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Musica: lingua e consumo transnazionale. E, non a caso, i Rolling Stones
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Articolo di Vincenzo Donvito
26 marzo 2016 20:17
 
  Il Vaticano sta cercando, un po' controcorrente, rispetto alla semplicita' di comunicazione dell'attuale papa Francesco, di attualizzare una lingua morta -pur se colta- come il latino: cerca di trasportarla in un fenomeno e in un genere musicale come quello del gruppo britannico dei Beatles (1). Mentre gli altrettanto britannici Rolling Stones (che a differenza dei lord fondati da John Lennon) continuano ad imperversare coi loro concerti in tutto il mondo, hanno ben pensato di fare uno spettacolo gratuito nella capitale dell'isola di Cuba, La Habana il 25 marzo. Mick Jagger e' salito sul palco davanti a milioni di cubani euforici in un concerto che ha marcato l'apertura culturale di Cuba al mondo e del mondo a Cuba. Proprio subito dopo che Barack Obama aveva terminato la prima visita ufficiale di un presidente Usa nell'isola -ancora castrista- e ristabilito i rapporti economici e politici, ancora tutti da definire nei particolari… ma il mercato Usa e gli statunitensi (per Dna originario), assieme alla voglia dei cubani, sono bravissimi in questo tipo di agganci.
Mentre migliaia di giovani -e non così giovani- cubani hanno cominciato ad arrivare allo stadio della Ciudad Deportica de La Habana per assistere al concerto, l'opposizione anticastrista ha avuto l'idea di rispolverare un celebre discorso di Fidel Castro, nel quale se la prendeva in termini molto duri con la "degenerazione borghese" della musica rock (2). Ma questo non ha turbato nulla e nessuno.
In questo contesto, in una notte elettrizzata grazie ad un clima paradisiaco, Jagger ha salutato con qualche decennio di ritardo i suoi fan dell'isola: "Hola Habana, ¡buenas noches mi gente de Cuba!", e le persone presenti hanno risposto con un grido storico di “soddisfazione”. Alcuni minuti dopo, prima di dedicare il pezzo “Angiea” ai “cubani romantici”, prima di suonare ancora una volta con coraggio “Paint It Black”, il cantante che portava una cintura di lucertola ha detto nel suo spagnolo maccheronico: “Sabemos que años atrás era difícil escuchar nuestra música, pero aquí estamos tocando para ustedes en su linda tierra. Pienso que los tiempos están cambiando. Es verdad, ¿no?" ("Sappiamo che anni fa era difficile sentire la nostra musica, ma qui stiamo suonando per voi sulla vostra bella terra. Penso che i tempi stiano cambiando. E 'vero, non è vero?"). La voce dei Rolling Stones ha chiesto se Cuba era pronta ad ascoltare. E Cuba era pronta. Nella notte calda de La Habana, Wood e Richards hanno cominciato a far sentire con le proprie chitarre i mitici, inconfondibili, vibranti primi accordi del loro eterno inno alla gioventu', “Satisfaction”.

Correvano i primi anni Sessanta del secolo scorso quando comparvero i Rolling Stones. Storia conosciuta e facilmente rintracciabile sul web. Ed erano anche gli anni dei Beatles, bravi al pari ma decisamente piu' “pacati” e melodici. E c'era un sorta di gara tra chi era per uno o per l'altro gruppo che, pur con le loro diverse tipologie musicali, esprimevano la voglia e la rabbia giovanile di esprimersi in modo alternativo al diffuso bacchettonismo culturale, e musicale. Che, a parte alcuni illustri e notevoli fenomeni musicali Usa (ma, almeno a livello di grande diffusione e massa, musicalmente meno dirompenti e piu' melodici, si pensi a Bob Dylan e Joan Baez) ben rappresentavano la dirompente contestazione poi nota come il '68, da Parigi in poi, e tutti gli anni successivi.
Gli stessi anni in cui la politica di Fidel Castro cominciava ad affascinare non pochi giovani che si affacciavano alla politica, mettendola insieme -ovviamente senza rendersene ben conto (2)- ai Beatles ed ai Rolling Stones. Che Guevara (rivoluzionario, guerrigliero, scrittore e medico argentino), dopo aver assunto un ruolo nel nuovo governo castrista del 1959 dopo la rivoluzione, secondo per importanza solo a Fidel Castro, suo alleato politico, nel 1965 lascio' Cuba per esportare la rivoluzione nel resto del mondo, ma trovo' ben presto la morte in Bolivia nel 1967. E divenne un mito ed un'icona tra gli studenti e non solo (essenzialmente europei e un po' meno quelli americani), sempre musicalmente celebrato, oltre che da specifiche canzoni/ballate in lingua spagnola, dalle musiche dei due gruppi britannici, soprattutto i Rolling Stones. La rabbia, l'anticonformismo, la voglia di andare oltre il difficile momento passato dai propri genitori dopo il disastro del fascismo e della seconda guerra mondiale; qualunque cosa indicasse esaltazione dei sensi e delle idee, delle opportunita', delle diversita', dell'uscita dai binari in cui il bacchettonismo cercava di inquadrare il desiderio di gioventu' ed esuberanza; tutto questo ed altro, trovava espressione e comprensione e collegamento transnazionale in quella musica, per i contenuti e per il ritmo che sempre ti impediva di stare fermo, col corpo e con la mente, quando la ascoltavi.
In tutti questi decenni di esistenza dei Rolling Stones e di Cuba castrista, l'equiparazione e il connubio erano solo nel desiderio, nell'anelito e nei sospiri dei giovani e anche in quelli che cominciavano a non essere piu' tali. Quando qualcuno andava poi a visitare Cuba, a parte alcuni fenomeni legati a scuole di partito, la delusione era grandissima. Non bastava vedere palazzi con grandi murales di El Che per “sentirsi a casa”… mancava la musica e non bastavano le pur belle canzoni/ballate tipo “Hasta siempre Comandante Che Guevara”.
Ballate/canzoni che si cantavano, ovviamente, anche quando non si era a Cuba ma a casa in Europa, sulla spiaggia con gli amici, magari al tramonto, ma che, a differenza di quanto avveniva a Cuba, erano sempre seguite da pezzi come “Satisfaction"
o “Ruby tuesday”.

Ora dallo scorso venerdi' 25 marzo 2016 qualcosa e' cambiato. Oltre a poter andare anche sulle spiagge cubane a suonare e cantare i pezzi su El Che e quelli dei Rolling Stones, con noi ci saranno anche i cubani, quei milioni e non solo che l'altra sera erano a La Habana, che non si sentiranno minacciati dalle filipicche antiborghesi del leader Maximo (2), cubani che potranno liberamente andare in Gran Bretagna a vedere dove e' nata questo ritmo ammaliante che ora possono ascoltare anche a casa loro, senza nascondersi da qualche parte o sintonizzandosi sulle varie Bbc o Voice of America o France24, a basso volume per non farsi sentire dai vicini.
Ora tutti parlano la stessa lingua e consumano lo stesso prodotto benefico, quello di una musica che non ha confini. Grazie Rolling Stones. E, ovviamente, grazie Obama, e grazie -finalmente- Castro (chissa' se Fidel o Raul...).

Ps
sempre ovviamente, nella “guerra” Beatles o Rolling Stones io, che nella fine degli anni 60 del secolo scorso ero uno di quei giovani, quando proprio dovevo schierarmi, ero per le “Pietre rotolanti”, anche se i pezzi de “gli Scarafaggi” li cantavo e suonavo spesso.

Per chi vuol vedere spezzoni e servizi sul concerto de La Habana, basta digitate sul motore di ricerca Google le parole “rolling stones cuba” o meglio “satisfaction cuba” e scegliere l'opzione video.

(1) dall'agenzia stampa Ansa del 26/03/2016:
Beatles 'canteranno' in latino. Il gruppo musicale rock di Liverpool che ha segnato un'epoca, non solo nella musica, tra non molto potrà parlare anche in latino. L'ambiziosa impresa si deve ad un sacerdote della segreteria di Stato del Vaticano che cura il profilo twitter in latino del Papa, monsignor Daniel Gallagher. Il presule, di origini americane, è un grande latinista e ha già tradotto nella lingua di Cicerone 'Il diario di una Schiappa ('Commentarii de inepto puero'). Ora sta pensando di tradurre in latino le canzoni dei primi album dello storico gruppo inglese. "La lingua degli antichi romani è tutt'altro che morta. Con il latino si può fare tutto", afferma mons. Gallagher all'agenzia Adnkronos. In attesa di cantare le melodie nella lingua di Cicerone, il curatore del profilo tweet in latino di Bergoglio ha già pensato a come rendere in latino i nomi del gruppo. Sugli scontati Ioannes (John Lennon), Paulus (Paul Mc Cartney), Georgius (George Harrison), spicca il carismatico batterista Ringo Starr. Tradotto in latino, 'Anulatus'. "I romani - argomenta Gallagher - non avevano una parola specifica per indicare un concetto. Se poi si pensa che tutto il gruppo era solito portare anelli, la traduzione, certamente estrosa, richiama anche il modo di essere". Monsignor Daniel Gallagher, naturalmente, ha pensato anche al nome del complesso: "Beatles tradotto - ricorda - significa scarafaggi quindi in latinodovrebbe diventare 'Scarabeus', traduzione che magari disperde un po' l'ironia". Il progetto del presule che lavora alla segreteria di Stato contempla in particolar modo i primi album dei Beatles. "Anche se erano canzoni magari più banali - spiega - sono anche le più traducibili, nei primi motivi c'era poi molta poesia. La cosa più importante è cercare di mantenere la melodia". Nei momenti di pausa, il progetto ambizioso di mons. Gallagher, a poco a poco, comincia a trovare corpo. "Quando mi viene una parola giusta - racconta il presule - la metto per iscritto pensando sempre alla melodia dei Beatles". Il banco di prova potrebbe già arrivare questa estate alla scuola estiva nella quale il presule è occupato: "Il punto è quello di non disperdere un patrimonio tanto grande. Non trascurabile poi il fatto che il gruppo aveva una sua genialità".

(2) dall'agenzia stampa Ansa del 26/03/2016:
Era il 13 maggio del 1963, cioè un anno prima che gli Stones pubblicassero il loro primo disco, e Fidel Castro -parlando all'Università de La Habana- avvertiva i giovani cubani che "la controrivoluzione mette insieme quanto di peggio vi sia, dal borghese a quello che fuma marijuana, dal ricettatore al taccheggiatore, dal vagabondo professionista al vizioso". "Molti di questi inutili sociali, figli della borghesia, che vanno in giro con pantaloni troppo stretti, alcuni con una chitarrina e atteggiamenti alla Elvis Presley, ora hanno portato la loro dissolutezza all'estremo di voler riunirsi in posti pubblici per organizzare gratis i loro spettacoli effeminati", tuonava Fidel, applauditissimo dalla folla. A questi, il Leader Maximo avvertiva che "non bisogna credere che la serenità della Rivoluzione equivalga alla sua debolezza", perché "la società socialista non può tollerare questo tipo di degenerazione".
 
 
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