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SI FA PRESTO A DIR NEBBIA...
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La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
15 luglio 2005 0:00
 
Una distesa densa, ondulata, dalle molte sfumature del bianco e con qualche striatura di grigio al centro -proiezione delle nuvole pellegrine in cielo, che si frappongono tra il sole che sta sorgendo e questo spicchio di terra che si stende ai piedi della collina su cui ho il privilegio di trovarmi.
Un mare di nebbia -che copre il Valdarno fin quasi alla cima dei Monti del Chianti, e che, nella parte piu' vicina al mio osservatorio, finisce -o comincia?- con lievi onde formate da sbuffi più evanescenti che disegnano chiaramente i contorni di insenature, golfi, promontori -memoria di quell'altro mare di un tempo che fu.
Un mare di nebbia. E proprio come il mare d'acqua, che e' sempre in movimento, anche questo, superata la prima impressione di fissita', si manifesta nella sua essenziale mobilita'. Basta soffermare l'attenzione su un punto qualunque per accorgersi che la vista non e' mai uguale a quella di un istante prima. Anche dove la coltre appare piu' compatta, la fuga di creste che vi si disegna, cambia di continuo forma, colore, trasparenza, densita'.
Un mare di nebbia - che mi trovo affascinata a contemplare come, del resto, ancora a quest'eta', mi capita con le evoluzioni delle nuvole in cielo.
E mi domando se davvero nella vita ci siano occasioni di noia; ci sia davvero quella monotonia che ci fa dire: "Sono sempre le solite cose!".
Certo che no, almeno in quella che e' la vita di quanto noi chiamiamo "natura", dove tutto, ma proprio tutto, e' in continuo movimento e trasformazione e non e' mai uguale a un qualsiasi "prima": tutto cresce o diminuisce o si sposta, anche quando ai nostri occhi sembra che sia, appunto, come prima. Pensiamo agli astri, al sole e alla luna, E pensiamo, e' naturale, all'acqua, che fece dire a Leonardo da Vinci: "L'acqua che tocchi dei fiumi e' l'ultima di quella che ando' e la prima di quella che viene. Cosi' il tempo presente".
Ma anche ogni singola foglia, albero, fiore e frutto ci mostrano questa assoluta assenza di staticita' e di monotonia della realta'. Ogni foglia di tiglio e' diversa, magari solo per una piccola venatura; ogni frutto, ogni fiore e' diverso da quelli della stessa pianta (a meno che non ci abbia messo le mani la tecnologia umana con la sua fissazione che tutte le albicocche devono essere dello stesso peso, misura e colore!).
E anche le pietre, le rocce, non sono mai uguali le une alle altre, e neppure rispetto a se stesse -anche se i loro tempi di trasformazione occupano quelli di centinaia di generazioni umane.
Del resto, che tutto e' in perenne movimento, lo aveva osservato gia' 2500 anni fa uno dei primi filosofi greci, Eraclito, del quale si e' conservato quel superbo frammento, monumento di sintesi: PANTA REI - TUTTO SCORRE. E quando l'ho scoperto, io che il greco non l'ho studiato, mi ci sono affezionata, e lo serbo nel cuore -un conforto nel momento del bisogno.
E perche', poi, non avvicinarci per una volta, sia pure con timore e tremore, a cio' che abbiamo di piu' direttamente e personalmente esperibile di questo continuo monumento? Perche' non fermarci a osservare con serieta', dal punto di vista della meraviglia della trasformazione, il nostro corpo? Quando mai possiamo dire che il nostro corpo e' "fermo"? Mai e poi mai. Dal momento in cui assume la prima microscopica forma primordiale nel seno materno (o anche nella meno poetica provetta), e' tutto un continuo processo di trasformazione, e, a livello empirico, qui, non si puo' neppure parlare di "ciclicita'" e di "ritorni", come possiamo fare, per esempio, con gli astri.
Questo nostro corpo che procede nel cambiamento, plasmato e riplasmato mille e mille volte, mutando forma e colori fino, a volte, al punto doloroso di rendersi irriconoscibile ai nostri stessi occhi -se, come purtroppo spesso avviene, non li abbiamo addestrati a osservare in profondita' e a saper guardare il prodigio del mutamento in se', per chiederci, magari, se l'orizzonte in cui siamo inscritti non sia forse un po' più ampio di quello della nostra personale biografia.
E dunque: che cosa c'e' davvero di statico, cosa c'e' di ripetitivo, cosa c'e' di monotono nella vita reale?
O non sara' piuttosto che staticita' e ripetitività e monotonia sono un prodotto del nostro cervello umano? Un prodotto, si badi bene, che, a suo tempo e luogo, puo' essere stato necessario per conferire stabilita' e durevolezza alla specie, e che forse ancora mantiene una sua relativa necessita', ma che diventa controproducente, un vero e proprio boomerang distruttivo quando lo si voglia far diventare l'unica e assoluta realta', e si pretenda di cancellare, o anche solo di ignorare, la diversita', la mutevolezza, la mobilita', in una parola tutto cio' che non corrisponde al modello artificiale della fissita'. Perche' allora, davvero, e' una guerra continua contro la vita che scorre e fluisce sempre nuova e diversa.
E alla fine c'è da chiedersi se il principio generatore della guerra non sia proprio da ricercare nella paura e nel rifiuto dell'incessante moto e trasformazione che sembrano essere la legge fondamentale dell'universo a cui apparteniamo -la sua intima essenza.
 
 
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