Gli Stati Uniti invieranno una nota di protesta alla Cina per il caso Google: lo hanno annunciato ieri a Washington fonti del Dipartimento di Stato.
Com'e' noto, il colosso di Mountain View sostiene di essere stato vittima di una serie di attacchi di pirati informatici dalla Cina, e ha minacciato di lasciare il Paese, rifiutando ormai di filtrare le informazioni scomode sul suo motore di ricerca cinese.
Un portavoce del Dipartimento di Stato, Philip Crowley, ha detto che gli Usa intendono 'avviare una serie di passi formali a Pechino presso il governo cinese su questo punto nei prossimi giorni, verosimilmente all'inizio della prossima settimana'.
Gli Usa, ha aggiunto Crowley, esprimeranno 'la propria inquietudine su questo incidente e chiederanno alla Cina di spiegare come si e' verificato e di indicare coda intendono fare' per risolvere il problema.
Nei giorni scorsi il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, aveva confermato l'appoggio Usa ad 'un internet libero'.
Pur avendo pochi dubbi - scrive oggi il New York Times - Google non e' stata in grado di provare che dietro gli attacchi ci fosse il governo di Pechino o qualche organismo a lui vicino, come sospettano in molti.
L'attacco e' partito da un computer a Taiwan, sfruttato appositamente per rendere piu' difficile l'identificazione degli hacker. Ma gli ingegneri di Google, una volta scoperto l' attacco, non hanno avuto difficolta' a capire che proveniva dalla Cina e che le compagnie americane nel mirino erano piu' di una: oltre a Google, colossi come Adobe Systems, Northrop Grumman e Juniper Networks.
I segugi di Mountain View non sono stati in grado di capire con precisione gli obiettivi dell'attacco: ottenere un vantaggio dal punto di vista commerciale, inserire programmi di spionaggio nel sistema, spulciare le e-mail di dissidenti e di esperti americani sulla Cina. C'e' chi teme che tutte le ipotesi siano valide.