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Il cambiamento climatico aggrava la poverta' nel mondo
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Articolo di Redazione
9 novembre 2015 12:08
 
Senza misure immediate di riduzione elle emissioni di gas ad effetto serra, contigue a politiche di sviluppo “solidale e durevole”, piu' di 100 milioni di persone in piu' potrebbero finire sotto la soglia di poverta' da qui al 2030. A tre settimane dalla Cop21 di Parigi, la Banca mondiale pubblica, domenica 8 novembre, un rapporto, «Shock waves: managing the impacts of climate change on poverty», che ricorda agli Stati il carattere indissociabile della lotta contro il riscaldamento del pianeta e della lotta contro la poverta'.
Perorando uno sforzo immediato in favore di uno sviluppo rispettoso del clima, e' una sfida piu' pressante perche' gli impatti del riscaldamento rimettono in discussione l'eradicazione della poverta'. “Cambiamento climatico e poverta' sono inestricabilmente legati”, dice la Banca Mondiale che, per questa analisi, fa riferimento ad un'indagine realizzata in 92 Paesi in via di sviluppo.
I poveri sono i piu' esposti
Le persone piu' povere, che vivono in dimore precarie e su dei territori vulnerabili, sono i piu' colpiti dagli effetti dei perturbamenti climatici. In Indonesia, per esempio, le popolazioni sfavorite hanno un rischio del 30% piu' alto di essere coinvolti da inondazioni, e un rischio del 50% maggiore di subire le conseguenze di una siccita'. “I piu' poveri sono non solo piu' esposti, ma perdono molto di piu' quando sono colpiti da questi fenomeni -dice Stéphane Hallegatte, economista alla Banca Mondiale che dirige l'équipe che ha redatto questo rapporto-. Perche' il loro patrimonio, che non e' depositato in un conto bancario ma spesso si riduce al loro bestiame o alla loro casa, e' molto piu' vulnerabile e puo' essere completamente distrutto quando si verificano eventi del genere”
Dipendenti essenzialmente da redditi derivati dall'agricoltura e dedicando una larga parte del proprio budget all'alimentazione, queste famiglie risentono maggiormente l'impatto dei cattivi raccolti, o dell'aumento dei prezzi alimentari conseguenti ad una siccita' o a tutti gli altri fatti climatici estremi. Essi sono anche maggiormente toccati dalle malattie conseguenziali o aggravate grazie al cambiamento climatico, come la diarrea o il paludismo. Malattie che, inoltre, possono avere effetti irreversibili sulla crescita dei bambini.
Ammortizzazione
Le famiglie piu' svantaggiate sono generalmente non coperte da un'assicurazione malattia e non hanno sufficienti risparmi sotto il materasso per ammortizzare i problemi piu' importanti. Esse devono liquidare una parte del proprio patrimonio per pagare le loro cure. “Anche le persone che vivono poco al di sotto della soglia di poverta' possono finire nella poverta' assoluta quando un'inondazione distrugge la loro microimpresa o quando una siccita' decima la loro mandria”, dicono gli autori del rapporto.
Di fronte a questa spirale, la Banca Mondiale fa appello ad un rafforzamento dei sistemi di protezione sociale, che in occasione di una catastrofe possono svolgere le funzioni di un'assicurazione presso le famiglie piu' disagiate. “In caso di eventi traumatici, e' piu' facile allentare o rafforzare un sistema di protezione sociale preesistente per aiutare le popolazioni piu' colpite, che non creare da zero un sistema”, sottolinea Hallegatte.
In seguito al passaggio del tifone Yolanda nel 2013, i filippini hanno messo in atto il loro programma 4P (Pantawid Pamilyang Pilipino Program) di sovvenzioni monetarie per i piu' poveri, si' da impegnare dei fondi d'urgenza e aumentare i contributi a queste famiglie. Dopo una catastrofe, la rapidita' dell'aiuto e le sue destinazioni sono essenzialmente per evitare gli effetti irreversibili sulla salute dei bambini e la vendita catastrofica a basso prezzo dei loro patrimoni come il bestiame.
Alcuni studi su casi in Etiopia e in Malawi, evidenziano che il costo di una siccita' puo' passare dai 50 ai 1300 dollari se la presa in carico e' ritardata da sei a nove mesi. “Un programma come il 4P delle Filippine e' quindi piu' adeguato se i beneficiari si impegnano a fare un monitoraggio medico ai loro bambini e ad iscriverli alla scuola”, sottolinea l'economista.
L'urgenza di una offensiva contro le emissioni
Questo rafforzamento della protezione sociale dei piu' disagiati, cosi' come la messa in opera di politiche di sviluppo, essenzialmente agricole, attenua la vulnerabilita' di fronte ai cambiamenti climatici e da' benefici ai piu' poveri, e deve andare di pari passo con una offensiva contro le emissioni di gas ad effetto serra. “Alcune misure immediate di riduzione delle emissioni sono necessarie per stabilire il cambiamento climatico e ridurre la minaccia che esso rappresenta per l'eradicazione a lungo termine della poverta'. Perche' se non si agisce oggi, gli effetti dopo il 2030 saranno molto piu' grossi”, insiste Hallegatte.
Le politiche climatiche possono in se' costituire una leva di risorse per finanziare i programmi di protezione sociale o di sviluppo. “Una tassa sul carbone, anche se modesta, a 10 dollari per ogni tonnellata, permetterebbe di intensificare considerevolmente, del 50%, la protezione sociale. O di finanziare altri investimenti (come l'accesso all'acqua, all'igiene o all'energia moderna) di cui ne trarrebbero vantaggio le persone povere”.
Un sostegno “essenziale” della comunita' internazionale
“Le politiche di riduzione delle emissioni devono proteggere e anche essere a vantaggio delle persone povere”, perorano gli autori del rapporto. In Indonesia, i risultati che si sono avuti dalla diminuzione delle sovvenzioni alle energie fossili, sono stati reinvestiti nella creazione di un aiuto finanziario al 30% delle persone piu' povere: 30 dollari ogni trimestre, “che, per queste persone, serve piu' che altro a compensare il miglioramento dell'energia, essendo queste, persone che ne utilizzano poca”, dice Hallegatte.
In alcuni Paesi a basso reddito, rileva la Banca Mondiale, il sostegno della comunita' internazionale sara' essenziale, “soprattutto per gli investimenti che hanno un alto costo iniziale -come quelli dei trasporti urbani, le infrastrutture energetiche resistenti o la lotta contro la deforestazione- ma che sono urgenti per bloccare tutte le irreversibilita' e tutto cio' che ha molto a che fare con uno sviluppo legato al carbone”.
“I fondi dedicati al clima devono contribuire alla riduzione della poverta', insiste Hallegatte, ricordando che il deficit dei finanziamenti delle infrastrutture nei Paesi in via di sviluppo aumenta di qualcosa come 1.000 miliardi di dollari ogni anno. Una somma ben superiore ai 100 miliardi di dollari annuali promessi nel 2009 a Copenaghen dai Paesi sviluppati per aiutare i Paesi in via di sviluppo a far fronte alla deregolamentazione climatica, e quindi la mobilitazione e' ancora materia di discussione in vista della COP21.

(articolo di Laetitia Van Eeckhout, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 09/11/2015) 
 
 
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