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NO ES PARA MI. OVVERO: VIVA LA SEMPLICITA'
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La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
15 ottobre 2006 0:00
 
Che cosa e' la semplicita' l'ho imparato sul Cammino di Santiago. E questo subito, appena cominciato, precisamente alla fine della prima tappa, a Roncisvalle.
Il merito e' di Jose' C., detto Pepe (pronunciato quasi come il toscano "Peppe"), uno spagnolo di Valencia, di qualche anno piu' anziano di me, che avevo conosciuto alla partenza da Saint Jean Pied de Port, sul versante francese dei Pirenei baschi, laggiu', in fondo in fondo verso l'Atlantico. Era stata la moglie di lui, che lo aveva accompagnato in auto fino li', a presentarmelo, anzi, quasi ad affidarmelo. Nella saletta da pranzo del piccolo albergo pirenaico, mentre facevo colazione al tavolo davanti a quello della coppia, la signora mi venne a chiedere, in francese, se facevo il Cammino e, avuta risposta affermativa, mi domando' se potevo stare accanto a suo marito che si era incaponito di fare questa esperienza. Le parole che disse furono poche e molto rispettose nei confronti dell'uomo, ma che fosse perplessa, se non proprio contrariata, dalla decisione del marito e soprattutto preoccupata per questa sua avventura solitaria, era di un'evidenza palmare. E cosi', io, che sto bene da sola, mi ritrovai. accompagnata. Sorprese della vita.
Devo dire pero' che la cosa fu momentanea; dopo un paio d'ore, mentre ci arrampicavamo sotto il sole e il peso dello zaino su per una salita lunga e implacabile, che aveva fatto anche l'armata di Napoleone per invadere la Spagna nel 1808, mi accorsi che Pepe ed io, pur nel comune arrancamento, avevamo un passo diseguale e cosi' gli dissi di seguire il suo, che era piu' veloce. Detto e fatto, dopo poco era sparito dietro uno dei numerosi tornanti della strada.
Ma, naturalmente, come capita spesso sul Cammino, ci si ritrovo' al termine della tappa, che era a Roncisvalle.
Il rifugio dei pellegrini era nel monastero, un antico edificio imponente all'esterno e molto spartano all'interno. Salita (ancora!!) al piano giusto ed entrata nella camerata con parecchi letti a castello, trovai Pepe che aveva gia' sistemato le sue cose e stava legando una cordicella tra due montanti del giaciglio per stendervi il "bucato" che avrebbe fatto di li' a poco. Poi spari' di nuovo per fare la doccia, mentre io, a mia volta, cercavo un letto libero, su cui depositare il mio sacco a pelo. Ci incrociammo poco dopo nel corridoio che portava ai bagni. La doccia non l'aveva fatta, perche', mi disse tranquillamente, ."No es para mi!" (non fa per me). Capii subito dopo cosa intendeva; l'acqua, infatti, era men che tiepida e, data la situazione (eravamo a piu' di 900 metri, ai primi di maggio, in locali freddi), come doccia, anch'io la sentii piu' adatta a ibernarmi che a lavarmi via il sudore e la polvere.
Osservai la mia contrarieta' di fronte a questa doccia mancata (dopo 25 chilometri di percorso e 1250 metri di dislivello, un bel getto d'acqua calda addosso mi sarebbe proprio piaciuto), una contrarieta' che si stemperava appena con la considerazione che ero ospitata gratuitamente e che non potevo quindi avanzare alcuna pretesa, e a maggior ragione apprezzai Pepe. Lui non aveva imprecato contro l'accoglienza; in verita' non si era neppure lagnato; aveva fatto una semplicissima, e per questo incontestabile osservazione: "no es para mi".

Ma guarda un po' come puo' essere semplice la vita, come si puo' procedere seguendo il nostro proprio metro, che e' l'unico che ha davvero valore nelle cose che ci riguardano, prendendo, insieme, atto della realta', in cui ci troviamo: questa cosa non fa per me. Punto. Senza recriminazioni, senza rimproveri, senza giudizi sulla cosa "perche' questo e perche' quello." o sulle persone "perche' lui e perche' lei.", senza neppure spiegazioni e giustificazioni, ma semplicemente: questa cosa non fa per me. Quindi, non la faccio. Se pero' ad altri va bene farla, la facciano pure.
No es para mi. Personalmente sento questa affermazione come il riconoscimento della propria e altrui singolarita' e individualita', dei miei confini e limiti che non sono pero' quelli degli altri. E qui si possono pensare innumerevoli situazioni, di cui quella della doccia fredda a Roncisvalle diventa solo un'immagine.
Dalle piu' elementari come: il computer? Non fa per me. Andare in barca? Non fa per me, a quelle piu' delicate perche' toccano corde profonde: il matrimonio? Non fa per me. Il digiuno rituale? Non fa per me. e via dicendo.
Per quanto mi riguarda, sono profondamente grata a Pepe e alla vita per questa scoperta che mi soccorre spesso quando mi vedo scivolare nelle recriminazioni e nei giudizi su cose, situazioni e persone, perche' mi riporta alla concretezza piu' semplice ed elementare: quella determinata cosa non fa per me, e quindi io non la faccio. Ma, siccome, appunto, non fa per me, posso forse mettermi a concionare su di essa o su chi la fa? Posso, in coscienza, permettermi di giudicare, e magari disprezzare, o addirittura condannare chi, diversamente da me, ritiene quella certa cosa adatta a se'? O non sara' piu' giusto, equo e salutare rispettare la diversa specificita' di ogni persona, comprendendo che sta prestando, proprio come faccio io, seria attenzione alle sue piu' profonde esigenze? Non puo' darsi che il punto d'incontro tra le molte diversita', anche radicali, si situi non nella cosa in se', ma piuttosto nella serieta' con cui la si compie e, quindi, nel dare credito a questa serieta' -alla nostra e a quella degli altri? E se davvero ci sta a cuore una convivenza pacifica e gioiosa, non vale la pena di provare ad agire concretamente in questo senso?

P.S. Per rendere giustizia all'ospitalita' del monastero di Roncisvalle devo aggiungere che, dopo circa mezz'ora, potemmo fare una doccia sufficientemente calda per ritemprare il corpo e lo spirito. Molto probabilmente, si tratto' solo di una questione di tempi; quello degli hospitaleros di accendere lo scaldabagno e regolarne la temperatura, e quello dell'apparecchio di scaldare a sufficienza un'acqua decisamente gelida.

(a cura di Annapaola Laldi)

NOTA
Mi scuso con coloro che sono di madrelingua spagnola o comunque conoscono lo spagnolo per l'assenza dell'accento che e' d'obbligo su "mi" in quanto pronome. Devo pero' cedere alla tirannia del marchingegno elettronico che non riconosce sempre i segni distintivi come, per es., accenti e dieresi e, a volte, in sede di stampa o di trasmissione per e-mail, li interpreta in modo fantasioso. E' per questo motivo che negli scritti su queste pagine web tutti gli accenti delle parole italiane sono sostituiti da apostrofi.

In questa rubrica, del Cammino di Santiago si parla anche il 1.5.2003: "LE STAGIONI (PERENNI?) DEL NOSTRO SCONTENTO"
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