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La relazione tra fondamentali e prezzi di borsa
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Articolo di Alessandro Pedone
5 marzo 2024 10:42
 
  In un precedente articolo abbiamo visto l’importanza degli aspetti psicologici nella formazione dei prezzi nei mercati finanziari. In particolare abbiamo visto il meccanismo del “ciclo del consenso”, teorizzato da Lorenzo Ippoliti, uno degli analisti finanziari italiani più capaci che conosca. 

Il fatto che gli aspetti psicologici siano così determinanti, non significa che i fatti concreti (chiamati in finanza “fondamentali”) non contino niente, anzi! Contano eccome, ma per ragioni e con dinamiche molto diverse da ciò che, intuitivamente, tendono a pensare gli investitori inesperti ed anche molti professionisti. Approfondiamo questo concetto importante per chi desidera diventare un investitore più consapevole o “adulto”, come amo definirlo. 

I prezzi non riflettono i fondamentali
In finanza, con il termine “fondamentali” ci si riferisce ai dati ed alle informazioni di base che si ritiene possano influenzare la valutazione di un titolo (azionario o obbligazionario) o di un intero mercato.  Queste informazioni includono i dati di bilancio ed i vari indicatori che si ricavano (ovvero i rapporti tra alcuni valori di bilancio). Questi dati dipendono dai fatti che accadono all’azienda. Ad esempio: quante vendite ha realizzato, che marginalità è riuscita ad ottenere, quanti utili ha fatto, ecc. Nel caso in cui si analizzi un intero mercato, i fondamentali ai quali guardiamo sono i dati macroeconomici come PIL, inflazione, tassi d’interesse, disoccupazione, ecc. Oppure, se stiamo analizzando uno specifico settore economico, abbiamo dati come le vendite dell’intero settore, i profitti, ecc., un po’ come avere un bilancio aggregato di tutte le aziende che compongono quel settore per confrontare le singole realtà con le medie.  

Gli analisti utilizzano queste informazioni per fare previsioni sulle performance future delle aziende, e, di conseguenza, per prendere decisioni sull'acquisto o la vendita di titoli. L'analisi fondamentale, in genere, è contrapposta all'analisi tecnica, che si basa principalmente sulle informazioni che si possono ricavare dall’andamento dei prezzi e dei volumi di scambio per tentare di prevedere i movimenti futuri dei prezzi.

Chi lavora quotidianamente a contatto con i mercati finanziari, come il sottoscritto, legge o ascolta molto spesso la frase: “I prezzi non riflettono i fondamentali”. Con questa frase, solitamente, si sostiene che analizzando i dati finanziari e calcolando il prezzo teorico, si ottiene un valore molto diverso dai prezzi con i quali effettivamente le azioni vengono negoziate in borsa; di conseguenza, il retropensiero non esplicitato è: i mercati stanno sbagliando. A prescindere dal fatto che nello specifico caso il mercato sbagli o meno (spesso sbaglia ed è del tutto normale), il ragionamento di fondo di questo pensiero è profondamente sbagliato. 

Chi usa quella frase, spesso, dice anche che “nel breve termine i prezzi si possono discostare dai fondamentali, molto ed anche per molto tempo, ma nel lungo termine riflettono sempre i fondamentali”. Mettendo insieme queste due frasi, il ragionamento che fanno gli investitori poco esperti (ed anche qualche presunto esperto) è che potendo aspettare il tempo che serve per far riallineare i prezzi ai fondamentali si possono fare buoni guadagni. 
Purtroppo le cose sono molto più complicate. E’ vero che nel lungo termine i fondamentali determinano la parte maggioritaria della variazione del prezzo, ma non quelli che possiamo stimare oggi, bensì i fondamentali che effettivamente verranno realizzati nei prossimi anni. Il gap che deve essere colmato non è tra il prezzo ed i fondamentali di oggi, ma tra il prezzo ed i fondamentali del futuro. 

Quindi è del tutto normale che i prezzi non riflettono i fondamentali, poiché i prezzi non sono niente altro che un tentativo di scoprire il valore dei fondamentali futuri. 

Gli analisti che fanno analisi fondamentali molto spesso si rifanno alle medie storiche o alla comparazione con i valori di bilancio delle aziende concorrenti. Facciamo un esempio del tutto ipotetico: oggi il rapporto prezzo/utile del complesso delle aziende di un certo indice è pari a 25, storicamente questo valore è stato pari, mettiamo, a 20, quindi - secondo i fondamentali - il mercato sarebbe sopravvalutato. Oppure, all’inverso, una certa azienda ha un prezzo/utile pari a 10 quando la media del settore in cui opera è di 15, quindi quell’azienda - secondo i fondamentali - sarebbe sottovalutata. 

Ovvio che queste sono iper semplificazioni. Gli analisti fondamentali seri non usano mai un solo parametro per decretare se un mercato o un’azienda è sopra o sotto valutata. Il valore di 10 rispetto a 15 o quello di 20 rispetto a 25 può essere giustificato dall’andamento dell’azienda o dell’intero mercato nei prossimi anni. Quello che conta, quindi, non sono tanto i valori di oggi rispetto all’andamento storico o della media del settore, ma la spiegazione che diamo, ovvero la storia che ci raccontiamo, per giustificare tale differenza. 

L’analisi fondamentale seria, infatti, non si limita - come troppo spesso viene riportata nei media - a mettere insieme un po’ di numeri, ma tenta di fornire (con tutti gli errori del caso) una chiave di lettura sui fatti futuri che possono giustificare o meno la differenza fra i prezzi attuali ed i calcoli del prezzo teorico.

C’è da dire, inoltre, che nei calcoli del prezzo teorico vi sono sempre una serie di assunzioni del tutto soggettive relative al futuro. Ad esempio: quali sono i tassi di crescita degli utili che si stimano? Quelli storici? Quali sono i tassi d’interesse con i quali si scontano gli utili futuri? Questo dipende dal grado di incertezza sulle ipotesi assunte. Quali saranno i multipli che il mercato assegnerà in futuro a questa azienda o al mercato? Questo dipenderà da tante variabili macroeconomiche che vi saranno a quel tempo come i tassi, l’inflazione, la crescita del PIL attesa, ecc. 

La dinamica di mercato tra fondamentali e psicologia
Il concetto chiave da portare a casa, quindi, è che nel movimento dei prezzi delle attività finanziarie i fondamentali contano e contano molto, ma non quelli passati bensì quelli futuri. 

Ciò che fa muovere i prezzi è quello che accade in relazione all’idea che gli operatori si erano fatti rispetto a ciò che sarebbe dovuto accadere. I prezzi rappresentano un continuo tentativo di aggiustare le aspettative sul futuro in base a ciò che di volta in volta accade, ed è perfettamente normale che tendano ad essere sbagliati, semplicemente perché il futuro non è prevedibile.  A volte ci si prende, altre volte no. E’ normale che sia così. 
Quando gli eventi sono particolarmente difficili da prevedere, come l’impatto di una nuova tecnologia particolarmente dirompente (leggi: intelligenza artificiale), è ovvio che i mercati faranno errori particolarmente grandi prima in una direzione e poi nell’altra.

A rendere le cose particolarmente complesse è il fatto è che il movimento stesso dei prezzi è una delle variabili che incidono direttamente sia sui fondamentali che sul movimento futuro dei prezzi. Questo crea dei circoli viziosi e virtuosi che rendono incredibilmente complesso prevedere quando un certo movimento invertirà la direzione. 

Prima abbiamo fatto un esempio ipotetico, adesso facciamo un esempio reale. 

In questa fase storica il mercato sta cercando di includere nei prezzi delle varie aziende il fatto che l’intelligenza artificiale si diffonderà sempre di più e porterà un aumento della produttività. Questa idea è diventata quella che in finanza si chiama una “view di consenso”. Man mano che questo consenso si forma, i prezzi iniziano a salire. Il fatto che salgano non è un fatto neutro, ma anzi altera la dinamica interna al mercato, sia sul piano psicologico che nella dinamica di domanda/offerta. Vediamo come questo accade, ipotizzando un consenso rialzista come quello che stiamo vivendo oggi in relazione alla view sull’intelligenza artificiale. 

Se si diffonde la view di consenso indicata sopra è chiaro che sempre più investitori tenderanno a comprare azioni, in particolare collegate al mondo dell’intelligenza artificiale. Va precisato che una parte molto rilevante (si dice la maggioranza, ma è difficile avere dati affidabili) delle negoziazioni non avviene in base ad una valutazione razionale, ma in modo automatico semplicemente a causa del movimento dei prezzi (1). In una prima fase, quindi, questi acquisti automatici tendono a spingere il prezzo al rialzo.

Oltre agli acquisti automatizzati o forzati, ci sono gli acquisti discrezionali che  avvengono sulla base delle attese in relazione alla view di consenso.
Durante questo percorso di crescita dei prezzi, accadono una serie di fatti che incidono nei fondamentali. Se tante persone che volevano comprare hanno già comprato, affinché i prezzi siano spinti ulteriormente al rialzo le notizie che escono dovranno essere molto più positive delle attese. Notizie semplicemente in linea con le attese tenderanno a non far salire i prezzi o addirittura a farli scendere per prendere profitti. Chiaramente, sorprese negative rispetto alla view di consenso molto rialzista tenderanno ad innescare delle violente liquidazioni. 

Queste liquidazioni saranno rafforzate da tutti quei meccanismi automatici che in una prima fase avevano spinto al rialzo di prezzi e adesso li spingono nella direzione opposta. 

Abbiamo visto, quindi, come il salire dei prezzi porti inizialmente ad un ulteriore rialzo ma successivamente crei le condizioni per violenti ribassi.
Per un po’ di tempo vi è un alternarsi di notizie con sorprese positive, neutre e negative. Se vi è una maggioranza di sorprese positive che rafforzano la view di consenso si forma una trend fortemente positivo, intervallato da alcune prese di profitto, ma molto forte. 

E’ importante sottolineare che il prezzo incide anche nel valore dei fondamentali perché se la capitalizzazione di mercato è molto alta, questo porta una serie di vantaggi concreti nel business di quell’azienda. Per citare solo il più scontato, l’azienda si potrà finanziare a prezzi molto più bassi e questo la renderà più profittevole. Naturalmente è vero anche il contrario. Ad esempio una banca che vede il prezzo delle sue azioni crollare avrà molto probabilmente difficoltà a reperire liquidità, vedrà i correntisti che fanno la corsa allo sportello e - nelle condizioni più gravi - dovrà fallire o essere inglobata da un’altra banca. 

Quindi, in una prima fase, il movimento dei prezzi porta anche condizioni più favorevoli per le aziende, con sorprese positive che tendono ad essere più numerose di quelle negative. Ad un certo punto, però, man a mano che le aspettative per giustificare i prezzi al rialzo sono sempre più elevate, è inevitabile che le sorprese negative diventano la maggioranza ed inizieranno prima le prese di profitto e poi le prime liquidazioni forzate che invertiranno il trend da rialzista a ribassista.  

Adesso che il prezzo è nella direzione opposta alla precedente view di consenso, si crea una situazione di dissonanza cognitiva fra gli operatori. Tutti erano convinti che l’intelligenza artificiale avrebbe fatto cose inimmaginabili e tutti compravano azioni sulla base di questi sogni, ma le notizie si rivelano deludenti (si noti bene, non deludenti in assoluto, ma deludenti rispetto ad aspettative sempre più irragionevoli). A questo punto, poiché psicologicamente è insostenibile vedere i prezzi andare in direzione opposta all’idea che gli operatori si erano fatti, inizia a formarsi un’altra idea in base alla quale l’intelligenza artificiale non è poi così rivoluzionaria, che presenta una serie di limiti, che esistono una serie di cose che prima non erano state sufficientemente valutate, che ci sono stati una serie di eccessi, ecc. Probabilmente siamo ancora abbastanza distanti dal momento in cui si formerà questa nuova view di consenso ribassista legata al tema degli eccessi che stiamo vivendo in questa fase e che vivremo in modo ancora più eccessivo nei prossimi trimestri. Quando questa view di consenso ribassista si formerà, si baserà su fatti estremamente ragionevoli, ma i movimenti dei prezzi saranno ancora una volta esagerati. Questo accadrà perché - come abbiamo scritto - il movimento dei prezzi provoca degli effetti reali e molte aziende che saranno state acclamate durante la fase di bolla non reggeranno alla fase di liquidazione. Quando la view di consenso passa da rialzista a ribassista tutte le valutazioni cambiano perché tutte le notizie vengono lette in una chiave diversa. Il processo che ha portato alla formazione della bolla, adesso funziona esattamente all’inverso. I prezzi hanno un momentum negativo e per gli operatori che hanno comprato i titoli a prezzi più alti diventa sempre più difficile giustificare - con sé stessi o con i propri superiori - le posizioni. Arriva il momento del panic selling, reso ancora più estremo da tutti quei meccanismi di negoziazione automatica che prima agivano al contrario. 

La discesa dei prezzi, in genere, è un processo molto più rapido e violento della salita. In una fase di bolla anche la salita può essere violenta, ma più è violenta la salita (ancora di) più lo sarà la discesa. 

Conclusioni
Abbiamo provato a delineare il complesso intreccio tra fondamentali e psicologia che muove i prezzi delle attività finanziarie. La fase decisamente più pericolosa di questa dinamica è quella che stiamo vivendo, nella quale si può creare una bolla. Per la maggioranza degli investitori è psicologicamente troppo costoso restare a guardare mentre tutti festeggiano i rialzi. Mentre è difficile dire quanto può durare la fase di crescita di una bolla (da qualche trimestre fino a tre o quattro anni), è molto più facile definire quando i prezzi sono già ottime occasioni di acquisto. Psicologicamente, però, è molto più difficile comprare quando la view di consenso è estremamente ribassista che fare il contrario. 
Ci auguriamo che articoli come questo possano aiutare ad essere pessimisti quando la maggioranza è ottimista e viceversa. Quantomeno, questo è il nostro intento.


Nota 
Oltre ai veri e propri algoritmi che vengono e comprano automaticamente, spesso nello spazio di pochissimo tempo, ci sono tutta una serie di meccanismi interni ai mercati finanziari in base ai quali gli operatori finanziari sono costretti a vendere o comprare dei titoli a prescindere dal prezzo o dalle loro valutazioni. Facciamo solo un paio di esempi: ci sono fondi il cui regolamento prevede che debbano garantire un certo livello di volatilità. Questi fondi hanno quel tipo di vincolo che devono primariamente rispettare e spesso vengono le azioni non perché pensino che siano sopra o sottovalutate, ma semplicemente perché devono rispettare questi vincoli. Oppure si pensi ai market maker che devono fare l’hedging delle opzioni. Avendo assunto una posizione corta o lunga attraverso le opzioni, loro la devono coprire vendendo o comprando l’azione sottostante qualsiasi sia la loro valutazione sui fondamentali delle aziende che le hanno emesse. Queste sono solo due esempi, ma di compravendite, non del tutto automatizzate ma sostanzialmente forzate, ve ne sono moltissime.
 
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