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 ITALIA - ITALIA - Diffamazione, Consiglio Geometri perde causa per zittire critiche giornalisti
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Notizia 
28 aprile 2010 16:41
 
  L'informazione giornalistica "deve contribuire alla costruzione di una cultura urbanistica di particolare cautela e di rispetto delle regole di sicurezza nelle costruzioni in zone a rischio sismico". Lo sottolinea la Cassazione, facendo riferimento in una sentenza ai "recenti tragici avvenimenti" (evidentemente, il terremoto in Abruzzo dell'aprile 2009) e rigettando un ricorso presentato dal Consiglio nazionale dei geometri che chiedeva un risarcimento danno per diffamazione alla categoria contenuta in un articolo di stampa.
Al centro della vicenda, un servizio pubblicato dalla rivista 'Casaviva' nel gennaio 1998, in cui vi era scritto che "il geometra non puo' firmare i progetti in zona sismica" contrariamente al vero, affermazione poi rettificata in una successiva pubblicazione.
Sia il tribunale che la Corte d'appello di Milano avevano respinto la richiesta risarcitoria avanzata dai geometri, che, dunque, si erano rivolti alla Cassazione.
La terza sezione civile della Suprema Corte, pero', ha condiviso la tesi dei giudici del merito, basata sul fatto che "il fine dell'articolo era quello di invitare i cittadini a costruire in zone sismiche rispettando le dovute cautele" e la successiva rettifica pubblicata dalla rivista "rendeva evidente che, pur essendo i geometri abilitati alla progettazione, i progetti a loro volta erano di taglio minore, dovendosi invece affidare la progettazione maggiore ai professionisti piu' qualificati".
Giusta quindi, secondo gli 'ermellini', la decisione di merito che "esclude primariamente la potenzialita' offensiva dell'articolo ad un'intera categoria professionale - si legge nella sentenza n.10057 - come rappresentata dal Consiglio, mentre il livello informativo della rivista esigeva, da parte del lettore che intendeva costruire in zone sismiche, di rispettare le regole e le cautele previste dalle leggi, utilizzando professionalita' adeguate". Per questo, concludono i giudici di piazza Cavour, "non sussiste alcuna imputabilita' soggettiva a titolo di colpa professionale o di dolo e la notizia pubblicata, ancorche' inesatta, non costituisce un fatto dannoso produttivo di danno ingiusto".
 
 
 
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