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Europa dei consumatori o dei produttori. I pericoli del nazionalismo, anche europeo
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Editoriale di Vincenzo Donvito Maxia
19 aprile 2024 13:25
 

Uno slogan viene in questi giorni ripetuto dal ministro delle Imprese e del made in italy, Adolfo Urso - “dall’Europa dei consumatori a quella dei produttori” -, e con esso il nostro ministro è convinto di aver trovato la formula per il bene dell’Italia e dell’Europa e comunque sembra soddisfatto nel’usarlo per la campagna elettorale per il prossimo rinnovo del Parlamento europeo. 

Lo slogan riflette il modo di fare e di argomentare tipico suo e del governo di cui fa parte, dove, mentre “se la suonano e se la cantano” si considerano una sorta di “arcangelo salvatore” con intercedere del tipo “l’Europa sarà finalmente nelle condizioni di realizzare una politica industriale” … “finalmente” … ché prima di loro c’erano i diavoli che ora dovrebbero tornare all’inferno. Fino alla sintesi… “bisogna passare dall'Europa dei consumatori a quella dei produttori. Altrimenti ci limiteremmo a diventare un museo all'aria aperta in un grande mercato in cui si vendono prodotti realizzati in altri continenti, senza gli standard ambientali e sociali che abbiamo fortemente voluto”.

Sintomatico il “che abbiamo fortemente voluto”, visto che a parte qualche volta la componente Forza Italia del governo, gli altri partiti (Fratelli d’Italia e Lega) hanno sempre votato contro “gli standard ambientali e sociali” dell’Ue. E sintomatica la considerazione del nostro ministro di una Ue che oggi “è un grande mercato in cui si vendono prodotti realizzati in altri continenti”.

L’Europa che dovrebbe operare per un “made in Europe” così come l’Italia opera per il “made in Italy”. Dimenticando - il nostro ministro - che il suo “made in italy” è quello che lui e il suo governo valorizzano in contrasto, lotta e differenziazione da tutto quello che è oltre i confini nazionali, Europa inclusa. E quindi? Beh, chiarezza e coerenza, come quella che noi sottintendiamo in queste osservazioni, non si può pretendere da chi opera mettendo al primo posto il nazionalismo. Che è quello contro il quale è nata l’Unione Europea, e che proprio grazie al nazionalismo, in uno scorcio di secolo (il ‘900) ha generato due guerre mondiali e i più terribili conflitti soprattutto nelle zone ad est del Continente.

La visione di una Europa dei produttori contrapposta a quella che oggi viene ritenuta dei consumatori, è quanto di più pericoloso e portatore di infelicità e sventure si possa concepire.

Si tratterebbe di foraggiare il mondo della produzione anche a discapito di quello del lavoro e dei consumi. Con - estremizzando per rendere meglio il concetto - piccoli e grandi imprenditori più o meno soddisfatti contrapposti a lavoratori e consumatori sottomessi e impoveriti dei loro poteri di mercato, dove quest’ultimo sarebbe sostituito dalla prevalenza (e financo oligopoli e monopoli) dei produttori.

Tutto questo per soffocare la globalizzazione e, sostanzialmente, mettere a terra la nostra economia italiana ed europea nonché quella di diversi Paesi che oggi hanno un qualche beneficio dall’essere fornitori del cosiddetto “mondo ricco”. Una situazione in cui i conflitti commerciali ed economici non potranno che trasformarsi in guerre (come le logiche - con l’aggiunta di buone dosi di nazionalismi ideologici - che muovono la Russia contro l’Ucraina e la Cina contro Taiwan) o nell’acuirsi di flussi migratori dai Paesi poveri verso quelli ricchi.

Per impedire questo, occorrerebbe intensificare la scommessa europea, dando dignità e potere ai cittadini col progetto di Stati Uniti d’Europa, sì da semplificare al massimo i rapporti economici e politici “interni” ed “esterni”.
Per cui, per esempio, non avrebbero più senso i viaggi del premier tedesco in Cina, come nei giorni scorsi, alla ricerca di rapporti diretti col gigante asiatico. La pulce tedesca, per trattare gli scambi, sarebbe sostituita dal gigante europeo che, magari, non dovrebbe accontentarsi (tappandosi gli occhi) solo di scambi commerciali convenienti per la propria economia nazionale, ma anche di scambi politici come quello del rispetto dei diritti umani ed individuali.

Insomma un meccanismo politico ed economico sicuramente complesso, col quale cercare di non penalizzare nessuno (consumatori in terra Europa ed economie e cittadinanze dei nostri partner).


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