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Droghe legali e non. Disintossicarsi. L'esperienza dell'Anton-Proksch-Institut di Vienna
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Articolo di Redazione
9 novembre 2010 20:05
 
Frau Susanne è una dei 12.000 pazienti curati ogni anno nell'Istituto Anton Proksch di Vienna, la più grande clinica europea di disintossicazione.
La signora Susanne non è sola, ma condivide la sorte di altri 330.000 austriaci che non hanno più il controllo su se stessi e sull'alcol. Eppure è isolata. Chi beve lo fa di nascosto o con altri bevitori -raro che gli astemi facciano parte della cerchia di amici degli alcolisti. Per sfuggire al circolo infernale di ubriachezza e depressione, alla fine la signora Susanne si è fatta ricoverare all'Anton-Proksch-Institut alla periferia di Vienna, la maggiore struttura per alcolisti e tossicomani d'Europa.
Qui ci si occupa di quasi tutto, non solo del vizio del bere. Tra i pazienti ci sono farmacodipendenti, giocatori compulsivi, e i classici eroinomani. In anni recenti si sono aggiunti sempre più i "viziosi" del computer e di internet. La domanda di posti è senza soluzione di continuità, e ci sono le liste d'attesa. In tutto sono 12.000 i pazienti trattati nella struttura di Karlsburg e nelle filiali vicine, di cui 2.000 ospiti interni, come Frau Susanne, che nella sfortuna ha avuto la fortuna di trovare subito un posto a fine estate, in virtù della sua situazione particolarmente difficile. Dopo due terapie seguite controvoglia e poi fallite, e su sollecitazione della famiglia, un giorno si è svegliata nel letto d'ospedale. Solo allora ha ammesso il suo "problema". Fino a quel momento si autopersuadeva, come molti dei suoi compagni di sventura, d'aver tutto sotto controllo. "L'ho negato fino al collasso finale".
"Hanno disimparato a godere"
Atteggiamento tipico dei drogati, essendo il vizio tuttora contrassegnato dalla vergogna. Chi si buca, chi beve, chi sniffa, chi gioca, è visto come un debole bisognoso d'aiuto. Di solito è solo nei colloqui con il terapeuta che, da dietro il paravento di un'apparente noncuranza, emerge la serie dei colpi duri del destino. Frau Susanne a un certo punto non ha retto più all'accumulo di dolore per la morte della mamma, un grave incidente d'auto, la diagnosi di un tumore al cervello, un marito amato ma autoritario. Con l'alcol si era costruita un muro protettivo che le dava sicurezza. Ma internamente era fragile. Alla fine c'è stato un tentato suicidio.
Tra gli alberi del romantico cortile della clinica di Karlsburg, persone come Frau Susanne hanno la possibilità di rimettere in ordine la loro vita. Si raccolgono in gruppo, fumano una sigaretta dietro l'altra e riflettono, con l'aiuto dei loro medici, se, al di là del bicchiere e delle droghe, ci siano cose per cui valga la pena di vivere. "Guida per una nuova gestione della vita" lo definisce il direttore della clinica, lo psichiatra Michael Musalek. L'astinenza duratura è quasi impossibile da ottenere nelle forti dipendenze. "Per certe ideologie è un concetto impopolare, ma dal punto di vista scientifico è la verità". Lo scopo del Programma Orfeo elaborato dall'Istituto è una guida a dare un'altra priorità ai propri valori. Per esempio, Frau Suanne tenta di riscoprire e riordinare i propri seguendo corsi di pittura e la pratica del giardinaggio. I critici bollano queste cose come attività per adulti difficili da educare. Ma Frau Susanne è riuscita in poche settimane a sviluppare nuovamente una consapevolezza che prima annegava nella bottiglia di vodka. Musalek: "Molti di noi hanno disimparato a limitarsi e a godere. Quel che conta è spesso solo la quantità e il consumo di per sé".
Buone possibilità di guarigione
Quanto profondo sia il vizio, non importa se legato a una sostanza o no, la paziente lo misura ogni giorno sugli altri ospiti della clinica. "Ci sono diverse persone qui dentro, che appena lasciato l'ospedale, entrano nel primo supermercato a comprarsi una bottiglia di grappa". Eppure, la dipendenza la si può controllare. Le statistiche dicono che il 15% guarisce spontaneamente e non vede mai più una clinica. Oltre i due terzi di coloro che seguono il ciclo di terapia e reinserimento sociale restano puliti. Il problema grosso è l'alto numero di abbandoni, che abbassano la quota delle guarigioni sotto il 20%.

(articolo di Andreas Wetz, dal quotidiano Die Presse del 5-11-2010. Traduzione di Rosa a Marca)
 
 
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