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LATTE ITALIANO E LATTE EUROPEO
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Comunicato 
27 febbraio 2002 0:00
 


QUANDO L'UNIONE EUROPA NON SERVE, E SI VOGLIONO SOLO DIFENDERE LE NICCHIE PROTEZIONISTE E ANTI-MODERNE
L'ADUC AUSPICA CHE IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE DECIDA A FAVORE DEL MERCATO E DEI CONSUMATORI

Firenze, 27 Febbraio 2002. E' scesa in campo anche la Coldiretti perche' il mercato italiano del latte sia protezionista e sia impedito ai nuovi prodotti di farsi spazio. Cosi' commenta il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito, la denuncia dell'organizzazione dei coltivatori diretti che cerca di fare pressione sul ministero in modo che non adegui i regolamenti italiani a quelli comunitari (gia' attuati in altri Paesi Ue, come la Germania), dove, in aggiunta al processo di pastorizzazione (che rende il latte "fresco" per quattro giorni) si aggiunge quello di microfiltrazione (che ne prolunga la "freschezza" fino a 8 giorni). Che con l'aggiunta dei giorni necessari al processo produttivo, diventerebbero dieci (oggi, con la la legge italiana, sono cinque).
I vantaggi di avere un prodotto "fresco" sul mercato per dieci giorni invece di cinque sono evidenti a tutti:
basti solo pensare al tempo e agli spostamenti che si usano per l'acquisto, oltreche' un maggiore stimolo al consumo (perche' "non va a male subito") per i "bassi consumatori" di questo prodotto, che non sono pochi; e su cui i consumatori sarebbero pure disposti a spendere quel giusto in piu' che merita.
E' evidente che i difensori dei "cinque giorni", spacciando il loro protezionismo dietro la mitica etichetta di "made in Italy", non ragionano in termini di consumi e mercato, e di relative dinamiche che se ben innescate farebbero la fortuna delle aziende capaci e la soddisfazione dei consumatori. Per loro e' importante solo difendere la nicchia (con un occhiolino anche al "latte di Stato"), senza spendere soldi in ricerca e tecnologia per offrire prodotti piu' appetibili ai tempi e ai ritmi del mondo in cui viviamo, e con il costante ricatto della difesa dei livelli occupazionali: una concezione in cui e' il consumatore che deve correre dietro le loro offerte e non viceversa.
L'Unione Europea, nel settore alimentare, oltre ad essere un crogiolo di norme inutili e da far sbellicare di risate anche i piu' perfezionisti (basti pensare alle norme che indicano il diametro dei piselli …), ogni tanto ha qualcosa di buono, e ci sembra proprio il nostro caso.
Percio' auspichiamo che il ministro delle Politiche Agricole non ceda al ricatto protezionista dei produttori ma decida a vantaggio del mercato e dei consumatori. Considerando anche che il Consiglio di Stato ha gia' dato torto alle associazioni di categoria dei produttori di latte, rispetto al divieto di commercializzazione del latte fresco prodotto fuori d'Italia. Esiste un gap legislativo che deve essere colmato, e auspichiamo che il ministro Giovanni Alemanno guardi all'Europa e non ad interessi corporativi che, anche se dovesse esserne affascinato, hanno il tempo gia' limitato: il mercato e i consumatori faranno da protagonisti, e, guardandoci anche le monete che abbiamo in tasca, ci sovviene che siamo in un mercato unico europeo.
 
 
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