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 ITALIA - ITALIA - Censura. E' diffamante ma non razzista far sapere che un insegnante e' ebreo
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Notizia 
8 aprile 2010 12:57
 
Sei mesi di reclusione per diffamazione con danni da liquidarsi in separata sede (ma senza piu' l'aggravante della finalita' di discriminazione e dell'istigazione all'odio razziale, etnico e religioso prevista dalla legge Mancino) e assoluzione, perche' il fatto non sussiste, dall'accusa di violazione della privacy. E' la sentenza emessa dai giudici della quinta sezione penale del tribunale di Roma nei confronti di Paolo Munzi, che, nel febbraio del 2008, diffuse in rete, attraverso il suo blog, una lista con i nomi di 162 professori universitari ebrei. "Una diffusione fatta con dolo - aveva spiegato il pm Giuseppe Corasaniti che aveva chiesto tre anni di reclusione o tre anni al servizio della Caritas -, ben sapendo che avrebbe arrecato un grave danno ai diretti interessati". Munzi, giudicato con il rito abbreviato, ha sempre spiegato, invece, di non aver agito con intenti discriminatori e di non essere un antisemita. Non solo, ma la cosiddetta 'black-list' sarebbe stata ripresa, col sistema del 'copia e incolla', da un altro sito internet. Il suo difensore, l'avvocato Renato Borzone, ha commentato con soddisfazione la sentenza: "I giudici hanno capito che le idee di Munzi, per quanto molto criticabili, non avevano alcuna finalita' razziale. Contestare la legge Mancino significava violare la liberta' di pensiero. Per quanto concerne la diffamazione, invece, dimostreremo in appello che la diffusione della lista non ha offeso nessuno ne' leso la reputazione altrui". Per l'avvocato Cesare Gay, legale di parte civile in rappresentanza dell'Unione delle Comunita' ebraiche italiane, della Comunita' ebraica di Roma e di un docente universitario chiamato in causa da Munzi, "oggi e' stata emessa una condanna grave per il reato di diffamazione. I giudici, quindi, hanno ritenuto esecrabile la condotta dell'imputato. Leggeremo le motivazioni rispetto all'assoluzione dalle singole imputazioni.
Ritengo che si sia stabilito il principio secondo cui quanto fatto da Munzi non debba essere ripetuto".
 
 
 
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