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Nel 2100 il 40% dell'umanita' sara' africana
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Articolo di Redazione
7 agosto 2017 16:10
 
 Un giovane terrestre su tre, tra 15 e 29 anni, vivra’ in Africa nel 2050. Questo probabilmente il dato piu’ marcato dell’evoluzione della demografia mondiale cosi’ come la prevedono le Nazioni Unite.
Il quadro generale e’ noto. Da 7,5 miliardi di individui, la popolazione mondiale del Pianeta passera’ a 9,8 miliardi nel 2050, per attestarsi probabilmente a 11,2 miliardi alla fine del XXI secolo. I due giganti resteranno Cina e India, che contano oggi rispettivamente 1,4 e 1,3 miliardi di abitanti, cioe’, insieme, piu’ di due terzi della popolazione mondiale. Dal 2024, la classifica si invertira’ e l’India sorpassera’ la Cina.
Ma, e’ in Africa che la popolazione crescera’ di piu’. La sola Nigeria sara’ passata da 191 milioni di abitanti a piu’ di 410 milioni nel 2030, levando agli Usa il terzo posto mondiale.
Nel suo rapporto “Prospettive della popolazione mondiale, la revisione del 2017”, pubblicato il 21 giugno, il dipartimento degli affari economici e sociali (DESA) dell’ONU, prevede che “dal 2017 al 2050, la meta’ della crescita della popolazione mondiale sara’ concentrata in soli nove Paesi, classificati in funzione del loro contributo alla crescita demografica mondiale: l’India, la Nigeria, la Repubblica democratica del Congo, il Pakistan, l’Etiopia, la Tanzania, gli Usa, l’Uganda e l’Indonesia”.
L’Africa, che conta oggi 1,3 miliardi di abitanti rappresentando il 17% della popolazione mondiale, raggiungera’ 4,5 miliardi nel 2100, cioe’ il 40% dell’umanita’. Essa avra’ quindi quasi raggiunto l’Asia, che sara’ regredita dal 60 al 43% della popolazione mondiale (4,8 miliardi di abitanti contro i 4,5 attuali). Motivo, il rallentamento della demografia cinese, seguito dal suo lento declino nella seconda meta’ del secolo.
Perche’ quindi l’Africa sta vivendo una tale esplosione? “La transizione demografica vi e’ cominciata piu’ tardi rispetto agli altri continenti ed essa e’ sempre in una fase intermediaria, con una mortalita’ in calo ma con dei tassi di fecondita’ sempre notevoli”, spiega Gilles Pison, professore al Muséum national d'histoire naturelle e ricercatore ssociato alll'Institut national d'études démographiques (INED).
Transizione demografica in corso
La transizione demografica si fa attraverso due fenomeni congiunti: il miglioramento delle condizioni di vita, che si traduce con un allungamento della sua durata, e il calo della fecondita’ attraverso il controllo delle nascite. Si passa da una natalita’ e da una motalita’ importanti che ci controbilanciano, ad un nuovo equilibrio, con meno nascite e meno decessi. In questo periodo di transizione, precisa il demografo, puo’ esistere un calo tra le due tendenze, con delle nascite sempre numerose mentre la mortalita’ regredisce.
In Europa e in America del Nord, questa transizione e’ terminata. “Il calo di mortalita’ si manifesta alla fine del XVIII secolo in Europa e in America del Nord con la fine della fame e le prime vaccinazioni. Un mezzo secolo dopo appaiono i primi segnali di controllo delle nascite. L’America del Sud, intanto, e’ entrata nella transizione demografica nel corso del XX secolo”, dettaglia Gilles Pison.
Il continente africano e’ ancora nella prima fase di questa transizione. Ma -dice Jean.Francois Kobiané, demografo e direttore dell’Istituto delle scienze della popolazione a Ouagadougou- sarebbe erroneo considerare il continente come un tutto omogeneo. “La situazione e’ molto variabile. I Paesi dell’Africa dell’ovest e del Centro conoscono ancora dei tassi di fecondita’ di cinque, sei bambini per ogni donna, l’Africa dell’est e australe di tre/quattro, mentre in Africa del nord i tassi sono comparabili a quelli dei Paesi occidentali -circa di due bambini.
La fecondita’ cala anche in modo diverso all’interno dello stesso Paese. “In Burkina Faso, essa e’ di tre bambini per ogni donna a Ouagadougou, e di sei nelle zone rurali. Nella stessa capitale, delle differenze si notano anche negli ambiti sociali, le zone piu’ agiate e che dispongono di un livello di istruzione superiore, registrano meno di un bambino. E questo schema non e’ caratteristico di questo Paese”, precisa il demografo.
“Parole scioccanti”
L’evoluzione si fa anche da un punto di vista dell’educazione, in particolare quella delle giovani ragazze, Una scolarizzazione piu’ importante di esse si traduce con un matrimonio e un ingresso nella ‘vita feconda’ piu’ tardivo. Le problematiche sanitarie giocano ugualmente un ruolo importante nella transizione demografica. Infine, l’urbanizzazione galoppante -un miliardo di africani dovrebbero vivere in citta’ nei prossimi venti anni- potrebbe tradursi con una limitazione della fecondita’, la grandezza delle famiglie avrebbe tendenza a ridursi.
Entrambi dicono che le proposte sullo sviluppo e la fecondita’ africana del presidente della Repubblica francese, lo scorso 8 luglio a margine del G20 di Amburgo, hanno poco soddisfatto il demografo. “Quando dei Paesi hanno ancora tra sette ed otto bambini per ogni donna, si puo’ pensare di spendere un miliardo di euro, ma non servira’ a niente”, aveva dichiarato Emmanuel Macron.
“Queste parole sono scioccanti -dice Kobiané-. L’evoluzione demografica e’ purtroppo sempre vista sotto l’unica visione della fecondita’ e ci si focalizza su un calo imprescindibile di essa. Per avere dei risultati, bisogna soprattutto che le donne abbiamo un maggiore accesso all’educazione e che i sistemi di sanita’ migliorino”.
Senza queste politiche, l’esplosione demografica africana potrebbe ripercuotersi in tutto il mondo. Se le condizioni che determinano la fecondita’ sul continente non cambiano, e se ricrescono in quei Paesi dove la stessa fecondita’ e’ molto bassa (Europa, Cina) per stabilizzarsi al di sopra di due bambini per donna, la conseguenza sara’ una crescita ininterrotta e un rischio di popolazione mondiale in sovrannumero -dice Pison.
“L’umanita’ non potra’ scappare ad una crescita da due a tre miliardi di abitanti entro il 2050, in virtu’ dell’inerzia demografica che nulla puo’ portare. Al contrario e’ possibile agire sui modi di vita, ed anche senza attendere, in modo da renderli piu’ rispettosi dell’ambiente e piu’ economici in risorse”, stima il demografo in un articolo pubblicato lo scorso 24 luglio sulla rivista The Conversation.
Il dinamismo demografico africano e’ anche una possibilita’. “Quando la fertilita’ casca la di sotto della soglia di 2,1 nascite per donna, il numero di bimbi che arrivano ogni anno e’ insufficiente per rimpiazzare la generazione dei genitori”, ricorda John Wilmoth, direttore del DESA. Perche’ l’invecchiamento della popolazione mondiale e’ un altro rischio per il Pianeta.

(articolo di Rémi Barroux, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 07/08/2017)
 
 
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