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CIBI ALLA DIOSSINA
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Comunicato 
9 giugno 1999 0:00
 
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CONTINUA LA CONFUSIONE E LA LATITANZA DELL'AUTORITA' NAZIONALE, REGIONALE E LOCALE. INTERVENIRE SUBITO PERCHE' E' SOLO CON L'INFORMAZIONE CHE SI POTRA' ARGINARE IL FENOMENO E IL DIFFUSO ALLARMISMO.

Firenze, 9 Giugno 1999. Dopo alcuni giorni che e' scoppiato lo scandalo dei cibi contenenti diossina, per quanto riguarda i consumatori siamo ancora in alto mare.
Cosi' interviene il presidente dell'Aduc Vincenzo Donvito.
L'informazione in generale non manca, per fortuna, ma e' assente quella piu' importante, cioe' quella istituzionale (con l'istituzione di numeri verdi, come abbiamo gia' chiesto nei giorni scorsi), che dovrebbe svolgere le funzioni di publbica utilita', consentendo ai consumatori di non appigliarsi ai consigli del primo che capita o del pur volenteroso mezzo d'informazione, che pero' non ha l'ufficialita' che renderebbe piu' sicuro il consiglio.
Il ministero della Sanita' si sta solo beando in sede comunitaria di non essere tra i Paesi incriminati, dimenticando che da lui dipende la sicurezza sanitaria di tutti gli italiani, e che ai dubbi di questi ultimi deve dar conto. Altrettanto non fanno i responsabili regionali della Sanita', a cui e' demandata l'applicazione delle direttive nazionali, e altrettanto quelli comunali, che dovrebbero essere territorialmente piu' a contatto con i consumatori e, quindi, meglio dispiegare le informazioni e la prevenzione.
Crediamo che niente si muova in questo senso perche' non esiste un'attivita' preventiva su cui fondare unita' di crisi scientificamente all'altezza. Niente di nuovo, quindi, come gia' successe con la nube tossica di Chernobyl, con la mucca pazza e con il vino al metanolo: prevenzione zero, informazione zero, e interventi solo a "latte versato".
In questa situazione fioriscono gli speculatori, piu' o meno legati a gruppi industriali, per favorire questo o quell'altro prodotto. Infatti, a parte il vero e proprio pollo belga pieno di diossina (scientificamente riscontrato tale dall'Istituto Mario Negri di Milano), tutto quello che mangiamo potrebbe essere inquinato. Non basta l'etichetta "made in Italy" per tranquillizzarci, perche' sull'etichetta stessa non e' specificato se il latte con cui e' fatto, per esempio, il cioccolato, e' di provenienza sospetta. Non solo, ma la carne "made in Italy" potrebbe anch'essa essere inquinata: chi ci dice che i mangimi per gli animali non siamo di composizione mista, e tra questo misto ci siano anche quelli di origine animale, tra cui animali che hanno brucato in campi inquinati dalla diossina, mucche pazze e/o pecore pazze? Ancora: le verdure sono sicure? Chi l'ha detto? Il concime usato nei campi potrebbe essere di animali nutriti con mangimi infetti. Il problema e' che la sicurezza della catena di produzione alimentare non e' controllabile solo con etichette e consigli da "buon samaritano", ma ha bisogno di un rigore che nessun consumatore, individualmente, potrebbe avere.
A Firenze, e crediamo anche altrove, sono spariti i prodotti della Danone, come se il fatto di essere un'azienda di origine belga sia necessariamente collegato all'uso di materie prime belghe. E chi ci dice che la Mac Donald's che si e' subito messa la medaglietta bloccando la vendita di gelati, nelle sue polpette non abbia elementi inquinanti dovuti al fatto che molti dei suoi allevamenti di carne sono in Sud America, dove gli allevatori locali, per risparmiare, comprano mangimi di origine animale fatti in Belgio? Tutto e' possibile, percio' tutto va ricondotto in un binario razionale e di fiducia nell'autorita': razionale perche' se usiamo un panetto di burro belga ci succedera' molto meno rispetto a quando facciamo una passeggiata nei centri delle nostre citta' riempendoci i polmoni di tutte le schifezze che sono nell'atmosfera; fiducia nell'autorita', perche' sono loro che devono informarci, e se non lo fanno -come ancora oggi succede- non potremo che desistere da questa fiducia, ma facendole sapere ovunque e
 
 
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