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A DIECI ANNI DI VITA DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE L'ITALIA REGISTRA IL FALLIMENTO
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Comunicato 
23 ottobre 1999 0:00
 
LA SENTENZA DELLA CORTE EUROPEA SU GELLI NE E' LO SPECCHIO.
CHIEDIAMO L'INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA.

Firenze, 23 Ottobre 1999. Il cpp (codice di procedura penale) e' entrato in vigore dieci anni fa, in questi giorni. Avrebbe dovuto aiutare il pianeta giustizia contro i mali che dieci anni fa facevano gia' gridare contro lo stato comatoso della situazione. E dopo dieci anni, invece, possiamo solo registrare il suo fallimento.
Interviene il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito.
Ci interessano gli aspetti pratici -in particolare la durata- quelli che hanno poi risvolti sugli utenti del servizio Giustizia, che lo Stato fornisce in regime di monopolio e che, per questo, ci vede piu' sudditi che utenti. E lo specchio e' la sentenza del 19 ottobre della Corte Europea dei diritti dell'uomo su Licio Gelli: tempi troppo lunghi, occorre il risarcimento. E la Corte di Strasburgo ci comunica la sentenza con qualche giorno di ritardo perche' e' intasata da altrettante pratiche italiane che rivendicano lo stesso intervento.
E questo mentre potremmo stilare un elenco interminabile di processi che, quando va bene, arrivano a conclusione dopo dieci o quindici anni: quando ogni sentenza non puo' non essere interpretata come ammissione di incapacita' dello Stato. E la sorte vuole che oggi ci sia anche la sentenza del lungo processo a Giulio Andreotti, che fa venire tanti dubbi proprio in termini di procedura.
Lo stato comatoso di dieci anni fa non solo e' confermato, ma e' aggravato dal fatto che la medicina che si credeva dovesse servire, ha invece fatto peggiorare la situazione, specialmente li' dove la macchina e' piu' delicata: la fiducia degli amministrati.
Crediamo che piu' che colpe, vadano individuate responsabilita': non si tratta di dover punire un colpevole, ma impedire che chi ha il potere in materia continui ad esercitarlo in questo modo.
Certamente sono tutti responsabili, dall'usciere del palazzo di giustizia che rivendica il diritto alla sua lentezza e incapacita' di essere usciere, al legislatore che piu' che sete di giustizia sembra impegnato a creare alambicchi per la giustificazione e il perdurare della sua posizione di privilegio; dal magistrato in cerca della copertina all'avvocato che piu' guadagna quanto e' piu' lungo il procedimento. Ma non si puo' continuare a denunciare che tutto il sistema Belpaese e' marcio, e che ogni ambito -tra cui anche la Giustizia- ne e' lo specchio fedele: e' un buon metodo per giustificare la non-soluzione di ogni problema.
Per quanto ci riguarda continuiamo a raccogliere le voci e i fatti esasperati che ci vengono presentati ogni giorno, e li useremo per denunciare il continuo disservizio, cosi' come continueremo a chiedere l'intervento della Corte di Strasburgo.
Nello stesso tempo auspichiamo che -grazie a questo triste decimo compleanno- il Presidente della Repubblica in primis -come capo dello Stato e della Magistratura- faccia sentire la sua voce
 
 
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