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FEBBRAIO FEBBRAIETTO, CORTO E . INTERESSANTE
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La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
15 febbraio 2006 0:00
 
Febbraio
Non ho scampo; appena pronunciato questo nome, scatta il riflesso condizionato. Febbraio. febbraietto corto e maledetto, mi viene da dire subito, attingendo alla ricca eredita' di detti lasciatami da mia nonna. Dove quel maledetto si riferisce al freddo che in questo mese puo' raggiungere la massima intensita', come ricorda piu' esplicitamente l'altro adagio "febbraio ferra l'acquaio".
Con tutto cio', quest'anno mi sono accorta che di febbraio sapevo ben poco. A che cosa si deve, per esempio, quella commistione, usuale di questo mese, fra lo scatenamento del carnevale e l'inizio di un periodo di penitenza, la quaresima, che nella Chiesa cattolica si inaugura col ricordo che siamo polvere -concretizzato dall'imposizione della cenere sulla testa di chiunque voglia partecipare all'apposito rito del mercoledi' delle ceneri? E che c'entra la festa degli innamorati -san Valentino- li' nel mezzo? Sulla scia di queste semplici domande mi sono resa conto che, di febbraio, non sapevo neppure il significato del nome. E cosi' sono corsa ai ripari, cominciando a leggere un libro che avevo da parte, e che si e' rivelato un felice connubio tra rigore scientifico, passione per la materia e capacita' divulgativa.
A questo punto, perche' non comunicare ad altre persone, eventualmente interessate, il risultato delle scoperte? Ed e' cosi' che cerchero' adesso di riassumere i dati salienti dell'interessante intreccio che caratterizza il nostro mese, traendo gran parte delle informazioni dal libro di ALFREDO CATTABIANI, Calendario, Arnoldo Mondadori, Milano 2003 (cap. terzo "Il carro degli dei", pp. 118-149).

Febbraio, dunque: dal verbo latino februare, che significa "purificare", "espiare", collegato a FEBRUUS, divinita' etrusca degli Inferi, a cui si sacrificava, appunto, nella seconda meta' di febbraio. E' lo scrittore latino Macrobio (IV-V sec. e.v.) che da' questa etimologia, aggiungendo che in questo mese si doveva purificare la citta' (Roma) e si celebravano riti funebri ai Mani.
Nell'antico calendario romano, attribuito a Numa Pompilio, febbraio era l'ultimo mese dell'anno (l'anno nuovo cominciava il 1.o marzo), e quindi aveva le caratteristiche proprie del passaggio dal vecchio al nuovo, che e' sempre contrassegnato da una certa confusione. E infatti, in questi giorni dedicati alla purificazione e ai morti si insinuava una festa all'apparenza stridente, cioe' i Lupercali (lupacchiotti); il 15 febbraio, dei giovani maschi, dopo un rito sacrificale nel Lupercale, la grotta nascosta ai piedi del Palatino dove la lupa aveva allattato Romolo e Remo, correvano giu' per la via Sacra coperti solo dalle pelli delle capre immolate, colpendo con delle strisce della stessa pelle le donne che incontravano. Ma, in realta', anche questo era un rito purificatorio perche' si diceva che alle donne colpite dai luperci era assicurata la fertilita'. Del resto collegata a questo rito era anche la divinita' femminile piu' importante dell'Olimpo, Giunone, definita per l'occasione Iuno Februata, cioe' purificata, che per l'appunto era la patrona delle nascite; alla stessa erano dedicate anche le Calende di febbraio (cioe' il primo del mese), in cui la dea veniva celebrata come Iuno Sospita, cioe' Salvatrice. Ma ecco che il 2 febbraio, per noi, e' noto come la Candelora (con il suo corredo di detti legati al tempo atmosferico, che per ora tralascio), una festa cristiana, in cui ancora oggi si benedicono e distribuiscono ai fedeli delle candele, a cui, osserva Cattabiani, "la pieta' popolare attribuisce virtu' protettive contro le calamita', le tempeste, e anche durante l'agonia".
La Candelora, secondo gli storici, affonda le sue radici nella Roma del VII secolo, quando si teneva una processione notturna con i ceri accesi che aveva per meta la basilica di Santa Maria Maggiore, e si collega a una festa analoga celebrata nella Chiesa d'Oriente fino dal IV sec.; si tratta della presentazione al tempio di Gesu', quaranta giorni dopo la nascita, come prescriveva la legge ebraica per i primogeniti, e come racconta l'evangelista Luca (Lc 2,22-35).
Connessa alla presentazione al tempio dell'infante, era la purificazione della madre dopo il parto (che fu quindi resa obbligatoria a tutte le donne che avevano partorito), ed e' proprio quest'ultimo aspetto che la Chiesa di Roma ha privilegiato per molti secoli fino alla riforma liturgica del 1970; infatti, nei calendari prima di quella data, la festa era intitolata alla "Purificazione della Beata Vergine Maria". E' interessante notare come la fissazione della nascita di Gesu' al 25 dicembre (che ufficialmente fu stabilita nel 531, ma e' attestata a Roma fino dal IV secolo), abbia fatto coincidere la purificazione di Maria con gli antichi riti romani purificatori del mese di febbraio e con la festa di Giunone. Anzi, Cattabiani osserva che probabilmente la sottolineatura della purificazione della Vergine si deve ascrivere proprio al desiderio di allontanare la presenza pagana soprattutto di Giunone.
E anche la benedizione delle candele, che forse e' di origine francese e a Roma e' documentata nel passaggio dal IX al X sec., potrebbe essere stata accolta proprio per sostituire un probabile rito analogo legato a Giunone, e magari, anticipandoli, anche quelli legati al fuoco sacro di Vesta del primo giorno di marzo. Comunque sia, nella Candelora abbiamo di nuovo a che fare con la luce, come per il Natale, ma adesso sotto la forma del fuoco, che, secondo Cattabiani, ha due valenze: quella della religione cosmica universale e quella dell'insegnamento evangelico. Nel primo senso, aggiunge l'autore, "il cero speciale acceso e' il simbolo del fuoco vitale che riappare nella natura per grazia divina, preparando la primavera.". Nell'ottica cristiana, "quel cero e' Gesu' stesso [..] ovvero la luce del mondo che comunica la 'vita nuova' nel battesimo e illumina il cammino verso il 'cielo'. Nelle mani del cristiano e' invece segno di partecipazione alla luce divina [.]". Metto apposta in evidenza quest'ultimo passaggio perche' a me pare dia una chiave di lettura della credenza popolare sulle virtu' protettive del cero della Candelora (e cosi' anche di molte cosiddette superstizioni): sul piano concreto, pratico, che cosa puo' significare "partecipare alla luce divina" se non stare bene, vivere al sicuro, avere il necessario -e, alla fine, morire in pace? Che non tutto sia immediato, come ci sembra in prima battuta, e ardentemente vorremmo, e' un passo ulteriore. E un altro passo avanti, ancora piu' grosso, e' quello che ci consente di vedere che il cosiddetto "male" e il cosiddetto "bene" hanno spesso confini cosi' labili che si confondono ai nostri occhi . e allora si' che ci vuole una bella illuminazione.

Se i Lupercali si intromettevano con forza nell'atmosfera raccolta della purificazione e del culto dei morti (che nel cristianesimo sara' spostato a novembre), verso la fine di febbraio l'antica Roma conosceva anche altre feste che possiamo avvicinare al nostro Carnevale, come le Equiria, che erano corse rituali di carri trascinati da cavalli, e si svolgevano per propiziare Marte, a cui era dedicato il primo mese dell'anno, martius (Marte era infatti il padre di Romolo e Remo, e quindi padre e protettore di Roma). Queste corse continuarono anche nella Roma cristiana addirittura fino al Milleottocento con qualche modifica: erano scomparsi i carri, e i cavalli (barberi) correvano senza cavaliere non piu' nel Circo, ma nella pubblica via. La corsa era il comun denominatore dei due riti appena citati (Lupercali ed Equiria), ma nella corse dei carri all'interno di uno spazio circolare quale il circo (o arena) si aggiunse, durante l'impero, un significato mutuato dalla religione dei Caldei: l'arena era il simbolo della terra; le dodici porte delle rimesse erano le costellazioni dello zodiaco; i sette giri di pista dei carri, l'orbita dei sette pianeti. Per quanto concerne l'antica Roma, Cattabiani fa notare che un'atmosfera carnascialesca, nel nostro senso, di sovvertimento dei valori e mascheramento, connotava i Saturnali, che si celebravano verso la fine di dicembre. La sua attuale collocazione a febbraio si deve, con buona probabilita', alla lotta che il cristianesimo intraprese contro quell'usanza ritenuta scandalosa specialmente a ridosso del Natale del Signore; non potendo estirparla del tutto, la sospinse piu' lontano che pote'.
Ma, del resto, e' tra febbraio e marzo che in Grecia si celebravano le Antesterie, una festa di tre giorni con Dioniso (il Bacco latino) per protagonista. Nel secondo giorno si snodava una processione con personaggi mascherati e un toro sacrificale; nel corteo era presente anche il dio che stava su una barca trasportata su ruote. Essendo Dioniso un dio che muore e rinasce, questa festa, precisa Cattabiani, era segnata "anche dal ritorno delle anime dei morti, considerati dispensatori di fertilita', poiche' dalla morte rinasce in germe la vita nuova".
E cosi' abbiamo gia' alcuni elementi che avvicinano il nostro Carnevale a questi riti dell'antichita': i carri e le maschere.
Ma non basta. Cattabiani si spinge oltre e ci porta nell'antica Babilonia, molti secoli prima di Cristo. Qui siamo di fronte a una cultura astro-logica, dato che per i Babilonesi cio' che aveva consistenza reale era il cielo, mentre la terra non era che una sua copia, e gli astri erano la manifestazione del divino. Qui accadeva un po' quello che ho accennato a proposito delle credenze popolari della candela del 2 febbraio: le verita' divine venivano tradotte nei racconti mitici (e poi anche in leggende e fiabe) per facilitarne la comprensione alle persone piu' semplici. A Babilonia il periodo piu' importante era quello del rinnovamento dell'anno, subito dopo l'equinozio di primavera, in cui si faceva memoria e si riattualizzava la lotta vittoriosa del dio Marduk sul drago (Tiamat). Questo "passaggio" era mostrato al popolo con una processione in cui si presentavano in forma allegorica le fasi e i protagonisti di quella lotta, in particolare Marduk, il salvatore che muore, scende agli inferi e risorge. Nel corteo figurava anche una nave munita di ruote su cui stava il dio Luna o il dio Sole. Secondo lo studioso Hugo Winckler, citato da Cattabiani, che sembra approvare la proposta etimologica, questa nave sulle ruote e' il CAR NAVAL (in francese: carro navale), che ancora oggi "da' nome alla festa che conclude un anno vecchio e ne comincia uno nuovo".
La festa in Babilonia era caratterizzata dallo stesso caos e sfrenatezza dei Saturnali romani per simboleggiare il passaggio dal vecchio al nuovo anche a livello interiore. La metafora della nave e' importante (e si ritrova nel Medioevo anche in raffigurazioni pittoriche come la "nave dei folli"), perche' il passaggio del mare e' pericoloso: da' un senso di frantumazione dell'identita', inquietudine, angoscia, con cui, a ben guardare, dobbiamo fare i conti ancora oggi: come dire, il nuovo (in tutti i sensi) non nasce in modo indolore; esige la morte del vecchio. E le maschere, che vediamo affiorare ovunque, a Roma, in Grecia, a Babilonia, sarebbero la manifestazione dei morti che in questi momenti di confusione si mescolano ai vivi, li spaventano, li toccano, a volte li rapiscono; ma la Morte e' anche la Rinnovatrice. Appunto, senza di essa, non si da' rinascita.

E che cosa c'entra in tutto questo inquietante sacro rimescolamento San Valentino coi suoi innamorati? Da una parte si potrebbe dire che non c'entra molto e che la festa, caso mai, vi rappresenta una pausa sorridente e sollevante. Ma, da un'altra, puo' anche entrarci parecchio, perche' l'innamoramento rappresenta pur sempre un "passaggio" nella vita della persona, e che passaggio!
Ma andiamo per ordine: intanto va detto che, a dispetto della pubblicita', il 14 febbraio non e' piu' dedicato dalla Chiesa cattolica a san Valentino, bensi' agli evangelizzatori dei paesi slavi, Cirillo e Metodio (IX sec.) -anzi, il povero Valentino e' stato proprio depennato dal calendario universale. Ne e' comunque accertata la storicita': Valentino, vescovo e patrono di Terni, fu decapitato a Roma nel 273 durante la persecuzione di Aureliano. La sua fama come taumaturgo era stata diffusa da una passio (racconto della sua vita e morte) anteriore all'VIII sec., ma di dubbia attendibilita'. Confuso con un altro Valentino, che pero' non era un santo, ma solo un benefattore che aveva finanziato la costruzione di una basilica romana, la sua fama era stata amplificata da Jacopo da Varagine nella sua famosa Legenda aurea, in cui gli si attribuiva addirittura un incontro con l'imperatore Claudio il Gotico, che pero' poi lo avrebbe fatto decapitare.
Tornato poi a essere se stesso, il vero santo, il vescovo di Terni, sembra che Valentino debba la sua fama di protettore degli innamorati non tanto alle numerose leggende sul suo incontro con giovani coppie in difficolta' (inventate, forse, successivamente), quanto piuttosto alla devozione dei benedettini di Francia e Inghilterra, dove e' sorto il suo patronato, e allo sfasamento medievale di 11 giorni del calendario civile rispetto a quello astronomico. Finche' papa Gregorio XIII non provvide alla riforma (1582), il 14 febbraio col suo san Valentino era molto piu' vicino alla realta' della primavera che dell'inverno, e quindi erano nati dei detti come: "per san Valentino la primavera sta vicino", oppure "per san Valentin, la lodola fa il nidin", e cosi' via, e pare che a ispirare il detto: "A san Valentino ogni valentino sceglie la sua valentina" sia stata l'osservazione delle coppie degli uccellini, e non degli umani. Comunque sia, gli innamorati umani dell'Inghilterra, dal XV secolo, vi si riconobbero e cominciarono a scambiarsi teneri bigliettini. quello che succede oggi e' sotto i nostri occhi e non c'e' bisogno di parlarne qui. Ma a parte il consumismo, a cui si potrebbe imputare la persistenza della festa ormai per cosi' dire laicizzata, bisogna osservare un fatto interessante che risale a tempi in cui, mi pare, esso era di la' da venire: in Inghilterra, dove la festa nacque, essa resto' in auge anche dopo la separazione della Chiesa anglicana da quella romana. Tenacissima festa, dunque, che sopravvive agli scismi e all'espunzione del suo santo dal calendario.
Che dire? Forte come la morte e' l'amore? Chissa'.

(A cura di Annapaola Laldi)

NOTA
1. La maggior parte delle informazioni sono tratte da ALFREDO CATTABIANI, Calendario -Le feste, i miti, le leggende e i riti dell'anno, Arnoldo Mondadori, Milano 2003 (il libro pero' e' stato pubblicato per la prima volta nel 1988; l'edizione del 2003 e' stata completamente rivista e ampliata).
ALFREDO CATTABIANI (1937-2003), leggo dal risvolto di copertina, e' uno studioso di storia delle religioni, di simbolismo e di tradizioni popolari. Ha tradotto e curato la pubblicazioni di diversi autori, fra cui Antonio Rosmini, Simone Weil, Georges Bernanos, Joseph de Maistre. Ha scritto numerosi libri, alcuni dei quali hanno ottenuto dei premi, fra cui Santi d'Italia (Rizzoli 1993 e 1999), Simboli, miti e misteri di Roma (Newton Compton 1990), i dialoghi su animali simbolici, Bestiario segreto (Rusconi 1995), e poi Lunario (Oscar Mondadori 2002), e, sempre nelle edizioni Mondadori, Florario (1998), Planetario (2001), Volario (2001), Zoario (2001), Acquario (2002).

2. Detto della Candelora (come lo so io): Per la candelora, sole o solicello, siamo in mezzo al verno. Pioggia o gragnola dell'inverno siamo fora. (Piccola nota: quest'anno c'era un bel sole).

3. Jacopo da Varagine, beato. (Varazze circa 1230-Genova 1298). Domenicano, vescovo di Genova dal 1292, fu un importante scrittore ecclesiastico mediolatino. L'opera piu' famosa e' la Legenda Sanctorum (piu' nota come: Legenda aurea), in cui egli narra le storie dei santi seguendo il calendario ecclesiastico. La legenda aurea fu una miniera di notizie leggendarie e miracolose, a cui, tra l'altro, si ispirarono molto i pittori.
 
 
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