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Narcotraffico. Presidente Costa Rica: stiamo perdendo la battaglia. Cambiare l'approccio
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Articolo di Redazione
19 novembre 2011 11:11
 
Laura Chinchilla e' presidente di un Paese senza esercito dal 1948 e che sempre e' stato un'isola di prosperita' nel mezzo di una regione convulsa. Ma oggi il Costa Rica e' coinvolto nella crescente attivita' del narcotraffico, che ha scelto il Centroamerica come ponte nella rotta della droga dall'America del Sud verso Usa ed Europa. Chincilla e' determinata: “Noi centroamericani stiamo perdendo la battagli contro il narcotraffico”. La guerra contro i trafficanti, dice in una intervista al quotidiano spagnolo El Pais del 18 novembre, non si potra' vincere solo con gli apparati militari. Cinquantadue anni, sposata con lo spagnolo José Marìa Rico, specialista in sicurezza internazionale, la prima donna presidente del Costa Rica -eletta nel 2010 e che governera' per quattro anni- crede che gli investimenti nell'educazione siano prioritari per lo sviluppo dell'America Latina e per porre un freno al populismo.
Domanda – A che punto e' la lotta contro il narcotraffico in Centroamerica?
Risposta – La battaglia la stiamo vincendo in modo parziale, se consideriamo il narcotraffico come problema regionale o nazionale. Ma se non lo affrontiamo come un problema piu' globale, non riusciremo a farlo capitolare. Se chiedi ad un colombiano, ti dira' che “la stiamo vincendo”. Un messicano ti dira' “la stiamo perdendo”. E se lo si chiede ai centroamericani, la stiamo perdendo perche', pur se celebriamo i grandi trionfi della Colombia, questo vuol dire solamente che il narcotraffico si e' spostato. E probabilmente se la mattina del giorno dopo in Messico ci saranno dei risultati, il narcotraffico si spostera' in altri Paesi di questo continente o in altri continenti.
D – In che cosa sta sbagliando?
R – Il problema piu' grande e' portare questa battaglia ad un livello maggiore, cioe' globale, trasformandola in priorita' degli organismi multilaterali: cosi' come si e' fatto col terrorismo, occorre farlo anche col narcotraffico rivedendo in prodondita' quelle politiche che oggi sono fallite.
D – Come fa il Costa Rica a combattere il narcotraffico senza un esercito?
R – L'America latina e' un esempio di come molte volte l'esercito, invece di essere un fattore di protezione, ha minacciato la stabilita' delle nazioni. Il Costa Rica e' stato in grado di superare i momenti difficili della storia latinoamericana proprio perche' non aveva un esercito. E' nostro obbligo dirimere i conflitti in modo pacifico e trasformare il trasformabile in scuole ed ospedali invece che case e soldati. Questo pesante attacco alla criminalita' organizzata va fatto con un Costa Rica preparato ad usare meccanismi in cui non ci sia solo l'opzione militare per affrontarli.
D – Ma il resto del Centroamerica ha scelto la forza militare.
R – Il Centroamerica lo ha affrontato, da 15 anni a questa parte, con politiche dalla mano pesante, coinvolgendo l'esercito nella sicurezza pubblica urbana, e questi Paesi sono diventati ogni volta peggiori. Qual e' la conclusione a cui in termini di diritto si giunge? Che non c'e' un risultato che si raggiunge con l'uso esclusivo della forza. Bisogna guadagnarlo con intelligenza, informazione e prevenzione, ed e' quello che sta facendo il Costa Rica.
D – Gli Usa devono investire di piu' in questa battaglia?
R – Gli Usa hanno l'obbligo di impegnarsi di piu' in termini finanziari. Ma non e' solo una questione finanziaria: e' come si concepisce la lotta. La maggior parte delle iniziative sono state sotto l'egida di una dottrina ispirata alle forze armate degli Usa, che pone la sua attenzione sui flussi illegali di droghe dal Sud al Nord, la droga che entra illegalmente nel proprio territorio. Ma quando consideriamo come si fabbrica questa droga, li' si nota come le sostante per produrla vengono dal Nord al Sud. La droga viene scambiata con armi da fuoco che vengono dal Nord al Sud. Quindi va considerata non solo l'aggiunta di piu' risorse, ma il modo in cui affrontare il problema.
D – In America Latina c'e' una guerra tra il socialismo del secolo XXI, promossa da Chavez e i fratelli Castro, e un capitalismo in crisi dal secolo XX. Come valuta questa battaglia ideologica del continente?
R – Questo e' un aspetto molto complesso in America Latina, dove sussistono incrostazioni feudali in materia di lavoro o di equita' sociale. L'America Latrina e' in un momento importante del proprio sviluppo economico e sta crescendo a livelli come non mai negli anni passati. Ma se non si affrontano con vigore i suoi grandi mali, l'equita' sociale mancante e il populismo legato alla corruzione, comprometteranno i buoni risultati. Sia esso socialismo, capitalismo, neoliberismo, neosocialismo, cio' che va evidenziato sono le profonde contraddizioni dei nostri modelli di sviluppo e proporre le soluzioni per superarle.
D – C'e' domanda di maggiore democrazia in Venezuela, Nicaragua e altri Paesi latinoamericani. Cosa pensa del futuro democratico dell'America Latina?
R – C'e' una recrudescenza di signori della guerra mascherata da processi inerenti la democrazia liberale. Ci sono rischi di autoritarismo del populismo che non si possono solo combattere con processi di riforma delle costituzioni o andando alle urne ogni quattro o cinque anni. Se in America Latina non si decide di investire totalmente in educazione, elevando il livello educativo, formativo e culturale delle proprie popolazioni, si restera' vittime dei signori della guerra e del populismo.
D – Il suo governo non ha mandato le proprie congratulazioni al presidente del Nicaragua, Daniel Ortega, per la sua rielezione. Il Costa Rica mantiene col proprio vicino un conflitto di frontiera che e' al vaglio della Corte Internazionale di Giustizia de L'Aja. E' ottimista per le relazioni col Nicaragua?
R – Salutiamo il popolo nicaraguense che si e' recato alle urne con grande entusiasmo. Ma -lo diciamo in tutta franchezza- non siamo molto ottimisti rispetto ai risultati, che comunque rispettiamo, ma non in relazione ai rapporti con il Costa Rica. Su questo pesa il fatto che nonostante la Corte Internazionale abbia ordinato al Nicaragua di abbandonare una parte del territorio del Costa Rica, l'occupazione e' proseguita. Perche' dovrebbe attenervisi in futuro? Il Costa Rica non e' un Paese che cerca conflitti. Noi ci difendiamo solo tramite il diritto internazionale. Vorrei essere ottimista, ma ora non posso dire di esserlo.
 
 
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