testata ADUC
CAPODANNO 2008. COME UN AUGURIO . SOGNIAMOCI A VICENDA!
Scarica e stampa il PDF
La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
1 gennaio 2008 0:00
 
Pensando agli auguri per il 2008, mi erano venute in mente un paio di possibilita', ma in tutti e due i casi ho trovato la strada sbarrata Un attimo prima di cominciare ad agitarmi mi e' balenato nella mente il ricordo di un paio di versi, a cui li' per li' non riuscivo a dare un genitore. "Forse c'e' chi si sente soddisfatto / cosi' guidato". Ma dove l'avevo trovata questa espressione? All'improvviso, tutto si e' chiarito, e sono rimasta stupita di non aver ancora dedicato una di queste noterelle a questa poesia che mi e' stata fra le piu' care per molto tempo, in particolare per il verso finale che qui mi prendo la liberta' di evidenziare. Ho anche cercato nell'archivio se non l'avessi gia' fatta conoscere, ma mi sembra proprio di no. E allora ho deciso di recuperare il tempo perduto, sicura di offrire qualcosa di pregevole e davvero benaugurante. E' una poesia di Danilo Dolci, senza titolo, come mi sembra siano tutte le poesie di questo poeta, educatore, uomo d'azione nonviolento, di cui oggi che scrivo, 30 dicembre 2007, ricorre il decimo anniversario della morte.


C'e' chi insegna
guidando gli altri come cavalli
passo per passo:
forse c'e' chi si sente soddisfatto
cosi' guidato.

C'e' chi insegna lodando
quanto trova di buono e divertendo:
c'e' pure chi si sente soddisfatto
essendo incoraggiato.

Profondamente stimavo un amico
quasi invidiando un altro, a cui diceva
stupido, e non a me.

C'e' pure chi educa, senza nascondere
l'assurdo ch'e' nel mondo, aperto ad ogni
sviluppo ma cercando
d'essere franco all'altro come a se',
sognando gli altri come ora non sono:
ciascuno cresce solo se sognato. (Danilo Dolci)


NOTA
La poesia fa parte della raccolta Il limone lunare pubblicata da Laterza nel 1970. Io l'ho trovata nel volume Danilo Dolci, Poema umano, Einaudi, Torino 1974, p. 105. La sottolineatura dell'ultimo verso e' mia.

Danilo Dolci nasce a Sesana (prov. di Trieste) il 28 giugno 1924 e muore a Partinico (prov. di Palermo) il 30 dicembre 1997. Figlio di una famiglia modesta del Nord Italia, da ragazzo, fra il 1940 e il 1941, vive per breve tempo a Trappeto, in provincia di Palermo, dove il padre fa il capostazione. E proprio in quella zona tornera' nel 1952 a combattervi la sua battaglia nonviolenta per l'emancipazione delle persone povere e sfruttate dall'intreccio fra i poteri politici e mafiosi. Nato 18 giorni dopo il delitto Matteotti, e cresciuto nel periodo fascista, sviluppa presto avversione contro questo regime e nel 1943 viene arrestato a Genova perche' si rifiuta di vestire la divisa dell'esercito di Salo'. Riesce pero' a fuggire, riparando in Abruzzo e alla fine della guerra si iscrive a Milano alla Facolta' di Architettura; per mantenersi agli studi insegna in una scuola serale a Sesto San Giovanni, dove conosce un operaio di nome Franco Alasia che diventera' suo amico e collaboratore. Nel 1950 lascia l'universita' e si unisce a don Zeno Saltini che, per raccogliere i bambini sbandati dalla guerra, aveva fondato, nell'ex campo di concentramento di Fossoli (Modena) la comunita' di Nomadelfia, che successivamente si spostera' in Maremma, dove e' ancora attiva. Qualcosa pero' lo chiama in Sicilia, proprio in quella zona poverissima che aveva conosciuto una decina di anni prima e nel 1952 si trasferisce prima a Trappeto e poi nella vicina Partinico dove rimane fino alla morte e dove sposera' una vedova povera con cinque figli, dalla quale ne avra' altrettanti (tra cui Cielo, che diventera' piu' tardi uno dei piu' noti suonatori italiani di flauto dolce, Libera, poi insegnante di scuola materna e Amico).
Il 14 ottobre del 1952, dopo aver assistito alla morte per denutrizione di un bambino Dolci reagisce con un digiuno individuale per denunciare la situazione di estrema poverta' ed emarginazione delle popolazioni di questa zona della Sicilia. Il gesto ha una risonanza tale che obbliga le autorita' a prendere concreti provvedimenti a favore di quella gente. Seguono altri digiuni, alcuni dei quali anche a sostegno del riconoscimento dell'obiezione di coscienza al servizio militare. In questo Dolci si trova a fianco di un altro profeta della nonviolenza in Italia, cioe' il perugino Aldo Capitini, col quale ha un fitto scambio di idee. Nel 1955 esce il suo libro Banditi a Partinico che fa conoscere all'opinione pubblica italiana e mondiale le disperate condizioni di vita nella Sicilia occidentale. Il 2 febbraio 1956 organizza uno "sciopero al contrario": centinaia di braccianti e contadini rimettono in sesto le "trazzere", cioe' le vecchie strade di campagna per dimostrare che in Sicilia non manca il lavoro, ma la volonta' politica di combattere la disoccupazione. Segue un processo di tutti i partecipanti per occupazione abusiva di suolo pubblico; Danilo Dolci e alcuni sindacalisti restano all'Ucciardone, il carcere di Palermo, per due mesi. Il processo ha risonanza internazionale; uno dei difensori di Dolci, il famoso avvocato fiorentino Piero Calamandrei, chiama a testimoniare personalita' come lo scrittore siciliano Elio Vittorini (autore di Conversazioni in Sicilia) e lo scrittore Carlo Levi (autore di Cristo si e' fermato a Eboli) e conclude con una memorabile arringa, in cui si dice certo dell'assoluzione degli imputati -cosa che effettivamente avviene (clicca qui). Da quel momento, alle iniziative, sempre rigorosamente nonviolente, di Danilo Dolci, (come quelle che mirano a restituire ai contadini il controllo dell'acqua e dell'irrigazione, fino a quel momento controllate dai potentati locali, e ai pescatori l'esercizio della loro attivita' senza la concorrenza sleale e violenta dei pescatori di frodo), aderiranno molte personalita' della cultura italiana e straniera come Norberto Bobbio e Ignazio Silone, Cesare Zavattini e Alberto Moravia, Enzo Sellerio e Lucio Lombardo Radice, Erich Fromm e Bertrand Russell, Jean Piaget e Aldous Huxley, Jean-Paul Sartre e Ernst Bloch. Si forma cosi' una fitta rete internazionale di amici e sostenitori e sono molte le persone, specialmente giovani, che si recheranno a Partinico per dare un contributo diretto a quest'opera di riscatto civile, democratico, economico. Nel 1958 Dolci fonda sempre a Partinico il "Centro studi e iniziative per la piena occupazione" per "continuare la Resistenza senza sparare". Nel 1963 e nel 1965 Dolci e' chiamato a deporre presso la Commissione parlamentare antimafia, dato che si era scontrato piu' volte con i boss mafiosi dei territori in cui operava e con la connivenza di politici e rappresentanti dello Stato, con alcuni dei quali, come Bernardo Mattarella, ebbe una forte polemica.
Del 1970 e' la "fondazione" di "Radio Libera Partinico" che il 25 marzo di quell'anno lancia una serie di S.O.S., appelli disperati di denuncia delle indicibili condizioni di abbandono in cui versava ancora la gente del Belice a piu' di due anni dal terremoto del 15 gennaio 1968, a causa dei ritardi, dell'improvvisazione, delle omissioni delle autorita' preposte alla ricostruzione. L'emittente, illegale, viene spenta dalla polizia dopo poche ore di trasmissione, in cui si erano sparse pero' nell'etere le voci di coloro che soffrivano direttamente quella incivile e disumana condizione. L'iniziativa della radio non e' che il coerente sviluppo della maieutica (letteralmente: tirar fuori, far nascere), in cui Dolci ha sempre creduto e si e' sempre impegnato: non si tratta di parlare al posto dei "senza voce", ma invece di far si' che chi non sa esprimersi, perche' tenuto nell'ignoranza e nell'abbandono, trovi le parole per dire la sua condizione, le sue necessita', i suoi sogni. E' questo un tema squisitamente educativo, a cui Danilo Dolci continuera' a dedicarsi negli anni Ottanta, riflettendo sul tema della comunicazione, con alcuni saggi che svelano le mistificazioni della cosiddetta "societa' della comunicazione", che sarebbe meglio chiamare "societa' della trasmissione". Secondo Dolci "la comunicazione di massa non esiste" e il modello consueto e diffuso di trasmissione da uno a molti e' ben lontano dalla comunicazione sociale di base da lui sperimentato con successo in varie situazioni, in cui gli strati piu' emarginati e meno alfabetizzati della popolazione sono stati coinvolti direttamente e hanno cosi' scoperto di essere poeti, portatori di cultura e cittadini in grado di operare cambiamenti individuali e collettivi. Commentando l'impegno di Dolci in questo campo, il pedagogista Daniele Novara scrive osservazioni molto importanti capaci di farci riflettere anche sulla situazione odierna: "Quando la comunicazione si fa struttura di potere essa diventa violenza, perche' impone il sacrificio delle parole degli esclusi, che non possono partecipare al dibattito, sostenere le proprie idee, le proprie sensibilita', le proprie indignazioni. In questa societa' della trasmissione, non c'e' dialogo, non c'e' fecondazione mutua, perche' i discorsi sono incanalati in una direzione sola che va da colui che parla (l'oratore, il giornalista, il maestro, il conferenziere) verso colui che ascolta passivamente senza avere la possibilita' di rispondere alle provocazioni o alle sollecitazioni maturate dai pensieri". Espressamente sul tema della comunicazione Dolci ha scritto Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino 1988.
Segnalato nove volte per il conferimento del premio Nobel per la pace, Danilo Dolci ha avuto molti riconoscimenti specialmente all'estero; fra di essi, il "Premio Lenin per la pace" (1958) in Unione Sovietica, la Laurea honoris causa in Pedagogia dell'Universita' di Berna (Svizzera) (1968), il "Premio Socrate" di Stoccolma (Svezia) (1970) "per l'attivita' in favore della pace e per i contributi di portata mondiale nel settore dell'educazione", il "Premio Sonning" dell'Universita' di Copenaghen (Danimarca) (1971) "per il suo contributo alla civilizzazione europea" e il "Premio Gandhi", in India (1989).
Altri riconoscimenti Dolci li ha avuti in modo pratico, quando cioe' e' stato accettato come partner di importanti agenzie educative internazionali, una fra tutte l'UNESCO, grazie alla quale puo' fondare il "Centro educativo di Mirto" (inaugurato nel gennaio 1975), un'idea che e' frutto di un'approfondita discussione con la gente del luogo e che contera' su collaboratori veramente eccezionali quali il pedagogista brasiliano Paulo Freire, il teorico della nonviolenza norvegese Johan Galtung e gli italiani Ernesto Treccani, Paolo Sylos Labini, Gianni Rodari, Gastone Canziani, Mario Lodi e Aldo Visalberghi. Purtroppo per noi Italiani, altrettanti riconoscimenti ufficiali Danilo Dolci non li ha avuti in patria, anzi, come abbiamo visto, le autorita' italiane lo hanno quasi sempre osteggiato tentando di condannarlo al silenzio, e il ricordo della sua opera e' (stato) affidato piu' all'impegno di singoli e gruppi privati che all'attivita' di enti pubblici, anche se da qualche anno, avvicinandosi il decennale della sua scomparsa, si sono intensificate delle iniziative da parte di universita' e enti locali.
Fra i numerosi siti, che danno informazioni su Danilo Dolci, e da cui ho attinto le informazioni che ho elaborato qui, segnalo:
-clicca qui (un articolo di Vincenzo Sanfilippo che riporta testimonianze inedite di Lanza del Vasto, fondatore della Comunita' dell'Arca, sull'ostracismo della chiesa cattolica nei confronti di Danilo Dolci);
-clicca qui (articolo di Daniele Novara per il decennale della scomparsa di Dolci, che contiene anche la bibliografia delle sue opere);
-clicca qui (contiene una breve biografia di G. Bonora e l'articolo di Daniele Novara "La pedagogia maieutica");
-clicca qui

(A cura di Annapaola Laldi)
 
 
LA PULCE NELL'ORECCHIO IN EVIDENZA
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS