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CAPODANNO CINESE 4705 (7 FEBBRAIO 2008). OVVERO: UN'OCCASIONE PER ASCOLTARE LA SAPIENZA DI LAO TZE
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La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
1 febbraio 2008 0:00
 
Anche se i Cinesi hanno accolto nel 1913 il calendario gregoriano, come molti altri popoli continuano a seguire il proprio calendario tradizionale, celebrandone le date significative, di cui, logicamente, una delle piu' importanti e' quella del Capodanno. Che in questo nostro 2008 si festeggia in concomitanza col 7 febbraio.
Augurando BUON ANNO alle amiche e agli amici cinesi, colgo dunque questa occasione per offrire in lettura il capitolo che, secondo la disposizione dei manoscritti piu' antichi, apre quel tesoro di sapienza che e' il Te Tao Ching, "Il libro della Virtu' della Via" (piu' comunemente noto come Tao Te Ching "Il libro della Via e della Virtu'") di Lao Tze nella traduzione e commento di Augusto Vitale della casa editrice Moretti & Vitali (Bergamo 2004), che si ringrazia sentitamente per il permesso accordato all'ampia citazione (le sottolineature in grassetto nel commento sono mie).


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La virtu' superiore non ha virtu',
perche' e' virtu'.
La virtu' inferiore non abbandona mai la sua virtu',
perche' non e' virtu'.
La virtu' superiore non agisce e non ha scopo,
la virtu' inferiore agisce e ha uno scopo.
La bonta' superiore agisce e non ha scopo,
giustizia superiore agisce, e ha uno scopo.
Le norme superiori di comportamento agiscono,
e bisogna ubbidire,
altrimenti si tirano su le maniche e ti costringono.
Percio' si deve dire:
si perde la Via, resta la virtu'.
Si perde la virtu', resta la bonta'.
Si perde la bonta', resta la giustizia.
Si perde la giustizia, restano le norme di comportamento.
Le norme di comportamento,
solo rivestimento esteriore di lealta' e fedelta',
e inizio del disordine.
Consapevolezza capace di prevedere e' il fiore della Via,
ma anche inizio di stoltezza.
Percio' l'uomo compiuto si attiene alla sostanza,
e non si ferma alla superficie,
si attiene al nòcciolo e non al fiore.
Percio' trascura questo e preferisce quello.


Quando si e' sempre consapevoli della propria virtu', subentra la coscienza personale ed egoistica e la superbia che separa, la vanita' che svuota; e' come aver mangiato il frutto dell'albero del bene e del male, si perde la liberta' di essere, indefinito, libero, illimitato e unito. Per l'uomo compiuto essere nella Via e' la Virtu' superiore, ma per lui e' solo un modo di essere, ne' con virtu' ne' senza, una coscienza diffusa e quasi impersonale di essere, fuori dalla dualita' dell'avere.
La virtu' suprema non puo' uscire fuori da se stessa per compiere qualcosa d'altro, non agisce con finalita', non si programma, non si affligge con imperativi categorici; quando opera e' gia' tutta in se medesima, non ha intenzioni, impegni o distinzioni piu' di quanto ne abbia una pietra verso il suo peso: la pietra e' quella pesantezza, non si comporta in quel modo, e' gia' tutta in quel modo senza alternative.
L'enigma del titolo "la virtu' e la via" si puo' schiudere un poco quando si riflette che per l'antica sapienza cinese Te-Tao era concepito come unita', esprimente lo stato di chi e' in quella Via, escludendo che si possa concepire questa Via altrimenti che come sostanza stessa dello stato interiore di chi in essa procede. In questa non separazione si soggetto e oggetto c'e' gia' l'essenziale del taoismo. E' naturale che nel capitolo iniziale Lao Tze abbia voluto dire cio' che piu' gli premeva; ma se si vuol procedere nella comprensione di questo libro sara' indispensabile soffermarsi sulla necessita' di una comprensione sottile, intuitiva, paziente, e che spesso vuol restare indefinita.
Si puo' anche osservare che i traduttori, chiamando "santo" o "saggio" o "grande uomo" l'uomo compiuto, sviano cosi' il lettore; Lao Tze insiste proprio nel volerci indicare l'uomo normale, che completa il suo destino di uomo prendendo la Via ed evitando di sviarsi. Per l'uomo compiuto la Virtu' e' la Via, non e' un suo conseguimento eccezionale che ne faccia un eroe o un santo, ma semplicemente il sintomo del suo compimento come uomo, perche' in lui non si puo' piu' separare il sapere dall'essere. Questo e' invece il peccato da cui nasce quella virtu' "oggetto" che segna il disperdersi degli uomini nell'allontanamento dall'essere e dalla liberta', crescendo nell'illusione che bonta', o giustizia, o osservanza delle norme, possano riportare gli uomini alla verita' e interezza spirituale.
Succede spesso in Lao Tze che una frase, sibillina e come staccata dal contesto, nasconda la chiave per aprire un enigma: qui e' la "consapevolezza preveggente" giudicata "fiore della Via" e insieme "inizio della follia". Fiore della Via in quanto luce e unita' di conoscenza che dissipa il senso dell'ignoto e dello spaesamento; ma anche tentazione verso la separazione dell'essere in soggetto conoscente e oggetto conosciuto, quindi inizio della follia secondo Lao Tze. Nel Tao il sapere, come la pesantezza della pietra, come la sapienza divina secondo i teologi, non e' virtu' posseduta o cognizione utile all'azione, ma coincide con l'essenza. Altra immagine fondamentale per comprendere Lao Tze si trova negli ultimi versi, una distinzione fra il fiore e il nòcciolo, equivalenti a superficie appariscente e sostanza nascosta; superficie appariscente sono gli infiniti allettamenti della seduzione e del potere che hanno lo scopo di ingannare e sviare, ma il nòcciolo al contrario contiene tutta la storia e la vita dell'intera pianta, virtualita' ed essenza raccolte in se stesse; Lao Tze dice con due parole -ma equivalenti a un intero trattato di filosofia morale- perche' sceglie di attenersi a questo (Augusto Vitale).

NOTA
Il Capodanno cinese e' una festa mobile perche' e' legata al ciclo lunare e cade in un periodo di tempo compreso fra il 21 gennaio e il 20 febbraio. Rappresenta una ricorrenza molto sentita che unisce la famiglia (un po' come il Natale nella tradizione cristiana) e segna l'inizio della primavera. Il periodo festivo termina con la solenne e gioiosa Festa delle Lanterne.
Il calendario cinese e' un calendario lunisolare ed e' composto da "anni comuni" di 353, 354 o 355 giorni suddivisi in 12 mesi e da "anni embolismici" (intercalari) di 383, 384 o 385 giorni suddivisi in 13 mesi. Ad ogni anno, che fa parte di un ciclo di 60 anni, e' assegnato un nome composto da due parti: una radice celeste intraducibile e un ramo terrestre con uno dei seguenti 12 termini: zi (topo), chou (bue), yin (tigre), mao (coniglio), chen (drago), si (serpente), wu (cavallo), wei (pecora), shen (scimmia), you (gallo), xu (cane), hai (maiale). L'anno 4705 e' l'anno del topo. L'inizio di ogni mese avviene con la luna nuova sulle coste orientali della Cina.
Le origini del calendario cinese affondano le loro radici in tempi remoti. Il conto degli anni ha inizio nel 2697 avanti era volgare (all'inizio del regno del leggendario imperatore Huang Ti, noto anche come "Imperatore Giallo", ma il primo calendario cinese ufficiale risale al 2637 a.e.v., nel 61.o anno del regno dello stesso.

La citazione proposta e' tratta da: Te Tao Ching -Il libro della Virtu' della Via (Interpretazione del testo e commento di Augusto Vitale, con una prefazione di Eugenio Borgna), Moretti & Vitali, Bergamo 2004, p. 77s. (¤ 20,00), (www.morettievitali.it), un volume ulteriormente impreziosito da alcune tavole a colori riproducenti pitture cinesi dall'VIII al XX secolo e.v.

Il libro attribuito a LAO TZE (=Vecchio Maestro), che si presume vissuto in Cina nel VI sec. avanti era volgare (a.e.v.), e' piu' noto come Tao Te Ching (Il libro della Via e della Virtu'); le sue versioni piu' antiche tramandateci risalgono alla meta' del I sec. a.e.v., ma nel 1973, in una tomba di Mawangdui (provincia dello Hunan), insieme con altri importantissimi reperti, furono rinvenute due copie del libro piu' antiche di quelle conosciute, in cui il testo e' pero' disposto in modo diverso e reca il titolo di Te Tao Ching (Il libro della Virtu' e della Via); infatti la sezione "Te" (capp. 38-81) precede la sezione "Tao" (capp. 1-37). Un ulteriore interessante ritrovamento nel 1993 a Goudian (provincia dello Hubei) fa risalire la data di composizione al IV sec. a.e.v.. In generale queste ultime scoperte hanno spinto a rivedere molte cose dell'antica cultura cinese, gettando nuova luce anche sul nostro testo.
Comunque sia, il libro di Lao Tze, che consiste di 81 brevi capitoli (in tutto cinquemila parole), risulta essere il piu' tradotto subito dopo la Bibbia (oltre 250 versioni, comprese quelle in yiddish e in esperanto). Anche in italiano sono a disposizione diverse versioni sia direttamente dal cinese sia da traduzioni dal francese e dal tedesco, opera di famosi ricercatori, quali, rispettivamente, J.J.L.Duyvendak e Richard Wilhelm.
A chi fosse interessato a un approccio filologico (con testo cinese a fronte) segnalo anche LAOZI, Genesi del "Daodejing" (a cura di Attilio Andreini), Einaudi, Torino 2004 (qui i termini e i nomi cinesi sono riportati secondo le piu' recente regole di traslitterazione; es.: LAO TZE - o LAO TZU- = LAOZI; TAO TE CHING = DAODEJING, ecc.). Questo libro ha un saggio introduttivo di Maurizio Scarpari, dal quale ho attinto alcune delle informazioni sopra riferite.

(a cura di Annapaola Laldi)
 
 
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