testata ADUC
Fare memoria - istruzioni per l'uso
Scarica e stampa il PDF
La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
22 febbraio 2023 12:39
 
 Il 27 gennaio scorso, il giorno consacrato alla memoria di tutte le vittime dei lager nazisti, mi sono limitata a leggere e ad ascoltare quello che veniva scritto e detto, nonché a raccogliere su Internet del materiale sulle varie categorie di vittime della ferocia nazista.
Ho avuto, così, tempo e modo per fare una riflessione personale su che cosa possa significare seriamente “fare memoria”, e posso oggi rispondere che, per me, non è un semplice ricordarsi delle nefandezze passate, magari moltiplicando le ricorrenze.
Se si limitasse a questo, avrebbe mille volte ragione Liliana Segre quando, proprio in quei giorni di fine gennaio, ebbe a dire che, allorché non ci saranno più i testimoni diretti di quelle atrocità, testimoni che sono ormai quasi tutti ultranovantenni, la “memoria” si ridurrà a due righe sui libri di scuola e poi, dopo pochi anni, neppure più a quelle. Scomparirà e basta.
 
E invece NO. Ma a patto che chi la sente davvero importante la usi per rendersi consapevole che alcune ingiustizie che accadono oggi, accompagnate dall’ignavia di chi vi assiste e non protesta, non sono che l’anticamera di una tragedia, della persecuzione e messa a morte di un grande numero di persone, che non conosciamo neppure direttamente, ma che sono esattamente come noi, desiderose solo di vivere in modo dignitoso, di provvedere alla propria famiglia, di crescere i figli, di avere casa, lavoro, e, nel caso di immigrati, di avere cittadinanza piena nel Paese in cui vivono, contribuendo alla crescita materiale e morale di questo Paese, anche se loro vengono da molto lontano e hanno la pelle di un altro colore.
 
Vale la pena farsi risuonare nella mente e nel cuore questo forte pensiero di Primo Levi, molto citato, ma forse non abbastanza ascoltato davvero:
«Non iniziò con le camere a gas. Non iniziò con i forni crematori. Non iniziò con i campi di concentramento e di sterminio. Non iniziò con i 6 milioni di ebrei che persero la vita. E non iniziò nemmeno con gli altri 10 milioni di persone morte, tra polacchi, ucraini, bielorussi, russi, jugoslavi, rom, disabili, dissidenti politici, prigionieri di guerra, testimoni di Geova e omosessuali. Iniziò con i politici che dividevano le persone tra “noi” e “loro”. Iniziò con i discorsi di odio e di intolleranza, nelle piazze e attraverso i mezzi di comunicazione. Iniziò con promesse e propaganda, volte solo all’aumento del consenso. Iniziò con le leggi che distinguevano le persone in base alla “razza” e al colore della pelle. Iniziò con i bambini espulsi da scuola, perché figli di persone di un’altra religione. Iniziò con le persone private dei loro beni, dei loro affetti, delle loro case, della loro dignità. Iniziò con la schedatura degli intellettuali. Iniziò con la ghettizzazione e con la deportazione. Iniziò quando la gente smise di preoccuparsene, quando la gente divenne insensibile, obbediente e cieca, con la convinzione che tutto questo fosse “normale”».
 
Ecco, ruminiamolo nel nostro cervello e nel nostro cuore questo discorso; esso ci fornisce anche alcune informazioni preziose sui perseguitati dal regime nazista, che però, guarda caso, sono persone ancora prese di mira qui, in Italia: gli ebrei, perché l’antisemitismo pare sia addirittura in crescita nel nostro Bel Paese; i rom e i testimoni di Geova, sui quali gravano estesi pregiudizi in quasi tutti noi, o, quantomeno, diffidenza e disagio al solo vederli. E i disabili, verso i quali ancora sono parecchie le persone che provano un rifiuto paradossale, e che anche le istituzioni, invece di aiutarli a vivere meglio, li intralciano, lasciandoli in balia di barriere architettoniche di ogni tipo. E gli omosessuali – oggi LGBT+ -, contro i quali, nonostante leggi abbastanza accoglienti approvate in passato, si scatena ancora oggi una cieca violenza, come dimostrano episodi purtroppo ricorrenti nel nostro sempre Bel Paese!
 
Se riflettiamo seriamente su tutto ciò, ci accorgiamo come il “fare memoria” possa essere utile proprio nella nostra vita personale – in primo luogo come riflessione spassionata sui nostri pregiudizi, che non ci dobbiamo vergognare di scoprire e ammettere, perché solo facendo così possiamo cercare, sia pure faticosamente, di diventare più umani. E poi come espressione di vicinanza verso le persone eventualmente conosciute che sappiamo emarginate, e, in generale, come testimonianza del diritto di ciascuno di vivere la propria vita in tranquillità.
 
Prossimamente, dunque, mi soffermerò sui colori dei “triangoli” che nei lager nazisti contrassegnavano l’appartenenza degli internati alle varie categorie sopra citate: i triangoli rosa (omosessuali), quelli viola (testimoni di Geova e religiosi in genere, salvo i presbiteri polacchi), quelli marrone (rom, sinti) e rossi (prigionieri politici), neri (asociali, prostitute, senza fissa dimora, verdi (criminali comuni – i nazisti ci pescavano i kapò), blu (immigrati, apolidi, rifugiati all’estero della guerra di Spagna). Senza dimenticare, è logico, la stella gialla che indicava gli ebrei.
Non necessariamente in quest’ordine.
E con pause - per riprendere fiato e metabolizzare cose piuttosto dure che però, almeno a me, servono per crescere, e rendere più profonda la conoscenza di me stessa.
 
CHI PAGA ADUC
l’associazione non percepisce ed è contraria ai finanziamenti pubblici (anche il 5 per mille)
La sua forza economica sono iscrizioni e contributi donati da chi la ritiene utile

DONA ORA
 
 
LA PULCE NELL'ORECCHIO IN EVIDENZA
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS