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Decidere in finanza: l’approccio strategico
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Articolo di Alessandro Pedone
16 aprile 2024 10:49
 
La finanza è un ambito nel quale si applicano teorie decisionali, e i principi che dovrebbero orientare queste scelte (come vedremo più avanti, l'uso del condizionale è intenzionale) non sono troppo differenti da quelli che si affrontano in altre decisioni della vita, da quelle di grande impatto a quelle quotidiane. Si tratta di scelte come: dovrei cambiare lavoro per inseguire i miei sogni, o restare nel mio attuale impiego per la sua sicurezza, nonostante senta di non realizzare appieno le mie capacità? Mi concedo la vacanza che ho sempre sognato (anche se questo significherebbe intaccare notevolmente i miei risparmi) o opto per qualcosa di più economico? Seguo un trattamento medico tradizionale o provo un approccio più innovativo che mi è stato suggerito? Cerco ancora di appianare i dissidi con il mio socio, o è il momento di prendere strade separate? Queste decisioni non sono molto differenti dalla questione chiave nella costruzione di un portafoglio finanziario: do la priorità alla possibilità di guadagni più elevati nel lungo termine, ma con incertezza, o scelgo di preservare il potere d'acquisto attuale dei miei risparmi, a discapito della possibilità di farli crescere molto in futuro?

Ho dedicato metà della mia esistenza allo studio di quanto filosofi, antropologi, matematici, logici e psicologi hanno detto, nei secoli, sul processo decisionale umano. In passato ho esplorato il tema in maniera più teorica in un articolo intitolato Decisioni, probabilità e investimenti finanziari che ho avuto l'onore di sottoporre alla revisione del prof. Bruno Chiandotto, eminente statistico dell'Università di Firenze. In quel testo ho analizzato le ragioni per cui, da un punto di vista teorico, le metodologie tradizionali di costruzione dei portafogli finanziari sono inadeguate dal punto di vista logico, in quanto adottano tecniche che sarebbero appropriate in altri contesti, ma non per decisioni in condizioni di incertezza.

Il presente articolo, invece, trae ispirazione da un'eccezionale lezione di una giornata intera tenuta dal prof.  Stefano Bartoli, nell'ambito del Master in Problem Solving Strategico che sto frequentando presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo, un istituto di ricerca, formazione e psicoterapia fondato da Paul Watzlawick e Giorgio Nardone. Circa 40 anni fa, l'istituto fu creato con lo scopo di evolvere il modello del Mental Research Institute, noto anche come "Scuola di Palo Alto", perfezionandolo e adattandolo alle diverse culture attraverso strategie e stratagemmi creati “ad hoc”. Il prof. Bartoli è il direttore del centro e il principale erede intellettuale di Nardone.

Cosa significa decidere
La logica funge da ponte tra la teoria e l'applicazione pratica e riguarda il funzionamento di un sistema. Le metodologie tradizionali di decision making, insegnate in corsi per professionisti e imprenditori, derivano da logiche lineari di stampo aristotelico, come l'analisi SWOT e le matrici decisionali. Tuttavia, queste tecniche spesso non afferrano l'essenza del problema, poiché la natura delle decisioni umane non segue percorsi lineari. Il loro obiettivo è semplificare e chiarire il tema decisionale per una gestione più razionale e logica. Ma l'uomo non è una macchina calcolatrice.  Studi hanno mostrato che persino negli scacchi, uno degli esercizi più logici, la scelta finale fra due mosse possibili, una volta che il giocatore ha valutato tutte le conseguenze calcolabili, è guidata dalla parte emotiva. Tutti noi sappiamo, inoltre, che non è raro che la logica indichi una direzione, mentre la “pancia” ci spinga altrove. Prima di applicare qualsiasi tecnica è essenziale comprendere la logica della decisione. Quali elementi intervengono? Cosa spinge un individuo verso una certa scelta o lo rende indeciso?

Ogni decisione è definita dalle sue conseguenze, che possono variare in termini di significato, irreversibilità e incertezza. Indipendentemente dalla tecnica decisionale adottata, le conseguenze riguardano sempre il futuro, che per sua natura è inconoscibile. L’individuo alle prese con una decisione creerà una rappresentazione delle conseguenze all’interno del suo spazio di percezione. Tale rappresentazione (che potrà differire, anche di molto, dalle reali conseguenze che si manifesteranno in futuro) genererà delle emozioni, alla cui base ci saranno paura e piacere. 

In ogni tipo di decisione, la prima domanda implicita o esplicita è: posso gestire le potenziali conseguenze negative di questa scelta senza subire danni irreversibili? Se la percezione è che le conseguenze siano insopportabili, si verifica un blocco decisionale o una scelta opposta a quella percepita come ingestibile. Quindi, per essere efficace, qualsiasi tecnica decisionale deve “lavorare” sulla percezione di chi decide, non limitandosi agli aspetti logici e cognitivi. Ottenere informazioni, creare scenari e calcolare le conseguenze sono parti vitali del processo decisionale, ma non sono sufficienti. È cruciale ristrutturare la percezione che blocca la decisione o la orienta verso una scelta subottimale. Per raggiungere questo obiettivo si possono impiegare strategie o stratagemmi che rendano le conseguenze percepite più accettabili o desiderabili.

Le decisioni in finanza
Nel mondo della finanza il successo e il rendimento dipendono dalla capacità di prendere decisioni critiche che sono difficili per la maggior parte degli investitori. Secondo l’approccio Strategico al decision making, esistono sei categorie di decisioni e le prime due sono le decisioni critiche e quelle difficili. Una decisione è considerata critica quando le sue conseguenze sono irreversibili o troppo onerose da modificare. D'altra parte, una decisione è difficile quando si intuisce quale sia la scelta corretta, ma si è consapevoli che, oltre ai benefici riconosciuti, dovremo affrontare anche degli svantaggi. In finanza, non è raro che una decisione sia contemporaneamente critica e difficile.

Prendiamo, ad esempio, l'acquisto di azioni a prezzi stracciati quando il mercato è in “panic-selling”: una mossa con un alto potenziale di rendimento, ma psicologicamente onerosa, poiché contraria al comportamento della massa. Per un altro esempio mi collego ad un precedente articolo dove ho esposto una strategia che potrebbe generare guadagni molto superiori rispetto a un investimento azionario tradizionale, sfruttando la formazione di una probabile bolla. Ho invitato i lettori a interagire per discutere questa strategia in vista di un webinar interattivo previsto per inizio maggio. I feedback più comuni riguardano la difficoltà di applicazione della strategia, a causa dell'elevata percentuale di capitale richiesta e del lungo periodo di detenzione necessario. Queste sono proprio le ragioni che rendono la strategia particolarmente redditizia; c’è un potenziale di rendimento elevato proprio perché sono pochi gli investitori in grado di sostenere i costi psicologici implicati dall’assumere (e restare coerenti con) questo tipo di decisione.

Molti investitori capiscono che un maggiore "rischio" (o più correttamente "incertezza") è associato a un più alto potenziale di rendimento e che allungare l'orizzonte temporale di un investimento tende a favorire il rendimento rispetto al rischio. Sanno che la scelta "giusta" è quella di mantenere un'ampia esposizione azionaria per il maggior tempo possibile. Tuttavia, prendere questa decisione è complicato a causa delle implicazioni psicologiche, come la percezione di non poter gestire i propri risparmi “in libertà”. Impegnarsi in un investimento decennale è psicologicamente gravoso. Come consulente finanziario indipendente ho appurato, nei miei vent’anni di carriera, che molti investitori mantengono i loro risparmi in investimenti a breve e medio termine per decenni, spesso per tutta la vita. L'idea di poter disporre di quei fondi "in qualsiasi momento" è psicologicamente molto rassicurante.

La chiave sta nell'applicare strategie che aiutino l'investitore a ristrutturare la sua percezione, facendogli sentire che può navigare in acque burrascose senza affondare e che superare la tempesta lo porterà a realizzare obiettivi di vita irraggiungibili senza quell'esperienza. Il ruolo principale di un buon consulente finanziario è aiutare il cliente a trasformare paura e avidità in alleati del proprio progetto di vita. 

Invito chi volesse approfondire questi argomenti alla lettura di una serie di articoli intitolati "Il Tao del denaro" che offrono una guida più approfondita su come intraprendere questo cammino trasformativo.

 
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