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Cosa è il populismo? E' un pericolo per la democrazia?
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Articolo di Pietro Yates Moretti
23 maggio 2016 12:59
 
Cosa vuol dire populismo? Quali partiti o movimenti politici sono populisti e quali no? Sono pericolosi per la democrazia?

Il termine "populista" viene utilizzato frequentemente nel discorso politico a seguito del proliferare di movimenti e partiti cosiddetti anti-sistema che durante la crisi economica iniziata nel 2008 sono cresciuti e in molti Paesi sono o stanno per divenire maggioranza.

Alcuni studiosi individuano quale caratteristica distintiva del populismo il nazionalismo, o comunque le rivendicazioni sovraniste, antieuropeiste e/o anti-immigrazione. Altri ancora considerano populista quel partito o movimento che offre soluzioni semplici (e irrealizzabili) ai problemi complessi che pongono le società democratiche aperte e complesse. Altra caratteristica comune a molti movimenti definiti populisti è la retorica della paura e della rabbia feroce contro “il sistema” ed i partiti tradizionali. Infine, alcuni commentatori individuano quale sintomo del populismo l'appartenenza ad alleanze populiste transnazionali: i populisti di sinistra legati (anche economicamente) con governi populisti sudamericani (Venezuela in primis); i populisti di destra sostenuti (e talvolta finanziati) da Putin.

Queste caratteristiche indubbiamente contraddistinguono molti attori populisti in Italia e in Europa. Ma a mio avviso non sono criteri sempre oggettivi ed applicabili per distinguere correttamente tra forze populiste e non. Ad esempio, vi sono forze politiche anti-sistema, ma non necessariamente xenofobe; altre forze ancora che nutrono forte simpatia per la dittatura russa, ma non sono necessariamente anti-sistema o anti-democratiche.

Qual è, quindi, il minimo comune denominatore del populismo, il suo nocciolo duro? Una risposta piuttosto convincente la offre Jan-Werner Müller, docente di scienze politiche all'Università di Princeton, che individua la caratteristica fondamentale del populismo nella loro concezione moralistica della politica. Il populista fa appello ad una idea di popolo puro, mitico, onesto, che si contrappone alle élite, dichiarandosi quale unico rappresentante legittimo delle sue istanze:
  • “L'argomentazione centrale comune a tutti i populisti è la seguente: solo una parte del popolo è veramente "il popolo" - e solo il populista si indentifica e rappresenta autenticamente la gente vera.
    Quindi, cosa è il populismo? Il populismo è una particolare immaginazione moralista della politica, un modo di concepire il mondo politico che pone in opposizione un popolo moralmente puro e pienamente unito contro piccole minoranze, le elite in particolare, che si pongono al di fuori della gente autentica. In altre parole, "il popolo" non è identificabile né con l'intera popolazione, né con la volontà popolare che emerge dallo svolgimento delle procedure elettorali. Piuttosto, come ha spiegato un importante teorico della democrazia moderna Claude Lefort, per i populisti il (vero) popolo è prima di tutto una selezione tra il popolo. I populisti quindi sono convinti che loro, e solo loro, possono rappresentare il popolo moralmente puro, autentico, vero.
    Questo è il cuore del populismo. Gli attori politici che non aderiscono a questo principio, semplicemente non sono populisti. Non esiste populismo senza l'argomentazione della pars pro toto e l'asserzione di essere gli unici a poterla rappresentare, basandosi su principi morali piuttosto che empirici.
    Anche se non sempre, la "moralità" è generalmente concepita dal populista come contrapposizione tra lavoro e corruzione (cosa che ha spinto alcuni osservatori ad associare il populismo con l'ideologia del "produzionismo"). Il populista contrappone da una parte la "gente" pura, moralmente innocente, che lavora duramente, e dall'altra le elite corrotte (accusate di lavorare solo per i propri interessi).” (estratto da Parsing Populism)
Ne consegue che il populismo è necessariamente anti-pluralista, perché si autodichiara quale unica forza in grado di dare voce al popolo, quello vero, di esserne il reale e diretto portavoce. Un popolo che non coincide né con l'insieme dei cittadini che compongono un ordinamento nazionale, né con il corpo elettorale (ovvero i cittadini chiamati a votare). La nozione populista di “popolo” è omogenea, senza contraddizioni, perché ne sono stati espulsi gli elementi “impuri”, coloro che non condividono l'unica nozione possibile di Bene. Scrive ancora Müller:
  • "Dovrebbe esser chiaro che i populisti, essendo convintamente anti-pluralisti, non possono accettare nulla che risembli una opposizione legittima. Dichiararsi all'opposizione è come non appartenere. Come ha detto il presidente turco Erdogan ai suoi critici dopo essere stato scelto dal suo partito come canditato presidenziale nell'agosto 2014: "Noi siamo il popolo - voi chi siete?". (Parsing Populism)
L'espulsione dal “popolo” non prende di mira solo gli avversari politici e i loro cittadini elettori, ma spesso anche i propri membri. E' infatti tipico delle forze populiste la ricerca della purezza morale e la conseguente repressione del dissenso interno attraverso massicce espulsioni dei “traditori” del popolo e del bene comune. Difficilmente i membri di una forza populista potranno presentarsi come portavoce delle istanze del “popolo”, se poi dimostrano di non essere d'accordo tra loro. Le regole interne di una forza politica quindi hanno superiorità morale persino sulle leggi dello Stato, che sono percepite come parte del sistema da abbattere in nome del vero popolo e della vera democrazia.

Un esempio di scuola di populismo ce lo offre questo passaggio tratto da un comizio elettorale di un noto politico:
  • "I contadini, gli operai, i commercianti, la classe media, tutti sono testimoni... invece loro preferiscono non parlare di questi 13 anni passati, ma solo degli ultimi sei mesi... chi è il responsabile? Loro! I partiti! Per 13 anni hanno dimostrato cosa sono stati capaci di fare. Abbiamo una nazione economicamente distrutta, gli agricoltori rovinati, la classe media in ginocchio, le finanze agli sgoccioli, milioni di disoccupati.. sono loro i responsabili!
    Io vengo confuso.. oggi sono socialista, domani comunista, poi sindacalista, loro ci confondono, pensano che siamo come loro. Noi non siamo come loro! Loro sono morti, e vogliamo vederli tutti nella tomba! Io vedo questa sufficienza borghese nel giudicare il nostro movimento..mi hanno proposto un'alleanza. Così ragionano! Ancora non hanno capito di avere a che fare con un movimento completamente differente da un partito politico...noi resisteremo a qualsiasi pressione che ci venga fatta. E' un movimento che non può essere fermato... non capiscono che questo movimento è tenuto insieme da una forza inarrestabile che non può essere distrutta..noi non siamo un partito, rappresentiamo l'intero popolo, un popolo nuovo..."
Questo passo, pronunciato nel 1932 da Adolf Hitler, ritrova oggi un'eco fortissima in Italia ed in Europa. Ovviamente ciò non significa che tutte le forze politiche populiste di oggi abbiano abbracciato il nazionalsocialismo. Né che le loro critiche al “sistema” siano tutte infondate. Infatti, più quelle critiche sono fondate e largamente condivise, più il populismo avanza. Ma denota quel minimo comun denominatore che contraddistingue i movimenti populisti: l'avversione al pluralismo, l'affermazione della volontà del vero “popolo” che solo loro possono rappresentare.
Il nazionalismo, anche nella sua forma soft di mera denuncia di lesione di sovranità, è quindi una mera conseguenza, un sintomo, di questa condizione: il “popolo” e la sua volontà non può incontrare ingerenze esterne, come quelle di un altro Stato o dell'Unione Europea, o di un flusso considerevole di immigrati.

E' evidente che l'avversione al pluralismo è in diretto contrasto con la democrazia liberale. Il pensiero liberale pone al centro l'individuo e le sue libertà, anche quando in contrasto con la maggioranza dell'elettorato. La democrazia liberale è fatta di limiti alla volontà popolare della maggioranza, limiti posti dalla Costituzione e dalle leggi e procedure che hanno lo scopo di proteggere l'individuo e i suoi diritti, anche quando è solo o in minoranza.

Il populista invece sacrifica l'individualità perché in contrasto con la propria nozione di popolo e di bene collettivo. Ecco che quindi vengono messi in discussione alcuni dei cardini della democrazia liberale, incentrata sulle libertà individuali e sul pluralismo: la presunzione di innocenza, la riservatezza delle comunicazioni, la tutela delle minoranze e della diversità, la libertà economica, la cessione di sovranità come antidoto al nazionalismo, ecc. Ciò che rileva è quel Volksgeist cui gli individui devono conformarsi per non essere espulsi dal "popolo".

Ma quindi le forze populiste sono o non sono pericolose per la democrazia?
A me la risposta appare ovvia, anche se spero tanto di sbagliarmi.
 
 
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