziato dalle Nazioni Unite le offri’ conoscenze tecniche, semi, fertilizzanti ed un’équipe, e l’aiuto ad accedere ad un credito per diversificare le attivita’ agricole ed aumentare cosi’ i suoi guadagni. “Ora i prezzi sono buoni ed e’ diverso tempo che guadagniamo soldi. Prima non avevamo soldi per far mangiare adeguatamente i miei due figli o per mandarli a scuola. Ora produco in modo sufficiente per la mia famiglia. Questa formazione ha aumentato la mia consapevolezza e mi ha dato un’opportunita’ per essere in grado di fare le cose da me stessa”, spiega.
E quanto accaduto nell’altra parte del Pianeta, in Nigeria, anche a Haowa Bello. Grazie ad un finanziamento internazionale, ha trasformato la sua fattoria di bestiame con pochi animali, in un’industria di progetti di borse con pelle di capra, che ha battezzato con il nome evocatorio di Madame Coquette. Un marchio riconosciuto e venduto in tutto il mondo.
Somo molte le persone che lavorano per l’uguaglianza delle contadine. In questo ambito c’e’ uno sforzo congiunto di FAO, FIDA, PMA e dell’ONU donne, l’Agenzia delle Nazioni Unite specializzate in merito. “Come risultato, molte sono sono state capaci di aprire conti bancari a proprio nome, accedono ogni giorno al credito e dirigono i propri affari”, dice soddisfatto da Silva. Come Haowa, come Chandra, sono in migliaia.

(articolo di Lucia Magi, pubblicato sul quotidiano El Pais del 07/07/2017)
 
 
ARTICOLI IN EVIDENZA
 
AVVERTENZE. Quotidiano dell'Aduc registrato al Tribunale di Firenze n. 5761/10.
Direttore Domenico Murrone
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS