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Sesso a pagamento e l'esperienza di un bordello di Amsterdam
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Articolo di Redazione
28 agosto 2017 2:47
 
 La prostituzione e’ legale nei Paesi Bassi fin dall’anno 2000, pero’ alle lavoratrici del sesso, che pagano imposte e devono registrarsi alla camera di commercio come lavoratrici autonome, nessuno vuole loro vendere una casa. Le banche che concedono loro del credito, non lo fanno per uso professionale, ma solo a carattere personale, poiche’ svolgono un lavoro a rischio e stigmatizzato.
Dopo quasi venti anni, la norma non viene applicata in modo adeguato, tant’e’ che “My Red Light” (la mia luce rossa), il primo bordello gestito dalle stesse prostitute, si sta impegnando chiedendo di cambiare le cose. Sono stati aperti da tre mesi nel Quartiere a Luci Rosse di Amsterdam, usando 13 delle sue 14 finestre/bacheche, simili a quelle che hanno reso famoso il quartiere. Questo durante la notte..Di giorno, con molti piu’ turisti che clienti, ne funzionavano solo 3 o 4. “Ci vorra’ tempo, prima che il progetto, unico al mondo, serva per emancipare e dare potere alle donne (anche transessuali e uomini) che esercitano la prostituzione volontariamente”, dice Justine le Clercq, suo portavoce.
Artista e scrittrice, 50 anni, Justine ha cominciato battendo la strada tra i 18 e i 21 anni per colpa delle droghe, e parla con passione di My Red Light. Ha intenzione di creare, dice, “una comunita’ dove le lavoratrici del sesso (circa 40) si sentano sicure facendo parte della direzione del lavoro stesso”. Ripartito in quattro edifici di proprieta’ pubblica, questi ultimi sono stati poi venduti ad una fondazione privata indipendente. “Non e’ un bordello comunale. L’affitto si paga con i guadagni delle prostitute e sono raccolti dalla fondazione. E’ bene dirlo, perche’ le reticenze sono infondate. Non riceviamo sussidi, quindi siamo in concorrenza con le altre 10 case di prostituzione di Amsterdam”.
L’amministrazione "ha potenziato il progetto dopo aver chiuso circa 125 “finestre” nell'area, e ora osserva la sua evoluzione, niente di più", dice Jasper Karman, portavoce del Sindaco.
Dal Brasile, dove sta passando le sue vacanze, Lyle Muns, lavoratrice sessuale e membro dell’esecutivo di My Red Light, sottolinea in un messaggio E-mail il “talento, l’innovazione e la creativita’ che offre il settore”. E’ sua opinione che “molte persone pensano allo sfruttamento, all’abuso sessuale e alla dipendenza dalle droghe quando si parla di lavoro sessuale, ma progetti come questo dimostrano che i lavoratori del sesso sono molto piu’ dello stesso”.
Decorazioni secondo i gusti delle prostitute
Decorato con toni rossi e neri dal designer di interni Janpaul Scholtmeijer, dello studio Vens Arquitectos, con mobili firmati da Lensvelt, le prostitute hanno espresso le loro preferenze per la sede del collettivo, osservando strette misure di igiene. Invece di piastrelle, come gli altri locali, hanno messo linoleum, che è più caldo, e ha evidenziato il layout delle camere. Per evitare ulteriori problemi, My Red Light paga lo stesso affitto per le bacheche che per il resto: 80 euro dalle 10 di mattina alle 8 di sera, e 160 euro dalle 20 alle 5 di mattina.
Altra cosa sono i prezzi pagati dai clienti. La quota minima abitualmente e’ di 50 euro (per mezz’ora). “A partire da qui, non ci sono limiti”, dice Justine, che e’ orgogliosa nel spiegare la differenza tra la prostituzione volontaria e il traffico di persone, “un crimine orrendo, quest’ultimo”. “Capisco che risulta difficile che qualcuno scelga questa professione. Ma non tutte le prostitute sono vittime, o meglio vittime di una tratta. In Olanda c’e’ piu’ traffico di esseri umani nella industria dei fiori, nei stagionali o i lavoratori edili. Sono sicura che nel Quartiere a Luci Rosse non ci sia piu’. Il problema e’ che si possono difendere i diritti da se stesse. Se andiamo avanti spedite, faremo la differenza”.
Il suo entusiasmo e’ sfumato da Jolanda de Boer, procuratrice specializzata in traffico di persone. My Red Light le sembra “una buona idea”, ma sottolinea che c’e’ anche traffico nel Quartiere a Luci Rosse. “E’ difficile trattare la questione, e nonostante molte leggi che approviamo, e’ tanto facile portare una ragazza dall’Europa dell’est e metterla in una finestra contro la sua volonta’ dopo che e’ appena arrivata...”. Sebbene riconosce il fenomeno delle prostitute che esercitano la professione sostenendo “di non averla scelta”, e queste le sembrano una minoranza, la preoccupa che si consideri un lavoro normale. “Non c’e’ una scuola di prostituzione, e i bambini non dicono che vogliono farlo quando saranno grandi. E’ rispettabile, ma credo che qualificarlo come un lavoro normale sia un insulto per molte donne, che talvolta non denunciano la loro specifica situazione. Il controllo e’ necessario, altrimenti ci guadagnano i trafficanti, e poi’, si’ che parliamo di vittime”, conclude.

(Articolo di Isabel Ferrer, pubblicato sul quotidiano El Pais del 27/08/2017)
 
 
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