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Cannabis, commento alla sentenza della Cassazione n. 18804/13
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Articolo di Carlo Alberto Zaina
17 maggio 2013 11:25
 
Esiste indubbiamente una questione cannabis, di carattere normativo-giurisdizionale; non è certo questa una novità.
La negativa soluzione adottata con la sentenza della Sesta Sezione della Corte di Cassazione, n. 18804/13, pubblicata proprio in questi giorni e che dichiara manifestamente non infondata la duplice questione di legittimità costituzionale, denunziata sia in relazione all'iter di approvazione della L. 49/2006, sia riguardo allo specifico profilo dell'art. 73 dpr 309/90 , esclude, irragionevolmente, la possibilità di adottare una soluzione giurisprudenziale e legislativa logica, uniforme, costante e coerente con l'evoluzione e le necessità del comune e del pubblico sentire sociale.
Essa si pone, altresì, in aperto ulteriore contrasto con l'indirizzo normativo europeo, già disapplicato ingiustificatamente dal legislatore italiano.
Con riserva di approfondire, in corso di trattazione, le specifiche critiche che devono essere mosse antagonisticamente alle giustificazioni contenute nella sentenza, giovi, comunque, sin d'ora precisare con franchezza (e senza ricorrere ad inutili perifrasi di circostanza) che la decisione della Corte non convince affatto.
Essa, infatti, mostra due importanti lacune di carattere sistematico.
Da un lato, i fondamentali temi del rispetto dei requisiti previsti dall'art. 77 co. 2 Cost. in ipotesi di ricorso ad attività di legislazione per decreto e del rapporto di omogeneità che, deve intercorrere fra decreto legge e legge di conversione, rimangono sostanzialmente elusi, siccome vengono affronti con una metodologia che, nella sua sinteticità, risulta approssimativa e per nulla esauriente.
Questo procedimento esegetico diviene presupposto sul quale si forma un complessivo errore ermeneutico in cui la Corte di Cassazione incorre su entrambi gli argomenti.
Dall'altro, i giudici di legittimità affrontano, infatti, l'importante tematica del rapporto di conformità costituzionale della norma ordinaria, omettendo di soffermarsi sul valore di fonte primaria del diritto della decisione UE 757/GAI/2004, cui – attraverso l'art. 117 Cost. - il diritto italiano deve uniformarsi.
La Corte si sofferma semplicemente ed esclusivamente sull’art. 4 dell’articolato complesso normativo europeo e circoscrivendo la propria attenzione a questa sola disposizione (della quale, peraltro, viene fornita un'interpretazione opinabile) omettendo in concreto, invece, di considerare le premesse (in special modo il punto 5 di tale paragrafo) che appaiono geneticamente risolutive.
L’interpretazione esegetica che deriva da tale processo di indagine del testo legislativo appare, dunque, affetta da vizio di parzialità, insufficienza e non correttezza.
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