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Miraggi d'erba nel deserto della California
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Articolo di Redazione
1 febbraio 2018 17:35
 
E’ un luogo dove i sogni e le leggende si mescolano, fino a confondersi. Da quando e’ arrivato a Nipton, uno invitante luogo californiano nel deserto di Mojave. Jim Eslinger spera di farci fortuna: “Il padre del suo migliore amico stava lavorando in una miniera del luogo. Aveva sentito parlare di un corso d’acqua che trasportava oro. Con il mio amico, si sperava di trovarlo”. Nove anni dopo, nessuna traccia del mitico filone. L’amico e’ andato via da diverso tempo. Eslinger, 61 anni, vi e’ rimasto. E’ anche diventato il sindaco informale della localita’ -sei abitanti secondo il censimento del 2016. “E’ un angolo di paradiso. Tutti i giorni mi godo i tramonti del sole, la serenita’ del deserto”, spiega mentre e’ sulla terrazza del Nipton Trading Post, l’unico negozio della borgata.
Ma dopo sei mesi, la quiete dei luoghi -qualche costruzione da una parte all’altra della strada 164- e’ stravolto. In autunno, il villaggio e’ stato acquistato da American Green, un’azienda specializzata nel business della cannabis, che spera di “portarci il mondo”, e soprattutto gli estimatori dell’erba.
Ricerca di autenticità
La legalizzazione della cannabis ricreativa, effettiva dal 1 gennaio scorso in California, ha fatto del “Golden State” il primo mercato legale del Pianeta; 40 milioni di acquirenti potenziali, introiti valutati in 7 miliardi di dollari per il 2020. L’oro verde, un nuovo eldorado per l’ex-citta’ mineraria, che sogna ormai di trasformarsi in “Magical Nipton”? La localita’ californiana, molto vicina al Nevada e a Las Vegas, ha gia’ una ricca storia. Ufficialmente creata nel 1905, Nipton e’ una stazione di transito sulla linea ferroviaria che collega Los Angeles a Salt Lake City, nello Utah. E’ la’ che gli allevatori dei ranch portano il loro bestiame. Inoltre, ci sono i minatori delle zone intorno, che scavano le montagne del Mojave in cerca di un qualche filone aurifero. Negli anni 20, l’attrice Clara Bow, star del cinema muto a Hollywood, si installa nella camera numero 3 del Niton Hotel, dove vengono sempre accolti i viaggiatori di passaggio.
Bow e’ la prima ospite di un certo livello di questo albergo, all’epoca gestito da Herry Trehearne, un minatore originario della Cornovaglia. Tra il 1956 e il 1984, Nipton cambia sei volte di proprieta’. In Usa, questo puo’ essere il caso di quegli spazi “non-incorporati”, molto spesso poco popolati per formare una municipalita’ indipendente. Poi e’ la volta di Gerald Freeman, geologo di formazione, ad acquistare quei luoghi. Il suo sogno? Fare di Nipton una comunita’ autosufficiente, per acqua ed energia. E’ finalmente la sua vedova, Roxane Lang, che concludera’ la vendita ad American Green, nel 2017.
Il nuovo “patron” si chiama Stephen Shearin. 52 anni, e’ il “project manager” incaricato di trasformare il luogo nell’avanguardia di una rivoluzione verde, in tutti i sensi del termine. Barba di tre giorni, caschetto in testa e tee-shirt ampia, Sherain lancia l’operazione seduzione: “Nipton deve sceglierti. Non il contrario. Le persone di qui condividono un destino comune!. La sua idea e’ di attirare una clientela turistica in cerca di autenticita’, alla quale conta di vendere una “esperienza”: la possibilita’ di consumare della cannabis in totale sicurezza (e nelle varie forme) sotto la volta stellare del Mojave, tutto rispettando l’ambiente (il villaggio dovrebbe riciclare presto i propri rifiuti, produrre la sua energia e i suoi cibi bio).
I punti di forza di Nipton sono, e’ vero, numerosi. Ben ubicata, ad un’ora sola di strada dai casino’ di Las Vegas, il villaggio e’ anche una porta d’ingresso del parco nazionale del Mojave, destinazione amata dagli escursionisti. Con il suo negozio di alimentari vecchio stile, il suo hotel originale e il suo giardino di cactus, avrebbe potuto benissimo essere la scena di un film western di Sergio Leone… Non lontano, la piu’ grande centrale solare termodinamica del mondo -14 Km di pannelli sul suolo- irradia l’orizzonte. In quanto ai treni merci della Union Pacific, che fanno regolarmente tremare i muri, essi accentuano questa impressione di folklore da Far West.
A suo modo, il nuovo Nipton e’ un concentrato dell’America: un mix di liberalismo deregolamentato e trionfante, una fiducia incrollabile nel futuro e attrazione per una nuova terra di opportunità. American Green, con piu’ di 5 milioni di dollari investiti per acquistare il villaggio, promette di investirne almeno 2 milioni. Una somma considerevole per questa azienda principalmente finanziata da sette piccoli azionisti, la cui azione monetaria ad oggi e’ quotata meno di 0,0015 dollari. In pratica, questa penny stock company, come la chiamano in Usa, sopravvive grazie agli investimenti dei privati, che vi riversano spesso tutti i loro soldi nella speranza di fare fortuna un giorno. Nonostante sia stata fondata nel 2009, American Green non ha realizzato l’anno scorso che 40.000 dollari di fatturato.
“Per portare Snoop Dogg”
L’azienda scommette infatti sull’esplosione del mercato della cannabis ricreativa (ancora boicottato dalle banche in virtu’ delle incertezze giuridiche che vengono fatte pesare dall’amministrazione Trump), e spera che l’acquisizione di Nipton sia un utile strumento per crescere. “Questo business puo’ essere cento volte piu’ grosso -assicura Shearin-. Le persone di valore investiranno in questo posto. Il fatto di essere proprietari di questi 50 ettari di terreno ci permettere di provare delle cose in modo piu’ flessibile che non se fossimo in una grande citta’”. Alla rinfusa, American Green sogna di lanciare un’acqua di sorgente profumata al cannabinolo (il CBD, componente della pianta utilizzato a fini medici), degli atelier di “yoga-cannabis”, un giardino-scuola sulla marijuana, nonche’ un ristorante che offra l’erba sotto diverse forme (commestibili).
Al momento, Nipton ha soprattutto beneficiato di un lifting. Gli spazi verdi sono stati puliti, un po’ di pittura e’ stata data sulle case, ma niente di piu’ evidente. Shearin è infastidito quando gli viene chiesto cosa è bloccato. “Tutti vogliono sapere perche’ non si fanno ancora crescere delle piante di cannabis, Ma perche' non serve a niente con il sole che c’e’ qui! Se l’avessimo voluto avremmo investito in California del Nord, la Mecca per le coltivazioni d’erba”. E si scatena: “Niente ci impedisce di svilupparci. Sono sei mesi che siamo qui, non c‘erano tutti questi lavori nel villaggio. Non siamo qui per distruggere la societa’ americana o essere dei parassiti”.
A loro discarica, i nuovi proprietari devono sottostare ad una regolamentazione piu’ che nebulosa. Nono Stato americano a legalizzare l’uso ricreativo della cannabis, la California sta vivendo al momento delle notevoli disparita’ nell’insieme del suo territorio. Ogni citta’ e ogni contea decide in effetti delle modalita’ specifiche per il commercio di marijuana. In quella di San Bernardino, da cui dipende Nipton, le autorita’ non hanno per il momento rilasciato nessuna licenza. Nella drogheria del villaggio, a fianco degli scaffali di alimenti e delle guide turistiche sulle tartarughe del deserto di Mojave, si trovano anche dei prodotti di American Green (tee-shirts, borse di tela), nonche’ delle pipe ad acqua e vari prodotti a base di CBD (olii, gomme, pillole). Ma nessuno contiene del THC (tetraidrocannabinolo), il principio attivo della cannabis, quello che fa volare. Altra difficolta’: se l’acquisto di erba e’ legale, il suo consumo negli spazi pubblici e’ vietato.
E’ per far fronte a questo vuoto di regolamenti che Lindsey Davidson e il suo compagno Freddie Wyatt sono stati assunti dai nuovi proprietari. Alla guida della loro societa', Munch&Co, si sono fatti carico di organizzare un piano per il consumo legale a Nipton. Il sogno americano crea costantemente nuovi pionieri: la coppia si e’ lanciata nel 2014 nello Stato del Colorado, che aveva proprio allora legalizzato l’uso ricreativo. “Il nostro obiettivo e’ di permettere alle persone di consumare in modo che siano sicuri in tutto, spiega Freddie Wyatt. Creare l’equivalente di un “beer garden”, ma per l’erba. Le persone ci domandano quando saremo in grado di far venire Snoop Dogg qui (il rapper e’ un investitore di lunga data nell’economia della cannabis -ndr): non e’ per ora! Ma a breve, si spera di dar vita a degli eventi cool sulla marijuana. Dei concerti, delle feste private...”.
“Odore di luppolo”
L’ora del turismo verde non e’ ancora suonata. Al momento, la maggior parte dei visitatori di Nipton sono degli habitué. Ci sono i ciclisti dell’angolo, che si fermano per sorbirsi una birra approfittando dell’impressionante paesaggio. Ai piedi di un albero, una croce bianca rende omaggio ad uno di loro, morto poco tempo fa. Ma l’essenziale della clientela del Trading Post e’ costituito da giocatori di lotteria che sono venuti dal Nevada, dove giocare al lotto e’ vietato, la concorrenza dei casino obbliga in questo senso. Riguardo alla trentina di abitanti, questi ultimi guardano con benevolenza l’acquisto del villaggio da parte di American Green. La maggior parte vive in mobil-home o in camping-car installate dall’altra parte della strada 164, di fronte ad infrastrutture dedicate al turismo. Essi apprezzano una vita calma, all'interno di una piccola ma unita comunità. Justin e’ ingegnere informatico. E’ arrivato da un mese, a bordo di un camion dove vive e viaggia. “Sono un estimatore della cannabis. Ciò che ho visto qui mi ha fatto piacere e quindi sono rimasto. Lavoro al mio ritmo, e questo mi conviene”.
Jim Eslinger non puo’ immaginare un'altra casa per la sua vecchiaia: “Potrei tornare al mio vecchio mestiere, autista di strada, e guadagnare piu’ soldi, ma questa vita mi ha coinvolto”. Laura ha pulito per diversi anni gli hotel e i ristoranti dello Strip, il viale principale di Las Vegas. I clienti insopportabili, “l’odore permanente di luppolo”, “gli ansiolitici” che doveva prendere… Non ne puo’ piu’. Da qualche mese Laura fa lo stesso lavoro, ma nel villaggio della marijuana. Sembra sollevata. Per lei come per gli altri abitanti, il sogno di “Magical Nipton” brilla piu’ che mai.

(articolo di Romain Duchesne, inviato speciale a Nipton per il quotidiano Libération, articolo pubblicato il 01/02/2018)
 
 
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