Un'indagine Ipsos fatta lo scorso 7 luglio sulla liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali, indica che il 78% del campione intervistato sarebbe favorevole a come e' stato approvato, nella recente manovra economica, per le citta' a vocazione d'arte e turistica.
Continuiamo a non capire perche' la liberalizzazione debba riguardare solo queste citta' e non tutta Italia: l'intento sembra solo quello di incrementare le vendite li' dove ci sono piu' turisti, e non semplificare e migliorare la qualita' di vita per i consumatori (come anche sottolineato dall'indagine Ipsos).
A parte questo, che per quanto ci riguarda e' una conferma di cio' che ascoltiamo e ripetiamo da anni,
c'e una nuvoletta all'orizzonte che sta cominciando a farsi avanti, l'Anci (Associazione Nazionale Comuni d'Italia). Che per voce del suo presidente, Osvaldo Napoli, commentando i dati Ipsos ha, tra l'altro, detto:
“i Comuni sono sempre favorevoli a quelle misure che favoriscono lo sviluppo locale, sempre che tali norme rispettino l'autonomia dei Comuni nello stabilire gli 'orari' delle citta”. Che e' come se avesse detto: “
lasciate perdere, vale la norma gia' in vigore oggi, quindi sono i Comuni che decidono e non i commercianti”.
Noi non sappiamo se l'intento del ministro del Turismo che ha perorato l'introduzione di questa norma nella manovra finanziaria, fosse solo propagandistico o meno,
ma sicuramente lo sarebbe se questa norma fosse applicata, cosi' come vuole l'Anci, col filtro dei Comuni: ripercorrerebbe norme gia' in vigore (legge Bersani n.114/1998) , norme molto esplicite, ma
su cui le Regioni hanno sempre posto i loro veti e l'hanno sempre avuta vinta.
Un invito al ministro Maria Vittoria Brambilla: difenda la sua norma, altrimenti
fa come sulla storia delle stelle degli alberghi, cambiare tutto per non cambiare nulla.