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VENERDI' DI PASSIONE. CHE COSA HA DA DIRCI?
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La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
1 aprile 2009 0:00
 
Mentre per in prossimita' del Natale ho attinto a piene mani dalle omelie del teologo e prete cattolico tedesco Eugen Drewermann, mi sono accorta che cio' non e' mai accaduto nelle vicinanze della Pasqua. E questo e' un vero peccato, perche' Drewermann osserva sempre gli eventi intorno alla Pasqua da una prospettiva non comune. Rimedio dunque subito a questa lacuna, offrendo in dono a chi legge l'omelia che Drewermann tenne per il venerdi' santo del 1988 e che e' tratta, col gentile permesso della casa editrice, dal volume: Da: Eugen Drewermann, Vita che nasce dalla morte (traduzione dal tedesco di Annapaola Laldi), Queriniana, Brescia 1998 (pp. 270-279). Ho evidenziato in grassetto solo l'inizio dei capoversi e i nomi dei personaggi della storia della passione che l'autore ricorda con le loro caratteristiche verso la fine del brano, lasciando cosi' a chi legge di sottolineare cio' che trova personalmente piu' importante.

EUGEN DREWERMANN

Omelia per il venerdi' santo del 1988
 
            In quest'ora della sua morte, cosi' dice la chiesa primitiva nella sua professione di fede, Gesu' e' disceso agli inferi per portare ai dannati il messaggio della salvezza e della compassione di Dio. Perche' solo nel momento della morte? Quando comincia l'inferno, e quando finisce?
Se guardiamo il mondo con gli occhi di Gesu', tutti gli esseri umani, ciascuno a suo modo, sono dei poveri diavoli, tutti quanti arrabattati a ricavare il meglio da se' e dalla vita, e tuttavia, quasi fossero guidati da un destino crudele, sempre esposti a quella logica che rovescia le loro migliori intenzioni, sempre tormento per se stessi e, per gli altri, piu' afflizione e tortura che gioia e aiuto.
Ci sono certamente delle persone che di se' pensano di avere i piedi ben piantati su questa terra. Per loro l'inferno e' distante come lo e' il centro della terra, e il cielo e' lontano da loro come le nuvole che passano. Queste persone sono i bravi cittadini di questa terra. Hanno sempre le idee chiare, sanno qual e' il loro posto, e sono anche quelli che decidono dove vanno destinati gli altri affinche' diano quello che puo' essere il loro contributo alla felicita' di tutti. Sul piano morale, le persone di questo tipo sono perfettamente in armonia con se stesse. Con un po' di onesta' ammetteranno che, di tanto in tanto, anche loro fanno qualcosa di sbagliato, ma questi errori, piu' che causare sconvolgimenti duraturi, hanno l'effetto di consolidare la tranquillita' che deriva dal sentimento del proprio valore e della propria sicurezza.
Per Gesu' questa genía di persone era piuttosto inquietante e pressoche' sospetta. In una delle sue parabole piu' incredibili, tratteggia, nella figura del fariseo, che viene nel tempio a pregare, un uomo di questa solidita', una di queste colonne della societa', uno di questi pilastri che reggono la chiesa e la religione. Tutto quello che ha da dire torna: tutta una collana di opere buone adorna il suo collo e una specie di catena di preghiere scorre dalle sue mani giorno dopo giorno. Ed e' perfino sincero quando ringrazia Dio di essere moralmente una persona cosi' perfetta. Ma in quello stesso momento, racconta Gesu', arriva anche un povero pubblicano a pregare Dio a modo suo. Quest'uomo sa di essere sostanzialmente un uomo perduto e di non avere neppure la possibilita' di promettere a Dio di pentirsi della sua vita e di riuscire a cambiarla, portandola finalmente sulla retta via. L'unica cosa che quest'uomo puo' fare e' starsene li' e pregare Dio di perdonarlo, non piu' soltanto per le cose che ha sbagliato, ma proprio per tutto quello che lui e'. Ma la cosa inaudita sta nel fatto che Gesu' dice che quest'uomo, che non sa dove sbattere la testa, e' giustificato, mentre il fariseo non lo e'. Per chi comincia a vedere le cose in questa maniera, l'ordine del mondo si capovolge, le pietre non stanno piu' perbenino una sopra all'altra e, presto o tardi, una persona del genere diventera' per tutti i buoni, i pii, i giusti e gli ordinati una provocazione mortale, anzi, un tale insulto fatto quasi a bella posta che faranno di tutto, ma proprio di tutto, per liberarsi di questo molesto guastafeste, di questo abile provocatore, ed eliminarlo.
Spesso ci chiediamo perche' Gesu' sia dovuto morire proprio dopo un periodo cosi' breve di vita pubblica. E il problema piu' grande che si pose nella prima cerchia dei discepoli di Gesu' fu certamente questo: come fosse possibile che un uomo, che essi credevano il Messia d'Israele, avesse dovuto affrontare la sofferenza e la croce. Trovare la risposta non e' tanto difficile. E' proprio la sconfinatezza della sua bonta', che deve attirare per forza su di se' tutto l'odio; e' la semplicita' della sua umanita', che attrae magneticamente tutto il terrorismo della violenza interiorizzata. E' proprio questa visione dell'assoluta necessita' della grazia su tutta la nostra vita a dimostrare che la via dei giusti, dei buoni e dei sapienti non e' che un vicolo cieco.
E come e' potuto succedere che la chiesa stessa nel corso dei secoli, anzi, per essere precisi, ancora fino ai nostri giorni, sia considerata un'arca di Noe', che galleggia sulle acque del giudizio divino? Tutto intorno la gente sprofonda nella miseria, nella sporcizia e nella mota, ma essa, la chiesa di Dio, e' come un sicuro rifugio per gli eletti. Che gli altri, la' fuori, ballino pure e facciano festa, tanto fra poco gemeranno nella loro cecita' e allora non ci sara' piu' salvezza. Ecco la marea che sale e sara' bene mettersi al sicuro nel grembo della chiesa.
Neppure a Gesu' dovevano essere stati estranei pensieri del genere. Ai suoi tempi, tutto un gruppo di monaci del deserto si erano riuniti nei pressi del mar Morto nella zona delle grotte di Qumran ritenendosi un gruppo di eletti di questo genere nei giorni della fine del mondo. lo stesso maestro di Gesu', Giovanni il Battista, sembra essere stato vicino a questo gruppo di monaci radicali. Se Gesu' avesse visto una qualche possibilita' di mettere credibilmente Dio davanti alle persone su questa strada fatta di irreprensibile religiosita' legalistica, di rigorosa autopreservazione e della massima onesta' possibile in fatto di osservanza della legge, recita delle preghiere e fedelta' alle norme, anche lui, come il predicatore della penitenza sul Giordano, avrebbe dipinto a lettere di fuoco sulle pareti del mondo l'imminente giudizio di Dio. E' tutto un mondo che cambia dal momento che Gesu' non sopporto' piu' di fermarsi a questa concezione del suo maestro. Lui usciva fuori a cercare proprio coloro che erano perduti e smarriti. Per lui la centesima pecorella era piu' importante delle altre novantanove che non avevano bisogno di pentimento.
E ora basta pensare un po' al fatto che vi siano delle persone che vivono in questa maniera: superano senza paura i confini protettivi tirati fra i buoni e i cattivi, fra i virtuosi e i viziosi, i puri e gli impuri, i credenti e i non credenti, e non hanno paura di essere insozzate dall'abbraccio di una prostituta, non temono di frequentare gli umiliati e gli offesi, dappertutto non vedono altro che persone nel bisogno, e capiscono la disperazione di ciascuno non piu' semplicemente come problema, bensi' come contestazione della normalita' nella quale di solito noi ci procuriamo protezione e sicurezza -e allora, molto alla svelta, un passatore del genere, un simile trasgressore della legge, si cerchera' di abbassarlo gettandolo nel partito avverso della feccia, della gente pericolosa, volgare e inferiore come sono esattamente tutte quelle persone di cui prende le parti. Ma bisogna capire che questo venerdi' santo e' stato preparato cosi': un bel giorno, alla testa di tutti quelli sulle cui lacrime invocava la benedizione di Dio, la cui fame dichiarava beata e la cui tristezza era venuto a consolare, Gesu' sali' a Gerusalemme per far saltare i confini del tempio. Si dice che il conflitto fra Gesu' e il partito dei farisei e dei sommi sacerdoti che lo condannavano sia esploso essenzialmente con l'atto della cosiddetta purificazione del tempio, allorche' Gesu' prese la sferza e sgombro' alla sua maniera i tavoli dei cambiavalute e dei commercianti nei cosiddetti portici di Anna, nel cortile del tempio riservato ai pagani. Questo fu il tentativo di far riacquistare al tempio la sua funzione di casa di preghiera e di renderlo un luogo al quale avessero accesso tutte le persone, anche e perfino i cosiddetti pagani. Gesu' voleva che le persone potessero accedere all'interno del santuario a prescindere dalla loro origine e senza i presupposti di particolari confessioni di fede e formule ortodosse, e soprattutto senza dover prima soddisfare particolari condizioni. Egli aveva un grandissimo desiderio di mostrare a ciascuno che Dio era suo padre, era lo sfondo di una fiducia sconfinata e assoluta di essere accolti e giustificati fin dentro l'abisso dell'inferno.
Soltanto chi capisce quante cose comincino a vacillare a causa di questo messaggio d'amore, comprendera' che cosa accade nei giorni intorno al venerdi' santo. Noi chiamiamo traditore l'uomo Giuda, perche' ha consegnato Gesu' per trenta monete d'argento e al momento dell'arresto gli ha dato un bacio come segnale di riconoscimento per le guardie. Ma tutto quello che leggiamo nella Bibbia sta li' a dirci che Giuda non era certamente un uomo avido. Come avrebbe fatto altrimenti a gettare il denaro ai piedi dei sommi sacerdoti, quando vide che avevano condannato a morte Gesu'! In realta' Giuda deve aver amato molto Gesu', in caso contrario non si sarebbe potuto affliggere per la morte del maestro fino a morirne. Ma cosa succederebbe se pensassimo che Giuda era un uomo come tutti noi, uno che era ben radicato nelle idee che gli erano state tramandate nella sua educazione, nella sua religiosita' vissuta, nella sua immagine prefabbricata di Dio e degli uomini e che, ora, stando vicino a Gesu', doveva accorgersi di quanta liberta', fantasia e tenerezza sono volute proprio da Dio? Una persona cosi' deve per forza avvertire all'improvviso di essere dolorosamente divisa tra due poli, fra il vecchio e il nuovo, fra quanto e' codificato e cio' che non e' regolamentato, fra l'umanita' contemplata dagli articoli di legge e l'umanita' del cuore. Come fa una persona a raccapezzarsi in questa contraddittorieta', una persona che ha imparato soltanto a essere un organo esecutore della volonta' altrui, di norme estranee, di cio' che e' tradizionale e prefabbricato? Forse, in quella notte dell'interrogatorio davanti al sommo sacerdote, Giuda ha sperato di poter far incontrare la sinagoga con il messaggio di Gesu'. Forse in questo senso il tradimento di Giuda non e' neppure un vero e proprio atto di perfidia e di bassezza, bensi' una specie di servizio da amico con cui Giuda aveva voluto fare uscire anche Gesu' dalla vita di ostilita' e di persecuzione.
Dove, nella chiesa, fino a oggi, e dove, nella nostra vita, saremmo mai in condizione di infrangere una legge, magari una legge divina, per amore di una persona qualsiasi che si trova nel bisogno, e quando avremmo la forza di scegliere la liberta' contro l'obbedienza? Il paradosso consiste nel fatto che uno che cerca di vivere in questa maniera, rivolgendosi senza ostacoli e limitazioni alle persone, sara' prestissimo solo con se stesso a causa della paura di tutti gli altri. Il vangelo di Giovanni da' della morte di Gesu' un'immagine che somiglia a un'icona: e' arcisicuro che non va intesa come una fotografia. Il quarto vangelo dunque ci descrive che Gesu' non e' morto cosi' immensamente solo, ma dice che sotto la croce stavano Maria, sua madre, e Giovanni, il suo discepolo prediletto. Ma il primo dei vangeli che ci e' pervenuto, quello di Marco, non ci dice la stessa cosa. Al contrario, narra che Gesu', considerato pazzo dai membri della sua famiglia, aveva dovuto essere riportato a casa con la forza. E dei discepoli, questo vangelo dice che in quella notte di paura e d'angoscia se l'erano data a gambe tutti quanti e avevano corso per salvare, proprio alla lettera, la loro vita nuda e cruda. Non e' possibile superare l'inferno senza una solitudine che si estende spesso fino all'estremo orizzonte. E purtuttavia per Gesu' non c'era altra strada per essere fedele a se stesso e per dare a noi esseri umani una certa idea della fedelta' di Dio. Egli volle vivere l'amore fin dentro l'inferno di questo mondo, costasse quel che costasse. Ed egli volle vivere credibilmente delle parole di fiducia portandole dentro questo mondo d'angoscia, e nessuna ostilita' riusci' a essere piu' forte della sua convinzione della grazia di Dio, che solleva dalla polvere perfino il piu' povero di tutti gli uomini, proprio lui.
Fintanto che continuiamo a pensare che in fin dei conti sappiamo gia' dove ci troviamo, ebbene, fino a quel momento noi non avremo bisogno della croce, non avremo bisogno della redenzione, ne' della discesa agli inferi. Ma fino a quel momento il cielo sopra di noi sara' chiuso e l'oscurita' di questo venerdi' santo non si dissolvera'. Fino alla fine del mondo saranno i poveri, coloro che piangono e che sono abbastanza disperati a sapere quanto e' assoluto il loro bisogno di Dio e saranno queste persone del sottosuolo a cantare le lodi di Dio. La preghiera della chiesa per il venerdi' santo ringrazia il Signore perche' attraverso la sua croce ha redento il mondo. La chiesa stessa, dal giorno in cui e' stata fondata, dovrebbe essere un tempio che e' spalancato a tutti.
Icone, immagini e leggende possono non essere credibili in senso storico, ma interiormente anch'esse possiedono la loro verita'. Esse contengono una domanda che e' rivolta a noi: dove ci situeremmo noi nella storia della passione di Gesu'? Certamente tutti quanti vorremmo essere, come nella descrizione di questo vangelo, al posto di Maria e di Giovanni che accompagnano il Cristo morente. E tuttavia ciascuno di noi recita la sua parte, coraggioso e valoroso e vile e sconcertato come Pietro, ordinato e di retti princípi e al tempo stesso intrigante e corrotto come Caifa, avido di potere e tuttavia dipendente e impotente come Pilato, obbediente e ottuso come i soldati sotto i loro elmetti di acciaio: a loro Gesu' non ha fatto mai niente, e neppure loro farebbero niente a lui se non glielo avessero ordinato. Tutti costoro sono i manovali della croce. Ma come e' possibile stare li' dove secondo la leggenda si trovavano Maria e Giovanni? Com'e' che la redenzione comincia veramente a essere efficace al di la' di ogni cosa? Come fanno i dannati della terra, gli uomini del sottosuolo, a tornare alla luce con l'aprirsi delle caverne e dei sepolcri? Come fa il venerdi' santo a trasformarsi nel mattino di Pasqua?
 
NOTA
EUGEN DREWERMANN e' nato il 25 giugno 1940 a Bergkamen, vicino a Dortmund (Renania settentrionale), da padre luterano e madre cattolica. E' stato ordinato prete cattolico nel 1966; accanto allo studio della teologia e della filosofia, ha approfondito anche quello della psicologia, sviluppando nel tempo la proposta di interpretare le Sacre Scritture della tradizione ebraica e cristiana in chiave di psicologia del profondo (vedere i due volumi di Psicologia del profondo ed esegesi, pubblicati dalla Queriniana di Brescia).
La sua attivita' pastorale (cappellano studentesco a Paderborn e poi prete coadiutore della parrocchia di Sankt Georg nella stessa citta') inizia nel 1972 e viene affiancata nel 1979 da quella di docente di Storia della religione e Dogmatica alla Facolta' teologica cattolica dell'Universita' di Paderborn. Contemporaneamente Drewermann inizia il lavoro di psicoterapeuta. Appassionato della persona di Gesu' di Nazaret, di cui egli non mette in alcun dubbio l'esistenza storica, ha cominciato presto a cercare un modo piu' giusto per rendere comprensibile alle persone il messaggio di liberazione di Gesu' e di renderlo concretamente efficace ai nostri giorni. Per questo ha approfondito molte conoscenze, da quelle storiche e storico-religiose a quelle scientifiche, riversando nelle omelie, nelle conferenze e in numerosissimi libri (circa 70 titoli a tutt'oggi) quanto andava scoprendo.
Ha messo, ad esempio, in luce quanto sia grande il debito che il Cristianesimo ha nei confronti della religione egizia, siaper l'idea della "figliolanza divina sia per l'idea dell'immortalita' dell'anima; a questi temi ha dedicato due opere scientifiche, rispettivamente: Il tuo nome e' come il sapore della vita -Interpretazione dei racconti dell'infanzia del vangelo di Luca a partire dalla psicologia del profondo (trad. di Enzo Gatti), Queriniana, Brescia 1996, e Io discendo nella barca del sole -meditazioni su morte e resurrezione (trad. di Amelia Valtolina), Rizzoli, Milano 1993.
Alcune sue interpretazioni della Scritture e anche la sua critica a certi aspetti della Chiesa cattolica (specialmente Funzionari di Dio -Psicogramma di un ideale (trad. di Franz Reinders), Edition Raetia, Bolzano 1995) hanno attirato l'attenzione della gerarchia che, per mano del vescovo di Paderborn, gli ha prima tolto il permesso di insegnare (1991), proibendogli poi anche la predicazione, per arrivare infine alla sospensione "a divinis" (1992).
Da allora Drewermann insegna Sociologia e Antropologia culturale all'Universita' di Paderborn, e continua la sua attivita' di interprete della Scrittura, conferenziere, scrittore e psicoterapeuta, a proposito della quale, nelle interviste precisa che la svolge gratuitamente perche', senza la ricchezza dell'esperienza umana che gli viene dalle persone che si fidano di lui, in pratica, egli non sarebbe quello che e'.
Verso la fine del 2005 Drewermann ha reso noto di avere lasciato la chiesa cattolica.
Per la bibliografia completa rimando ai siti degli editori delle sue opere tradotte in italiano (sperando di non dimenticarne nessuno).
 
QUERINIANA di Brescia (che ha pubblicato la maggior parte delle opere uscite in italiano): www.queriniana.it (entrare nel sito, cliccare sulla seconda icona da sinistra e poi inserire il nome: Drewermann nel riquadro dell'autore; i titoli sono elencati senza un ordine preciso).
 
EDITION REAETIA di Bolzano/Bozen:
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LA MERIDIANA di Molfetta (Ba)
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CLAUDIANA di Torino
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