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Il condominio. Regolamento di natura contrattuale e limiti d'uso, come si interpretano le clausole?
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Articolo di Laura Cecchini
18 febbraio 2021 15:19
 
 La vertenza insorta all'esame della Corte d'Appello di Torino (sentenza n.537 del 19 maggio 2020) nasce dalla domanda del condominio, avanzata innanzi al Tribunale, nei confronti di un condomino che aveva apposto un'insegna sulla facciata dell'edificio, in prossimità del suo immobile, chiedendone la rimozione.
La questione della installazione di targhe ed insegne sulla facciata condominiale è frequente oggetto di querelle che, investe e coinvolge non solo il disposto di cui all'art. 1102 Cod. Civ., inerente il pari delle cose comuni ma, anche ed in particolare, l'art. 1120 Cod. Civ., relativamente alla valutazione dell'avvenuta alterazione del decoro architettonico dello stabile.
Per completezza espositiva, è utile ed opportuno rappresentare che, nella vicenda di cui si tratta, la violazione di tale ultima norma non è stata oggetto di censura nel giudizio di primo grado, per cui, non essendo stata dedotta, la disamina della Corte d'Appello non può interessare tale aspetto.

Iter Giudiziale
Previo esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, con esito negativo, il condominio ha presentato ricorso ex art. 702 ter Cod. Proc. Civ. nei confronti del condomino, per vederlo condannare alla rimozione dell'insegna apposta sulla facciata, rilevando e documentando che tale intervento era in contrasto con una clausola ad ho c contenuta nel regolamento, che vietava detta installazione.
Nel giudizio non si costituiva il condomino, per cui ne veniva dichiarata la contumacia.
Il Giudice di prime cure accoglieva la richiesta del condominio, condannando il condomino anche al pagamento delle spese e competenze legali, il quale, ricevuta la notifica della ordinanza, impugnava la stessa avanti alla Corte d'Appello di Torino.
A fondamento delle proprie doglianze, il condomino lamentava (i) l'inammissibilità della costituzione in giudizio dell'amministratore per difetto di autorizzazione dell'assemblea o ratifica (ii) l'avvenuta attivazione, in via incidentale, della procedura di querela di falso relativamente alla delibera di modifica del regolamento condominiale, all'uopo chiedendone la sospensione, (iii) la nullità della dichiarazione di insussistenza del diritto alla apposizione di insegne, nonché (iii) il diritto ad ottenere il risarcimento dei danni per il pregiudizio arrecato alla sua immagine commerciale, per essere stato privato ingiustamente del diritto al pari uso della cosa comune (con l'installazione della insegna sulla facciata).
Costituitosi il Condominio in appello, chiedeva il rigetto della impugnazione promossa.

Legittimazione dell'amministratore
E' doveroso trattare il primo motivo d'appello, seppur appaia ictu oculi palesemente infondato.
Nel caso che ci occupa, è di tutta evidenza che la controversia insorta rientri nelle competenze riconosciute all'amministratore ex artt. 1130 e 1131 Cod. Civ.
Invero, non vi può essere dubbio che ogni lite avente ad oggetto il regolamento condominiale, l'uso della cosa comune o, ancora l'esecuzione delle delibere, rientri a tutti gli effetti nelle funzioni dell'amministratore proprio in ragione delle attribuzioni allo stesso conferite ed indicate all'art. 1130 Cod. Civ. per le quali ha la rappresentanza processuale ex art. 1131 Cod. Civ.
In proposito, è appropriato ricordare, stante lo spunto sulla materia che ci offre la sentenza, che i poteri dell'amministratore in termini di legittimazione processuale, sia attiva che passiva, incontrano gli stessi limiti di quelli sostanziali codificati, per cui qualora l'azione risponda alla sue attribuzioni specifiche potrà agire anche senza una delibera da parte dell'assemblea.

Sulla querela di falso
Non possiamo ignorare, nella trattazione dell'argomento come, anche il secondo motivo di impugnazione, sia inammissibile.
Ciò che rileva non è l'autenticità del documento prodotto dal condominio, con espresso riferimento alla delibera che ha modificato la clausola del regolamento condominiale afferente alla installazione di targhe e insegne ma, ritenuta e considerata la natura contrattuale del regolamento, la sua adozione in assenza della unanimità.
Pertanto, rilevato che dalla documentazione in atti, risulta che, tra l'altro, il condomino era stato reso consapevole ed edotto del contenuto di detta delibera per cui è causa al momento del rogito di compravendita, in quanto nello stesso richiamata, non vi è motivo fondante la pretesa falsità della stessa né contestazione su tale aspetto all'atto notarile di compravendita.
Inoltre, non era stata prodotta alcuna prova sulla falsità materiale o intervenuta alterazione della stessa, per cui l'istanza mossa in tal senso non poteva che essere dichiarata inammissibile.

Regolamento condominiale contrattuale e modifiche
Veniamo al terzo motivo di impugnazione, afferente alla giusta contestazione in merito alla avvenuta modifica del regolamento condominiale in assenza di delibera approvata all'unanimità.
Il verificarsi di tale circostanza è innegabile che comporti la nullità della delibera laddove, la decisione dell'assembela non rispetti il criterio per la sua valida adozione (unanimità) e manifesti compromissione dei diritti del condomino.
Sul punto, il condomino appellante pone in luce che il regolamento originario non prevedeva alcun espresso divieto alla apposizione di insegne sulla facciate ritenuto che la limitazione era circoscritta alle <targhette, dischi indicatori ed altro> solo se posti <nell'ingresso comune, nelle scale e nei ripiani >.
Dal suo lato, il condominio oppone che la delibera assunta non costituiva una modifica al regolamento, poiché si trattava di una mera integrazione circa le modalità applicative dello stesso.
Lette le difese, la disamina della Corte d'Appello affronta la questione soffermandosi su un aspetto fondamentale per la risoluzione della stessa, ovvero la interpretazione della clausola del regolamento, nella versione originaria ed in quella attuale, intervenuta dopo la delibera.
Ad avviso dei Giudici di secondo grado la delibera ha apportato una vera e propria modifica al regolamento condominiale e non un semplice inquadramento delle modalità applicative della stessa vietando, tra maggiori limiti, <l'apposizione di insegne e/o locandine di qualsiasi genere e contenuto sui balconi e aree visibili all'esterno di ciascuna unità immobiliare>.
E' chiara la più ampia limitazione introdotta dalla delibera rispetto alla originaria clausola sopra richiamata.
Posto ciò, la Corte ricorda come una modifica al regolamento condominiale (contrattuale) di tale portata non può prescindere dalla unanimità, tenuto conto che, nella ipotesi de qua , la stessa incide significativamente sui diritti dei singoli condomini, per cui l'avvenuta adozione di una delibera a maggioranza comporta certamente la nullità della stessa.
Parimenti, precisa come debba essere conferita assoluta preferenza ad una interpretazione letterale della clausola posta nel regolamento contrattuale e, non diversamente, come sostenuto dal condominio, ad una lettura estensiva, all'uopo ricordando che ciascun condomino ha diritto di fruire dei beni comuni con le sole limitazioni imposte dal regolamento condominiale (nella vicenda insussistenti sul punto) e dall'art. 1138, comma IV, Cod. Civ.
In conseguenza, l'appello risulta fondato e, per l'effetto, riformata la decisione del Tribunale.
In ultimo e per concludere, con riferimento alla richiesta risarcitoria, essendo stata proposta in appello, la stessa è inammissibile, oltre che non supportata da prova alcuna.

(articolo pubblicato su Condominioweb)


 
 
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