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LA LEGGENDA DEL GRANDE INQUISITORE
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La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
15 giugno 2007 0:00
 
Alcuni mesi fa, un'amica mi fece vedere un bel mucchietto di fotocopie che aveva ricevuto alla messa domenicale celebrata da un prete che conosco piuttosto bene anch'io. Contenevano, quei fogli, degli stralci dalla leggenda del "Grande inquisitore" tratta dai Fratelli Karamazov di Dostoevskij.
La presentazione scritta da don Fabio diceva cosi': "Oggi, Festa di 'Cristo Re', ho pensato di offrire alla fine della Messa, una libera trascrizione del capitolo dei 'Fratelli Karamazov' di F. Dostojevskij, scritto nel 1880, intitolato 'Il Grande Inquisitore'. Io penso che sia una delle opere piu' belle della letteratura mondiale, sia il romanzo che quel capitolo, e credo che provochi un salutare turbamento in chiunque lo legga. Lo offro volentieri a chi lo desidera, perche' ha a che fare con l'omelia di oggi.
Anni addietro, piu' volte ho avuto occasione di citare questo capitolo nelle omelie e nelle nostre conversazioni e mi sono accorto che molti non lo conoscono.
[.]".

Questa segnalazione mi spinse a rileggere quel lungo, laborioso e appassionato brano anche nel contesto dell'opera, e da allora mi e' frullata nella mente l'idea di farne parte, nella versione integrale, a chi si affaccia a queste note perche' l'argomento del racconto mi pare attinente al momento storico che viviamo. L'unica cosa che mi ha trattenuto finora e' la lunghezza e la complessita' del brano. Per quanto riguarda la lunghezza non si puo' fare niente, ma per rendere piu' snelle le "tirate" più lunghe e compatte ho introdotto dei capoversi che iniziano con alcune parole in grassetto proprio per segnalare che quel capoverso non e' nell'originale. Per quanto riguarda la complessita', provo a dare alcune indicazioni per venirne a capo.
La leggenda del Grande inquisitore e' un racconto che si snoda in un modo un po' particolare. Esso prende forma durante un lungo colloquio fra Ivan e Alioscia, i due figli di secondo letto di Fiodor Karamazov. Al momento del lungo colloquio, di cui fa parte questa storia, i due fratelli stanno per separarsi, dopo essersi ritrovati per un breve istante dopo alcuni anni. Ivan ha 23 anni e non puo' credere in un Dio che fa soffrire e morire degli innocenti come sono i bambini, Alioscia ha 19 anni e rappresenta la persona che, invece, ha comunque fiducia nella bonta' di Dio, al quale si e' votato entrando in un monastero.
La leggenda e' un'idea di Ivan che vorrebbe scriverci sopra un poema. E' Ivan che comincia a parlare; la sua narrazione viene, a tratti, interrotta dalle domande del fratello, alle quali Ivan risponde facendo anche delle digressioni. Numerose sono le citazioni da altre opere e dal Nuovo Testamento, e in particolare si cita e si interpreta l'episodio dei quaranta giorni di Gesu' nel deserto tentato da Satana, nella versione di Matteo e Luca.

La lettura di questo testo puo' quindi presentare qualche difficolta' per l'intrecciarsi dei pensieri dei due fratelli e le suddette citazioni bibliche. Ma la sua profondita', la sua ampiezza di respiro, la sua acutezza di analisi psicologica arricchiscono certamente la mente e il cuore di chi lo legge -starei per dire lo medita- con attenzione.

Ecco dunque dai Fratelli Karamazov di Fiodor Dostoevskij, nell'edizione Garzanti, Milano, 1979, vol. I, pagg. 263 -282, senza indicazione del traduttore) la leggenda de

Il grande inquisitore

[.] La mia azione si svolge in Spagna, a Siviglia, al tempo piu' pauroso dell'inquisizione quando ogni giorno nel paese ardevano i roghi per la gloria di Dio e con grandiosi autodafe' si bruciavano gli eretici.
Oh, certo, non e' cosi' che Egli scendera', secondo la Sua promessa, alla fine dei tempi, in tutta la gloria celeste, improvviso 'come folgore che splende dall'Oriente all'Occidente'. No, Egli volle almeno per un istante visitare i Suoi figli proprio la' dove avevano cominciato a crepitar i roghi degli eretici. Nell'immensa Sua misericordia, Egli passa ancora una volta fra gli uomini in quel medesimo aspetto umano col quale era passato per tre anni in mezzo agli uomini quindici secoli addietro. Egli scende verso le "vie roventi" della citta' meridionale, in cui appunto la vigilia soltanto, in un 'grandioso autodafe'', alla presenza del re, della corte, dei cavalieri, dei cardinali e delle piu' leggiadre dame di corte, davanti a tutto il popolo di Siviglia, il cardinale grande inquisitore aveva fatto bruciare in una volta, ad majorem Dei gloriam, quasi un centinaio di eretici.

Egli e' comparso in silenzio, inavvertitamente, ma ecco -cosa strana- tutti Lo riconoscono. Spiegare perche' Lo riconoscano, potrebbe esser questo uno dei piu' bei passi del poema. Il popolo e' attratto verso di Lui da una forza irresistibile, Lo circonda, Gli cresce intorno, Lo segue. Egli passa in mezzo a loro silenzioso, con un dolce sorriso d'infinita compassione. Il sole dell'amore arde nel Suo cuore, i raggi della Luce, del Sapere e della Forza si sprigionano dai Suoi occhi e, inondando gli uomini, ne fanno tremare i cuori in una rispondenza d'amore. Egli tende loro le braccia, li benedice e dal contatto di Lui, e perfino dalle Sue vesti, emana una forza salutare. Ecco che un vecchio, cieco dall'infanzia, grida dalla folla: 'Signore, risanami, e io Ti vedro'', ed ecco che cade dai suoi occhi come una scaglia, e il cieco Lo vede. Il popolo piange e bacia la terra dove Egli passa. I bambini gettano fiori dinanzi a Lui, cantano e Lo acclamano: 'Osanna!'. 'E' Lui, e' Lui', ripetono tutti, 'dev'essere Lui, non puo' esser che Lui'. Egli si ferma sul sacrato della cattedrale di Siviglia nel preciso momento in cui portano nel tempio, fra i pianti, una candida bara infantile aperta: c'e' dentro una bambina di sette anni, unica figlia di un insigne cittadino. La bimba morta e' tutta coperta di fiori. 'Egli risuscitera' la tua bambina', gridano dalla folla alla madre piangente. Il prete della cattedrale uscito incontro alla bara guarda perplesso e aggrotta le sopracciglia. Ma ecco risonare a un tratto il grido della madre della bambina morta. Essa si getta ai Suoi piedi: 'Se sei Tu, risuscita la mia creatura!', esclama, tendendo le braccia verso di Lui. Il corteo si ferma, la bara e' deposta sul sacrato ai Suoi piedi. Egli la guarda con pieta' e le Sue labbra pronunziano piano ancora una volta: 'Talitha kum', "e la fanciulla si levo''. La bambina si solleva nella bara, si siede e guarda intorno sorridendo con gli occhietti sgranati, pieni di stupore. Ha nelle mani il mazzo di rose bianche col quale era distesa nella bara.

Il popolo si agita, grida, singhiozza; ed ecco in questo stesso momento passare accanto alla cattedrale, sulla piazza, il cardinale grande inquisitore in persona. E' un vecchio quasi novantenne, alto e diritto, dal viso scarno, dagli occhi infossati, ma nei quali, come una scintilla di fuoco, splende ancora una luce. Oh, egli non ha piu' la sontuosa veste cardinalizia di cui faceva pompa ieri davanti al popolo, mentre si bruciavano i nemici della fede di Roma: no, egli non indossa in questo momento che il suo vecchio e rozzo saio monastico. Lo seguono a una certa distanza i suoi tetri aiutanti, i servi e la 'sacra' guardia. Si ferma dinanzi alla folla e osserva da lontano.

Ha visto tutto, ha visto deporre la bara ai piedi di Lui, ha visto la bambina risuscitare, e il suo viso si e' abbuiato. Aggrotta le sue folte sopracciglia bianche e il suo sguardo brilla di una luce sinistra. Egli allunga un dito e ordina alle sue guardie di afferrarlo. E tanta e' la sua forza e a tal punto il popolo e' docile, sottomesso e pavidamente ubbidiente, che la folla subito si apre davanti alle guardie e queste, in mezzo al silenzio di tomba che si e' fatto di colpo, mettono le mani su Lui e Lo conducono via. Per un istante tutta la folla, come un solo uomo, si curva fino a terra davanti al vecchio inquisitore; questi benedice il popolo in silenzio e passa oltre. Le guardie conducono il Prigioniero sotto le volte di un angusto e cupo carcere nel vecchio edificio del Santo Uffizio e ve Lo rinchiudono. Passa il giorno, sopravviene la scura, calda, 'afosa' notte di Siviglia. L'aria 'odora di lauri e di limoni'. In mezzo alla tenebra profonda si apre a un tratto la ferrea porta del carcere, e il grande inquisitore in persona con una fiaccola in mano lentamente si avvicina alla prigione. E' solo, la porta si richiude subito alle sue spalle. Egli si ferma sulla soglia e considera a lungo, per uno o due minuti, il volto di Lui. Infine si accosta in silenzio, posa la fiaccola sulla tavola e Gli dice:
-'Sei Tu, sei Tu?'- Ma, non ricevendo risposta, aggiunge rapidamente: - 'Non rispondere, taci. E che potresti dire? So troppo bene quel che puoi dire. Del resto, non hai il diritto di aggiunger nulla a quello che Tu gia' dicesti una volta. Perche' sei venuto a disturbarci? Sei infatti venuto a disturbarci, lo sai anche Tu. Ma sai che cosa succedera' domani? Io non so chi Tu sia, e non voglio sapere se Tu sia Lui o soltanto una Sua apparenza, ma domani stesso io Ti condannero' e Ti faro' ardere sul rogo, come il peggiore degli eretici, e quello stesso popolo che oggi baciava i Tuoi piedi si slancera' domani, a un mio cenno, ad attizzare il Tuo rogo, lo sai? Si', forse Tu lo sai', -aggiunse, profondamente pensoso, senza staccare per un attimo lo sguardo dal suo Prigioniero.
-Io non comprendo bene Ivan, che voglia dir questo -sorrise Alioscia, che aveva sempre ascoltato in silenzio; -e' semplicemente una fantasia delirante, o un errore del vecchio, un assurdo qui pro quo?
-Ammetti pure quest'ultima ipotesi, -scoppio' a ridere Ivan, -se il realismo contemporaneo ti ha gia' tanto guastato che tu non possa tollerare nulla di fantastico; vuoi che sia un qui pro quo? E sia pure! E' vero, -e torno' a ridere, -il vecchio ha novant'anni e da un pezzo la sua idea poteva averlo fatto impazzire. Egli poteva essere stato colpito dall'aspetto esteriore del Prigioniero. Poteva infine essere un semplice delirio, la visione di un vecchio novantenne sulla soglia della morte, sovreccitato per giunta dall'autodafe' dei cento eretici bruciati la vigilia. Ma qui pro quo o fantasia troppo sfrenata, non e' lo stesso per noi? L'importante qui e' solo che il vecchio deve infine manifestare il proprio pensiero e lo manifesta e dice ad alta voce cio' che per novant'anni ha taciuto.
-E il Prigioniero rimane zitto? Lo guarda e non dice nemmeno una parola?
-Ma e' cosi' che deve essere, in ogni caso, -rise nuovamente Ivan. -Il vecchio stesso Gli osserva che Egli non ha il diritto di aggiunger nulla a quanto gia' fu detto. C'e' appunto qui, se vuoi, il tratto piu' fondamentale del cattolicesimo romano, come a dire. 'Tutto e' stato da Te trasmesso al papa, tutto quindi e' ora nelle mani del papa, e Tu non venirci a disturbare, quanto meno prima del tempo'. In questo senso non solo parlano, ma anche scrivono i cattolici, i gesuiti almeno. L'ho letto io stesso nelle opere dei loro teologi. 'Hai Tu il diritto di rivelarci anche un solo segreto del mondo da cui sei venuto?'. -Gli domanda il mio vecchio e risponde egli stesso per Lui: -'No, Tu non l'hai, se non vuoi aggiungere qualcosa a quello che gia' fu detto e togliere agli uomini quella liberta' che tanto difendesti quando eri sulla terra. Tutto cio' che di nuovo Tu ci rivelassi attenterebbe alla liberta' della fede umana, giacche' apparirebbe come un miracolo, mentre la liberta' della fede gia' allora, millecinquecent'anni or sono, Ti era piu' cara di tutto. Non dicevi Tu allora spesso: 'Voglio rendervi liberi?'. Ebbene, adesso Tu li ha veduti, questi uomini 'liberi', -aggiunge il vecchio con un pensoso sorriso. -Si', questa faccenda ci e' costata cara, -continua, guardandolo severo, -ma noi l'abbiamo finalmente condotta a termine, in nome Tuo. Per quindici secoli ci siamo tormentati con questa liberta', ma adesso l'opera e' compiuta e saldamente compiuta. Non credi che sia saldamente compiuta? Tu mi guardi con dolcezza e non mi degni neppure della Tua indignazione? Ma sappi che adesso, proprio oggi, questi uomini sono piu' che mai convinti di essere perfettamente liberi, e tuttavia ci hanno essi stessi recato la propria liberta', e l'hanno deposta umilmente ai nostri piedi. Questo siamo stati noi ad ottenerlo, ma e' questo che Tu desideravi, e' una simile liberta'?'.
-Io torno a non comprendere, -interruppe Alioscia, -egli fa dell'ironia, scherza?
-Niente affatto. Egli fa un merito a se' ed ai suoi precisamente di avere infine soppresso la liberta' e di averlo fatto per rendere felici gli uomini. 'Ora infatti per la prima volta (egli parla, naturalmente, dell'inquisizione) e' diventato possibile pensare alla felicita' umana. L'uomo fu creato ribelle; possono forse dei ribelli essere felici? Tu eri stato avvertito, -Gli dice, -avvertimenti e consigli non Ti erano mancati, ma Tu non ascoltasti gli avvertimenti. Tu ricusasti l'unica via per la quale si potevano render felici gli uomini, ma per fortuna, andandotene, rimettesti la cosa nelle nostre mani. Tu ci hai promesso, Tu ci hai con la Tua parola confermato, Tu ci hai dato il diritto di legare e di slegare, e certo non puoi ora nemmeno pensare a ritoglierci questo diritto. Perche' dunque sei venuto a disturbarci?'.
- Ma che cosa significa: 'Non Ti sono mancati avvertimenti e consigli?' -domando' Alioscia.
-Ma qui appunto sta l'essenza di cio' che il vecchio deve esprimere. 'Lo spirito intelligente e terribile, lo spirito dell'autodistruzione e del non essere, -continua il vecchio, -il grande spirito. Ti parlo' nel deserto, e nei libri ci e' riferito come egli Ti avesse 'tentato'. Non e' cosi'? Ma si poteva mai dire qualcosa di piu' vero di quanto egli Ti rivelo' nelle tre domande che Tu respingesti e che nei libri sono dette 'tentazioni'?

Tuttavia, se mai ci fu sulla terra un vero e clamoroso miracolo, fu in quel giorno, nel giorno di quelle tre tentazioni. Precisamente nella formulazione di quelle tre domande era racchiuso il miracolo. Se si potesse, soltanto a mo' di esempio e di ipotesi, immaginare che quelle tre domande dello spirito terribile fossero scomparse dai libri senza lasciare traccia e che occorresse ricostruirle, pensarle e formularle di nuovo, per rimetterle nei libri, e se per questo si riunissero tutti i sapienti della terra -governanti, prelati, dotti, filosofi, poeti, -e si assegnasse loro questo compito: immaginate, formulate tre domande tali da corrispondere all'importanza dell'evento non solo, ma da esprimere per giunta in tre parole, in tre proposizioni umane, tutta la futura storia del mondo e dell'umanita', -ebbene, credi Tu che tutta la sapienza della terra, insieme raccolta, potrebbe concepire qualcosa di simile per forza e profondita' a quelle tre domande che Ti furono allora rivolte nel deserto dallo spirito intelligente e possente?

Gia' solo da quelle domande e dal prodigio della loro formulazione si puo' capire che si ha da fare non con lo spirito umano transitorio, ma con quello eterno ed assoluto. In quelle tre domande infatti e' come compendiata e predetta tutta la storia ulteriore dell'umanita', sono dati i tre archetipi in cui si concreteranno tutte le insolubili, contraddizioni storiche dell'umana natura su tutta la terra. Questo non poteva ancora, a quel tempo, essere cosi' chiaro, poiche' l'avvenire era ignoto, ma adesso, passati quindici secoli, noi vediamo che in quelle tre domande tutto era stato a tal segno divinato e predetto e che tutto si e' a tal segno avverato, che non e' piu' possibile aggiungervi o toglierne alcunche'. Decidi Tu stesso chi avesse ragione, se Tu o colui che allora T'interrogava.

Ricordati la prima domanda: se non la lettera il senso era questo: 'Tu vuoi andare e vai al mondo con le mani vuote, con non so quale promessa di una liberta' che gli uomini, nella semplicita' e nella innata intemperanza loro, non possono neppur concepire, che essi temono e fuggono, giacche' nulla mai e' stato per l'uomo e per la societa' umana piu' intollerabile della liberta'! Vedi Tu invece queste pietre in questo nudo e infocato deserto? Mutale in pani e l'umanita' sorgera' dietro a Te come un riconoscente e docile gregge, con l'eterna paura di vederti ritirare la Tua mano, e di rimanere senza i Tuoi pani". Ma Tu non volesti privar l'uomo della liberta' e respingesti l'invito, perche', cosi' ragionasti, che liberta' puo' mai esserci, se la ubbidienza e' comprata coi pani? Tu obiettasti che l'uomo non vive di solo pane, ma sai Tu che nel nome di questo stesso pane terreno, insorgera' contro di Te lo spirito della terra e lottera' con Te e Ti vincera', e tutti lo seguiranno, esclamando: 'Chi e' comparabile, a questa bestia? Essa ci ha dato il fuoco del cielo!'.

Sai Tu che passeranno i secoli e l'umanita' proclamera' per bocca della sua sapienza e della sua scienza che non esiste il delitto, e quindi nemmeno il peccato, ma che ci sono soltanto degli affamati? 'Nutrili e poi chiedi loro la virtu'!', ecco quello che scriveranno sulla bandiera che si levera' contro di Te e che abbattera' il Tuo tempio. Al posto del Tuo tempio sorgera' un nuovo edificio, sorgera' una nuova spaventosa torre di Babele, e, quand'anche essa restasse, come la prima, incompiuta, Tu avresti pero' potuto evitare questa nuova torre e abbreviare di mille anni le sofferenze degli uomini, giacche' essi verranno a noi, dopo essersi arrovellati per mille anni intorno alla loro torre! Essi torneranno allora a cercarci sotto terra, nelle catacombe, dove ci nasconderemo (perche' saremo di nuovi perseguitati e torturati), ci troveranno e ci grideranno: 'Nutriteci, perche' quelli che ci avevano promesso il fuoco del cielo non ce l'han dato". E allora saremo noi a ultimare la loro torre, giacche' la ultimera' chi li sfamera' e noi soli li sfameremo, in nome Tuo, facendo credere di farlo in nome Tuo. Oh, mai, mai essi potrebbero sfamarsi senza di noi! Nessuna scienza dara' loro il pane, finche' rimarranno liberi, ma essi finiranno per deporre la loro liberta' ai nostri piedi e per dirci: "Riduceteci piuttosto in schiavitu' ma sfamateci!'.

Comprenderanno infine essi stessi che liberta' e pane terreno a discrezione per tutti sono fra loro inconciliabili, giacche' mai, mai essi sapranno ripartirlo fra loro! Si convinceranno pure che non potranno mai nemmeno esser liberi, perche' sono deboli, viziosi, inetti e ribelli. Tu promettevi loro il pane celeste, ma, lo ripeto ancora, puo' esso, agli occhi della debole razza umana, eternamente viziosa ed eternamente abietta, paragonarsi a quello terreno? E se migliaia e diecine di migliaia di esseri Ti seguiranno in nome del pane celeste, che sara' dei milioni e dei miliardi di esseri che non avranno la forza di posporre il pane terreno a quello celeste? O forse Ti sono care soltanto le diecine di migliaia di uomini grandi e forti, mentre i restanti milioni, numerosi come la sabbia del mare, di esseri deboli, che pero' Ti amano, non devono servire che da materiale per i grandi e per i forti? No, a noi sono cari anche i deboli. Essi sono viziosi e ribelli, ma finiranno per diventar docili. Essi ci ammireranno e ci terranno in conto di dei per avere acconsentito, mettendoci alla loro testa, ad assumerci il carico di quella liberta' che li aveva sbigottiti e a dominare su loro, tanta paura avranno infine di esser liberi! Ma noi diremo che obbediamo a Te e che dominiamo in nome Tuo. Li inganneremo di nuovo, perche' allora non Ti lasceremo piu' avvicinare a noi. E in quest'inganno stara' la nostra sofferenza, poiche' saremo costretti a mentire.

Ecco cio' che significa quella domanda che Ti fu fatta nel deserto, ed ecco cio' che Tu ricusasti in nome della liberta', da Te collocata piu' in alto di tutto. In quella domanda tuttavia si racchiudeva un grande segreto di questo mondo.

Acconsentendo al miracolo dei pani, Tu avresti dato una risposta all'universale ed eterna ansia umana, dell'uomo singolo come dell'intera umanita': 'Davanti a chi inchinarsi?'. Non c'e' per l'uomo rimasto libero piu' assidua e piu' tormentosa cura di quella di cercare un essere dinanzi a cui inchinarsi. Ma l'uomo cerca di inchinarsi a cio' che gia' e' incontestabile, tanto incontestabile, che tutti gli uomini ad un tempo siano disposti a venerarlo universalmente. Perche' la preoccupazione di queste misere creature non e' soltanto di trovare un essere a cui questo o quell'uomo si inchini, ma di trovarne uno tale che tutti credano in lui e lo adorino, e precisamente tutti insieme. E questo bisogno di comunione nell'adorazione e' anche il piu' grande tormento di ogni singolo, come dell'intera umanita', fin dal principio dei secoli. E' per ottenere quest'adorazione universale che si sono con la spada sterminati a vicenda. Essi hanno creato degli dei e si sono sfidati l'un l'altro: 'Abbandonate i vostri dei e venite ad adorare i nostri, se no guai a voi e ai vostri dei!'. E cosi' sara' fino alla fine del mondo, anche quando gli dei saranno scomparsi dalla terra: non importa, cadranno allora in ginocchio davanti agli idoli.

Tu conoscevi, Tu non potevi non conoscere questo fondamentale segreto della natura umana, ma Tu rifiutasti l'unica irrefragabile bandiera che Ti si offrisse per indurre tutti a inchinarsi senza discussione dinanzi a Te; la bandiera del pane terreno, e la rifiutasti in nome della liberta' e del pane celeste. Guarda poi quel che hai fatto in seguito. E sempre in nome della liberta'! Io Ti dico che non c'e' per l'uomo pensiero piu' angoscioso che quello di trovare al piu' presto a chi rimettere il dono della liberta' con cui nasce questa infelice creatura. Ma dispone della liberta' degli uomini solo chi ne acqueta la coscienza. Col pane Ti si dava una bandiera indiscutibile: l'uomo si inchina a chi gli da' il pane, giacche' nulla e' piu' indiscutibile del pane; ma, se qualcun altro accanto a Te si impadronira' nello stesso tempo della sua coscienza, oh, allora egli buttera' via anche il Tuo pane e seguira' colui che avra' lusingato la sua coscienza. In questo Tu avevi ragione. Il segreto dell'esistenza umana infatti non sta soltanto nel vivere, ma in cio' per cui si vive. Senza un concetto sicuro del fine per cui deve vivere, l'uomo non acconsentira' a vivere e si sopprimera' piuttosto che restare sulla terra, anche se intorno a lui non ci fossero che pani. Questo e' giusto, ma che cosa e' avvenuto? Invece di impadronirti della liberta' degli uomini. Tu l'hai ancora accresciuta! Avevi forse dimenticato che la tranquillita' e perfino la morte e' all'uomo piu' cara della libera scelta fra il bene ed il male?

Nulla e' per l'uomo piu' seducente che la liberta' della sua coscienza, ma nulla anche e' piu' tormentoso. Ed ecco che, in luogo di saldi principi, per acquetare la coscienza umana una volta per sempre, Tu hai scelto tutto quello che c'e' di piu' inconsueto, enigmatico e impreciso, hai scelto tutto quello che superava le forze degli uomini, e hai percio' agito come se Tu non li amassi per nulla, e chi mai ha fatto questo? Colui che era venuto a dare per essi la Sua vita! Invece d'impadronirti della liberta' umana, Tu l'hai moltiplicata e hai per sempre gravato col peso dei suoi tormenti la vita morale dell'uomo. Tu volesti il libero amore dell'uomo, perche' Ti seguisse liberamente, attratto e conquistato da Te. In luogo di seguire la salda legge antica, l'uomo doveva per l'avvenire decidere da se' liberamente, che cosa fosse bene che cosa fosse male, avendo dinanzi come guida la sola Tua immagine; ma non avevi Tu pensato che, se lo si fosse oppresso con un cosi' terribile fardello come la liberta' di scelta, egli avrebbe finito per respingere e contestare perfino la Tua immagine e la Tua verita'? Essi esclameranno, alla fine, che la verita' non e' in Te, perche' era impossibile abbandonarli fra ansie ed angosce maggiori di come Tu facesti, lasciando loro tante inquietudini e tanti insolubili problemi. In tal modo preparasti Tu stesso la rovina del Tuo regno, e non darne piu' la colpa a nessuno. Ma e' questo intanto che Ti offriva?

Ci sono sulla terra tre forze, tre sole forze capaci di vincere e conquistare per sempre la coscienza di questi deboli ribelli, per la felicita' loro; queste forze sono: il miracolo, il mistero e l'autorita'. Tu respingesti la prima, la seconda e la terza e desti cosi' l'esempio. Lo spirito sapiente e terribile. Ti aveva posto sul culmine del tempio e Ti aveva detto: 'Se vuoi sapere se Tu sei Figlio di Dio, gettati in basso, poiche' di Lui e' detto che gli angeli Lo sosterranno e Lo porteranno, ed Egli non cadra' e non si fara' alcun male, e saprai allora se Tu sei il Figlio di Dio e proverai allora quale sia la Tua fede nel Padre Tuo'; ma Tu, udito cio', respingesti l'offerta, non Ti lasciasti convincere e non Ti gettasti giu'. Oh, certo, Tu agisti allora con una magnifica fierezza, come Iddio, ma gli uomini, questa debole razza di ribelli, sono essi forse dei? Oh, Tu comprendesti allora che, facendo un solo passo, un solo movimento per gettarti giu', avresti senz'altro tentato il Signore e perduto ogni fede in Lui, e Ti saresti sfracellato sulla terra che eri venuto a salvare, e si sarebbe rallegrato lo spirito sagace che Ti aveva tentato. Ma, ripeto, ce ne sono forse molti come Te? E in verita' potevi Tu ammettere, non fosse che per un momento, che anche gli uomini avessero la forza di resistere a una simile tentazione? E' forse fatta la natura umana per respingere il miracolo e, in cosi' terribili momenti della vita, di fronte ai piu' terribili, fondamentali e angosciosi problemi dell'anima, rimettersi unicamente alla libera decisione del cuore?

Oh, Tu sapevi che la Tua azione si sarebbe tramandata nei libri, avrebbe raggiunto la profondita' dei tempi e gli ultimi confini della terra, e sperasti che, seguendo Te, anche l'uomo si sarebbe accontentato di Dio, senza bisogno di miracoli. Ma Tu non sapevi che, non appena l'uomo avesse ripudiato il miracolo, avrebbe subito ripudiato anche Dio, perche' l'uomo cerca non tanto Dio quanto i miracoli. E siccome l'uomo non ha la forza di rinunziare al miracolo, cosi' si creera' dei nuovi miracoli, suoi propri, e si inchinera' al prodigio di un mago, ai sortilegi di una fattucchiera, foss'egli anche cento volte ribelle, eretico ed ateo. Tu non scendesti dalla croce quando Ti si gridava, deridendoti e schernendoti: "Discendi dalla croce e crederemo che sei Tu". Tu non scendesti, perche' una volta di piu' non volesti asservire l'uomo col miracolo, e avevi sete di fede libera, non fondata sul prodigio.

Avevi sete di un amore libero, e non dei servili entusiasmi dello schiavo davanti alla potenza che l'ha per sempre riempito di terrore. Ma anche qui Tu giudicavi troppo altamente degli uomini, giacche', per quanto creati ribelli, essi sono certo degli schiavi. Vedi e giudica, son passati quindici secoli, guardali: chi hai Tu innalzato fino a Te? Ti giuro, l'uomo e' stato creato piu' debole e piu' vile che Tu non credessi! Puo' egli forse compiere quel che puoi compiere Tu? Stimandolo tanto, Tu agisti come se avessi cessato di averne pieta', perche' troppo pretendesti da lui, e chi ha fatto questo? Colui che lo amava piu' di se stesso! Stimandolo meno, avresti anche meno preteso da lui, e questo sarebbe stato piu' vicino all'amore, perche' piu' leggera sarebbe stata la sua soma. Egli e' debole e vile. Che importa che egli adesso si sollevi dappertutto contro la nostra autorita' e si inorgoglisca della sua rivolta? E' l'orgoglio del bambino e dello scolaretto. Sono i piccoli bimbi che si sono ribellati in classe e hanno cacciato il maestro. Ma anche l'esaltazione dei ragazzetti avra' fine e costera' loro cara. Essi abbatteranno i templi e inonderanno di sangue la terra. Ma si avvedranno infine, gli sciocchi fanciulli, di essere bensi' dei ribelli, ma dei ribelli deboli e incapaci di sopportare la propria rivolta. Versando le loro stupide lacrime, riconosceranno infine che chi li creo' ribelli se ne voleva senza dubbio burlare. Essi lo diranno nella disperazione, e le loro parole saranno una bestemmia che li rendera' anche piu' infelici, perche' la natura umana non sopporta la bestemmia e alla fin fine se ne vendica sempre da se'. Inquietudine dunque, tumulto e infelicita': ecco l'odierna sorte degli uomini, dopo che Tu tanto patisti per la loro liberta'! Il Tuo grande profeta dice nella sua visione e nella sua parabola di aver visto tutti i partecipi della prima resurrezione e che ce n'erano dodicimila per ciascuna tribu'. Ma se erano tanti, vuol dire che quelli erano piu' dei che uomini. Essi sopportarono la Tua croce, essi sopportarono diecine d'anni di vita famelica nel nudo deserto, cibandosi di cavallette e di radici; e certo Tu puoi appellarti con orgoglio a questi eroi della liberta', dell'amore libero, del libero e magnifico sacrificio da essi compiuto in nome Tuo. Ma ricordati che erano in tutto appena alcune migliaia, ed erano per giunta degli dei, ma i rimanenti?

E che colpa hanno gli altri, gli uomini deboli, di non aver potuto sopportare cio' che i forti poterono? Che colpa ha l'anima debole, se non ha la forza di accogliere cosi' terribili doni? Possibile che Tu sia venuto davvero solo agli eletti e per gli eletti? Ma se e' cosi', c'e' qui un mistero e noi non possiamo comprenderlo. E se c'e' un mistero, anche noi avevamo il diritto di predicarlo e di insegnare agli uomini che non e' la libera decisione dei loro cuori quello che importa, ne' l'amore, ma un mistero, a cui essi debbono ciecamente inchinarsi, anche contro la loro coscienza. E cosi' abbiamo fatto. Abbiamo corretto l'opera Tua e l'abbiamo fondata sul miracolo, sul mistero e sull'autorita'. E gli uomini si sono rallegrati di essere nuovamente condotti come un gregge e di vedersi infine tolto dal cuore un dono cosi' terribile, che aveva loro procurato tanti tormenti. Avevamo noi ragione d'insegnare e di agire cosi'? Parla! Forse che non amavamo l'umanita', riconoscendone cosi' umilmente l'impotenza, alleggerendo con amore il suo fardello e concedendo alla sua debole natura magari anche di peccare, ma pero' col nostro consenso? Perche' mi guardi in silenzio coi tuoi miti occhi penetranti? Va' in collera, io non voglio il Tuo amore, perche' io stesso non Ti amo. E che cosa dovrei nasconderti? Non so forse con chi parlo? Tutto cio' che ho da dirti, gia' Ti e' noto, lo leggo nei Tuoi occhi.

E dovrei io nasconderti il nostro segreto? Forse Tu vuoi proprio udirlo dalle mie labbra, ascolta dunque: noi non siamo con Te, ma con lui, ecco il nostro segreto! Da lungo tempo non siamo piu' con Te, ma con lui, sono ormai otto secoli. Sono esattamente otto secoli che accettammo da lui cio' che Tu avevi rifiutato con sdegno, quell'ultimo dono ch'egli Ti offriva, mostrandoti tutti i regni della terra: noi accettammo da lui Roma e la spada di Cesare e ci proclamammo re della terra, gli unici re, sebbene non abbiamo ancora avuto il tempo di compiere interamente l'opera nostra. Ma di chi la colpa? Oh, quest'opera e' finora soltanto agli inizi, ma e' cominciata! Ancora a lungo si dovra' attenderne il compimento e molto ancora soffrira' la terra, ma noi raggiungeremo la meta, saremo Cesari, e allora penseremo all'universale felicita' degli uomini.

Tu pero' gia' allora avresti potuto accettare la spada di Cesare. Perche' ricusasti quest'ultimo dono? Accogliendo questo terzo consiglio dello spirito possente, Tu avresti compiuto tutto cio' che l'uomo cerca sulla terra, e cioe': a chi inchinarsi, a chi affidare la propria coscienza e in qual modo, infine, unirsi tutti in un formicaio indiscutibilmente comune e concorde, giacche' il bisogno di unione universale e' il terzo e l'ultimo tormento degli uomini. Sempre l'umanita' miro' nel suo insieme ad organizzarsi universalmente. Molti furono i grandi popoli con una grande storia, ma quanto piu' elevati erano quei popoli, tanto piu' erano infelici, perche' piu' fortemente degli altri sentivano il bisogno dell'unione universale degli uomini. I grandi conquistatori, i Timur e i Gengis-Chan, passarono come un turbine sulla terra, cercando di conquistare l'universo, ma anche essi, per quanto inconsapevolmente, espressero quello stesso potente bisogno umano di unione mondiale ed universale.

Accettando il mondo e la porpora di Cesare, Tu avresti fondato il regno universale e dato la pace universale. Chi mai infatti deve dominare gli uomini, se non quelli che dominano la loro coscienza e nelle cui mani e' il loro pane? E noi abbiamo preso la spada di Cesare, ma naturalmente, prendendola, ripudiammo Te e andammo dietro a lui. Oh, passeranno ancora secoli di orgia del libero pensiero, di umana scienza e di antropofagia, perche', avendo cominciato a costruire la loro torre di Babele senza di noi, e' con l'antropofagia che termineranno. Ma proprio allora la bestia striscera' verso di noi e lecchera' i nostri piedi e li spruzzera' con le lacrime di sangue dei suoi occhi. E noi ci assideremo sulla bestia e leveremo in alto una coppa su cui sara' scritto 'Mistero!'. Ma allora soltanto, e allora spuntera' per gli uomini il regno della pace e della felicita'. Tu sei fiero dei Tuoi eletti, ma Tu non hai che eletti, mentre noi daremo la pace a tutti. D'altra parte, c'e' anche questo: quanti di quegli eletti, e di quei forti che avrebbero potuto diventarlo, si sono infine stancati di attenderli, e hanno portato e ancora porteranno su altri campi le forze del loro spirito e la fiamma del loro cuore, e finiranno anche per sollevare contro di te la loro libera bandiera! Ma questa bandiera l'innalzasti Tu stesso. Con noi invece tutti saranno felici e piu' non si rivolteranno, ne' si stermineranno fra loro, come facevano dappertutto nella Tua liberta'.

Oh, noi li persuaderemo che allora soltanto essi saranno liberi, quando rinunzieranno alla liberta' loro in favore nostro e si sottometteranno a noi. Ebbene, avremo ragione, perche' ricorderanno a quali orrori di servitu' e di turbolenza li conducesse la Tua liberta'. La liberta', il libero pensiero e la scienza li condurranno in tali labirinti e li porranno davanti a tali portenti e misteri insolubili, che di essi gli uni, ribelli e furiosi, si distruggeranno da se', gli altri, ribelli ma deboli si distruggeranno fra loro, mentre i rimanenti, imbelli e infelici, si trascineranno ai nostri piedi e ci grideranno: 'Si', voi avevate ragione, voi soli possedevate il Suo segreto e noi torniamo a voi, salvateci da noi medesimi'. Ricevendo i pani da noi, certo vedranno chiaramente che prendiamo i loro stessi pani, guadagnati dalle loro stesse braccia, per distribuirli fra essi, senza miracolo alcuno, vedranno che noi non abbiamo mutato in pani le pietre, ma in verita', piu' che del pane stesso, saranno lieti di riceverlo dalle nostre mani! Giacche' troppo bene ricorderanno che prima, senza di noi, gli stessi pani da essi guadagnati si mutavano nelle loro mani in pietre, mentre, dopo il ritorno a noi, le pietre medesime si sono mutate nelle mani loro in pani.

Troppo, troppo apprezzeranno quel che significa sottomettersi una volta per sempre! E finche' gli uomini non capiranno questo, saranno infelici. Ma chi piu' di tutti, dimmi, ha favorito questa incomprensione? Chi ha diviso il gregge e l'ha disperso per vie sconosciute? Ma il gregge tornera' a raccogliersi, tornera' a sottomettersi, e questa volta per sempre. Allora noi daremo loro la tranquilla, umile felicita' degli esseri deboli, quali essi furono creati. Oh, noi li persuaderemo infine a non inorgoglirsi, che' Tu li innalzasti e in tal modo insegnasti loro a inorgoglirsi: proveremo loro che sono deboli, che sono soltanto dei poveri bimbi, ma che la felicita' infantile e' la piu' dolce di tutte. Essi diverranno mansueti, guarderanno a noi e a noi si stringeranno, nella paura, come i pulcini alla chioccia.

Ci ammireranno e avranno paura di noi, e saranno fieri che noi siamo cosi' potenti e cosi' intelligenti da aver potuto pacificare un cosi' tumultuoso e innumere gregge. Temeranno la nostra collera, i loro spiriti si faranno timidi, i loro occhi lacrimosi, come quelli dei bambini e delle donne, ma altrettanto facilmente passeranno, a un nostro cenno, all'allegrezza, ed al riso, alla gioia luminosa ed alle felici canzoni infantili. Certo li obbligheremo a lavorare, ma nelle ore libere dal lavoro organizzeremo la loro vita come un giuoco infantile con canti e cori e danze innocenti. Oh, noi consentiremo loro anche il peccato, perche' sono deboli e inetti, ed essi ci ameranno come bambini, perche' permetteremo loro di peccare. Diremo che ogni peccato, se commesso col nostro consenso, sara' riscattato, che permettiamo loro di peccare perche' li amiamo e che, in quanto al castigo per tali peccati, lo prenderemo su di noi. Cosi' faremo, ed essi ci adoreranno come benefattori che si saranno gravati coi loro peccati dinanzi a Dio. E per noi non avranno segreti.

Permetteremo o vieteremo loro di vivere con le proprie mogli ed amanti, di avere o di non avere figli, - sempre giudicando in base alla loro ubbidienza, - ed essi s'inchineranno con allegrezza e con gioia. Tutti, tutti i piu' tormentosi segreti della loro coscienza, li porteranno a noi, e noi risolveremo ogni caso, ed essi avranno nella nostra decisione una fede gioiosa, perche' li liberera' dal grave fastidio e dal terribile tormento odierno di dovere personalmente e liberamente decidere. E tutti saranno felici, milioni di esseri, salvo un centinaio di migliaia di condottieri. Giacche' noi soli, noi che custodiremo il segreto, noi soli saremo infelici. Ci saranno miliardi di pargoli felici e centomila martiri che avranno preso su di se' la maledizione di discernere il bene dal male.

Essi morranno in pace, in pace si spegneranno nel nome Tuo e oltre la tomba non troveranno che la morte. Ma noi conserveremo il segreto e li lusingheremo, per la loro felicita', con una ricompensa celeste ed eterna. Infatti, quand'anche in quell'altro mondo ci fosse qualcosa, non sarebbe certo per esseri simili. Si dice e si profetizza che Tu verrai e vincerai di nuovo, che verrai coi Tuoi eletti, superbi e possenti, ma noi diremo che essi hanno salvato solamente se stessi, mentre noi abbiamo salvato tutti. Si dice che la meretrice seduta sulla bestia, con la coppa del mistero nelle mani, sara' svergognata, che i deboli torneranno a rivoltarsi, strapperanno la sua porpora e denuderanno il suo corpo "impuro". Ma io allora mi alzero' e Ti additero' i mille milioni di bimbi felici, che non conobbero il peccato. E noi, che ci siamo caricati dei loro peccati, per la felicita' loro, noi sorgeremo dinanzi a Te e diremo: 'Giudicaci, se puoi e se osi'. Sappi che io non Ti temo. Sappi che anch'io fui nel deserto, che anch'io mi nutrivo di cavallette e di radici, che anch'io benedicevo la liberta' di cui Tu letificasti gli uomini, che anch'io mi ero preparato ad entrare nel numero dei Tuoi eletti, nel numero dei potenti e dei forti, con la brama di 'completare il numero'. Ma mi ricredetti e non volli servire la causa della follia. Tornai indietro e mi unii alla schiera di quelli che hanno corretto l'opera Tua. Lasciai gli orgogliosi e tornai agli umili per la felicita' di questi umili. Cio' che Ti dico si compira' e sorgera' il regno nostro. Ti ripeto che domani stesso Tu vedrai questo docile gregge gettarsi al primo mio cenno ad attizzare i carboni ardenti del rogo sul quale Ti brucero' per essere venuto a disturbarci. Perche' se qualcuno piu' di tutti ha meritato il nostro rogo, sei Tu. Domani Ti ardero'. Dixi'.
Ivan, si fermo'. Egli si era accalorato e aveva parlato con fervore; quando poi ebbe finito, fece improvvisamente un sorriso.
Alioscia, che l'aveva sempre ascoltato in silenzio e verso la fine, in preda a straordinaria agitazione, molte volte aveva voluto interrompere il discorso del fratello, ma si era visibilmente trattenuto, si mise d'un tratto a parlare, come scattando:
- Ma... e' un assurdo! -esclamo', arrossendo. -Il tuo poema e' l'elogio di Gesu' e non la condanna... come tu volevi. E chi ti credera' la' dove parli della liberta'? E' cosi', e' forse cosi' che va intesa? E' quello il concetto che ne ha l'ortodossia?... Quella e' Roma, e neppure tutta Roma, sbaglio, sono i peggiori fra i cattolici, sono gli inquisitori, i gesuiti!... E un personaggio fantastico come il tuo inquisitore non puo' esistere affatto. Che cosa sono quei peccati degli uomini che egli ha presi su di se'? Chi sono quei detentori del mistero, che si sono addossata non so quale maledizione per la felicita' degli uomini? Quando mai si son visti? Noi conosciamo i gesuiti, se ne parla male, ma sono forse come i tuoi? Non sono affatto cosi', sono tutt'altra cosa... Sono semplicemente l'armata romana per il futuro regno universale terreno, con l'imperatore, il pontefice romano, alla testa... ecco il loro ideale, ma senza nessun mistero e nessuna sublime tristezza... La piu' semplice brama di potere, di sordidi beni terreni, di asservimento... una specie di futura servitu' della gleba, nella quale essi sarebbero i proprietari fondiari... ecco tutto quello che essi vogliono. Forse non credono nemmeno in Dio. Il tuo inquisitore con le sue sofferenze non e' che una fantasia...
-Fermati, fermati! - rise Ivan, -come ti sei scaldato! Fantasia, tu dici, sia pure! Fantasia, certo. Permetti pero': credi tu davvero che tutto questo movimento cattolico degli ultimi secoli non sia in realta' che una brama di potere in vista soltanto di beni volgari? E' forse padre Paisio che t'insegna cosi'?
-No, no, al contrario, padre Paisio diceva una volta perfino qualcosa del tuo genere... ma era una cosa diversa, certo, tutta diversa, -si riprese Alioscia.
-Informazione preziosa, pero', nonostante il tuo 'tutta diversa', ti domando: perche' i tuoi gesuiti e inquisitori si sarebbero collegati solo in vista di beni materiali e volgari? Perche' non puo' incontrarsi fra di loro neanche un solo martire, tormentato da una nobile sofferenza e amante dell'umanita'? Vedi: supponi che fra tutti questi uomini non desiderosi che di sordidi beni materiali se ne sia trovato anche uno solo come il mio vecchio inquisitore, che abbia mangiato anche lui radici nel deserto e si sia accanito a domare la propria carne per rendersi libero e perfetto, ma che pero' abbia in tutta la sua vita amato l'umanita': a un tratto ha aperto gli occhi e ha veduto che non e' una gran felicita' morale raggiungere la perfezione del volere, per doversi in pari tempo convincere che milioni di altre creature di Dio sono rimaste imperfette, che esse non saranno mai in grado di servirsi della loro liberta', che dai miseri ribelli non usciranno mai dei giganti per condurre a compimento la torre, che non per simili paperotti il grande idealista ha sognato la sua armonia... Dopo aver compreso tutto cio', egli e' tornato indietro e si e' unito... alle persone intelligenti. Non poteva questo accadere?
-A chi si e' unito, a quali persone intelligenti? -esclamo' Alioscia quasi adirato. -Essi non hanno ne' tanta intelligenza, ne' misteri o segreti di sorta... Forse soltanto l'ateismo, ecco tutto il loro segreto. Il tuo inquisitore non crede in Dio, ecco tutto il suo segreto!
-E anche se fosse cosi'? Infine tu hai indovinato. E' proprio cosi', e' ben qui soltanto che sta tutto il segreto, ma non e' forse una sofferenza, almeno per un uomo come lui, che ha sacrificato tutta la sua vita nel deserto per una grande impresa e non ha perduto l'amore per l'umanita'? Al tramonto dei suoi giorni egli acquista la chiara convinzione che unicamente i consigli del grande e terribile spirito potrebbero instaurare un qualche ordine fra i deboli ribelli, 'esseri imperfetti e incompiuti, creati per derisione'. Ed ecco che, di cio' convinto, vede come occorra seguire le indicazioni dello spirito intelligente, del terribile spirito della morte e della distruzione, e, all'uopo, accettare la menzogna e l'inganno, guidare ormai consapevolmente gli uomini alla morte e alla distruzione, e intanto ingannarli per tutto il cammino, affinche' non possano vedere dove sono condotti affinche' questi miseri ciechi almeno lungo il cammino si stimino felici. E nota: l'inganno e' compiuto in nome di Quello nel cui ideale il vecchio ha per tutta la sua vita cosi' appassionatamente creduto! Non e' questa un'infelicita'? E anche se un solo uomo simile si fosse trovato alla testa di tutta quell'armata "avida di potere in vista di soli beni volgari", non sarebbe sufficiente quest'unico perche' si avesse la tragedia? Piu' ancora: basterebbe che ci fosse alla testa un solo uomo cosi' perche' si scoprisse, finalmente, la vera idea direttiva di tutta l'opera di Roma, con tutte le sue armate e i suoi gesuiti, l'idea suprema dell'opera stessa. Te lo dico schietto, io credo fermamente che quest'unico non sia mai mancato fra quelli che erano alla testa del movimento. Chissa', ce ne sono stati anche fra i pontefici romani! Chissa', questo vecchio maledetto, che cosi' ostinatamente e cosi' a modo suo ama l'umanita', esiste forse anche oggidi' sotto l'aspetto di tutta una schiera di vecchi consimili, e non gia' casualmente, ma perche' esiste come un accordo, come una segreta alleanza, gia' da gran tempo stabilita per custodire il mistero, per salvaguardarlo dagli uomini sventurati ed imbelli, allo scopo di rendere costoro felici. Cosi' e' senza dubbio, e cosi' dev'essere. Io immagino che perfino i massoni abbiano, fra i loro principi, qualcosa di analogo a questo mistero e che i cattolici odino tanto i massoni perche' vedono in essi dei concorrenti, che spezzano l'unita' dell'idea, mentre unico deve essere il gregge e unico il pastore... Del resto, difendendo il mio pensiero, io ho l'aria di un autore che non sopporta la tua critica. Ma basta di cio'!
-Sei forse massone anche tu! -sfuggi' ad Alioscia. -Tu non credi in Dio, -soggiunse, ma ormai con profonda amarezza. Gli parve inoltre che il fratello lo guardasse con fare canzonatorio. -E come termina il tuo poema? -domando' a un tratto, con lo sguardo a terra, -o e' gia' terminato?
-Io volevo finirlo cosi': l'inquisitore, dopo aver taciuto, aspetta per qualche tempo che il suo Prigioniero gli risponda. Il Suo silenzio gli pesa. Ha visto che il Prigioniero l'ha sempre ascoltato, fissandolo negli occhi col suo sguardo calmo e penetrante e non volendo evidentemente obiettar nulla. Il vecchio vorrebbe che dicesse qualcosa, sia pure di amaro, di terribile. Ma Egli tutt'a un tratto si avvicina al vecchio in silenzio e lo bacia piano sulle esangui labbra novantenni. Ed ecco tutta la Sua risposta. Il vecchio sussulta. Gli angoli delle labbra hanno avuto un fremito; egli va verso la porta, la spalanca e Gli dice: 'Vattene e non venir piu'... non venire mai piu'... mai piu'!'. E Lo lascia andare per "le vie oscure della citta''. Il Prigioniero si allontana.
-E il vecchio?
-Il bacio gli arde nel cuore, ma il vecchio persiste nella sua idea.

(a cura di Annapaola Laldi)


NOTA
Ricordo che i capoversi che iniziano in grassetto sono un mio intervento nel tentativo di rendere più semplice la lettura dei brani più lunghi. Il testo proposto l'ho pescato su Internet a questo indirizzo: HTTP://WWW.FILOSOFICO.NET/ANTOLOGIA_FILE/ANTOLOGIAD/DOSTOEVSKIJ_%20LA%20LEGGENDA%20DEL%20GRA.HTM

Ho semplificato la grafia dei nomi russi, facendola aderire alla pronuncia corrente.

Per quanto riguarda la biografia di Fiodor Dostoevskij si puo' andare a questo indirizzo: clicca qui

Uno sguardo d'insieme del romanzo I fratelli Karamazov lo si puo' trovare a questo indirizzo: clicca qui
 
 
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