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PRO-MEMORIA. OVVERO: RIUSCIREMO MAI A ESSERE PRESENTI AL PRESENTE?
(Con l'aiuto della "Crociata dei ragazzi" di Brecht)
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La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
15 gennaio 2007 0:00
 
Sono diversi anni che la Crociata dei ragazzi, una lunga ballata che Bertolt Brecht scrisse in esilio, nel 1942, mi arrovella. Alla sua scoperta, l'impatto emotivo fu davvero grande, ma ancora, nel rileggerla (o anche solo a ricordarla) mi sorge dentro un'intensa commozione. E cosi', per capire meglio che cosa voleva dire a me, proprio a me, mi misi a tradurla e, dal 2001, quando si e' cominciato a celebrare la "Giornata della memoria" (liberazione di/da Auschwitz il 27 gennaio 1945), misteriosamente l'associo ad essa. Perche'? Forse per la suggestione dell'inizio della strofa 32: "In Polonia, quel gennaio.", un gennaio gelido, dove "cadeva la neve" in vera e propria tormenta? Ma non e' un po' poco? Inoltre, devo dire che resto sempre molto perplessa davanti alle celebrazioni rituali, perche' vi scorgo il rischio di ridurre a mere esercitazioni verbali cose importanti, importantissime, che meritano di esserci presenti in ogni istante della nostra vita, anzi, in un certo senso, di farne nostra carne e sangue. E allora, quale modo migliore, per comprendere e approfondire meglio tutto quanto, se non approfittare di questo spazio, di cui mi e' dato di usufruire ogni quindici giorni?
In effetti, grazie all'impegno di offrire la ballata a sconosciuti lettori e lettrici, qualcosa e' maturato, e ho scoperto che forse una chiave per capire la mia associazione si trova nelle strofe 28-31 ("Se chiudo gli occhi/ li vedo vagare."), dove il poeta diventa -ahime'- profeta e indirizza, secondo me, nella direzione che ho espresso nel titolo di queste note, che, detto con altre parole, puo' anche suonare cosi': riusciremo mai ad accorgerci di quel cane affamato che porta al collo il grido d'aiuto dei ragazzi dispersi nella tormenta, riusciremo mai ad accoglierlo e a sfamarlo affinche' abbia la forza di portarci da loro? E anche: non puo' rappresentare, quel cane, la nostra stessa coscienza che sa perfettamente come stanno le cose, ma che non vogliamo ascoltare?
Consapevole della intensita' di questa ballata, che ha anche ispirato alcuni musicisti, tra cui Benjamin Britten (v. nota), non aggiungo altro per non mettermi troppo fra mezzo tra la ballata e chi la vorra' leggere entrandoci in relazione diretta (e cosi' faccio riconoscente tesoro dell'insegnamento delle mie giovani amiche B. e M., che, ogni volta che accenno a parlare di un film o di un libro che io conosco e loro no, mi intimano un sorridente ma severissimo "altola'").
Tradotta da me, dalla versione trovata in Bertolt Brecht, Gedichte und Lieder, Suhrkamp, Berlin/Frankfurt am Main 1963, pp. 125-130
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ecco dunque la

CROCIATA DEI RAGAZZI di Bertolt Brecht

In Polonia, nel Trentanove
Una sanguinosa battaglia ci fu
Che a un deserto ridusse
Tanti paesi e citta'.

La sorella perdette il fratello
La sposa lo sposo soldato;
Tra incendi e macerie, il bambino
I genitori piu' non trovo'

Dalla Polonia niente piu' e' arrivato
Ne' lettere ne' reportage.
Ma una storia circola strana
La' nei paesi dell'Est.

Cadeva la neve allorche' si narro'
In una citta' di laggiu'
Di una crociata di ragazzi
Che le mosse ha preso in Polonia

Ragazzi affamati avanzavano
Sugli stradoni a drappelli
E con se' ne prendevano altri
Tra paesi in macerie trovati.

Dai massacri volevan fuggire
E da tutto quell'incubo
E un bel giorno arrivare
In una terra dove c'era la pace.

E c'era il loro piccolo capo
Cio' li ha rinfrancati.
Una preoccupazione lui aveva.
La strada, che non conosceva.

Una bimba di undici anni
Trascinava un bambino di quattro
Tutto aveva per fare la madre,
Fuorche' una terra dove c'era la pace.

Un piccolo ebreo nella truppa marciava,
Di velluto il colletto,
Abituato era al pane piu' bianco
e ben si e' battuto.

E insieme andava uno esile, grigio
Che si teneva in disparte nei campi.
Portava addosso una colpa tremenda:
Veniva dall'ambasciata dei nazi.

E c'era anche un cane
Per mangiarlo acchiappato
Come commensale accettato
Perche' di ucciderlo era il cuore mancato.

E c'era una scuola
E un piccolo maestro di calligrafia
E un alunno su un panzer distrutto
A scrivere apprese fino a pac...

E anche un amore ci fu.
Lei dodici, lui quindici anni.
In un cortile cannoneggiato
Lei i capelli gli pettinava.

L'amore resistere non pote
' Troppo fu il freddo che arrivo':
Come fanno gli alberelli a fiorire
quando addosso tanta neve gli cade?

E anche un funerale ci fu
Di un ragazzo dal colletto di velluto:
Da due tedeschi e due polacchi
Alla tomba fu portato.

Protestanti furono, cattolici e nazi
A consegnarlo alla terra.
E alla fine un piccolo comunista
Parlo' dell'avvenire dei vivi.

Cosi' c'era fede e speranza
Ma non pane ne' carne.
E chi non offri' loro un ricovero
Non me li biasimi se rubavan qualcosa.

E nessuno mi biasimi il pover'uomo
Che a tavola non li invito':
Per mezzo centinaio di bocche, farina
Ci vuole, altro che abnegazione.

Era verso sud che tendeva la marcia:
Il sud e' dove il sole
A mezzo il giorno
Ti sta davanti alle dodici in punto.

Trovarono invero un soldato
Ferito in strame d'abete
Per sette giorni lo curarono
Perche' indicasse loro la strada.

. Lui gli disse: a Bilgoray!
Deve aver avuto la febbre ben alta
E l'ottavo giorno mori'
E anche lui l'hanno sepolto.

E c'erano dei segnali stradali
Seppure coperti di neve
Ma non mostravano piu' la via giusta
Da un'altra parte eran girati.

Non era questo un tiro birbone,
ma per una militar ragione.
E quando Bilgoray cercarono
La via non gli riusci' di trovare.

Al loro capo tutti stavan intorno.
E lui guardando nell'aria piena di neve
fece un segno con la piccola mano
E disse: dev'esser laggiu'.

Una volta, di notte, scorsero un fuoco
Ma non s'accostarono.
Una volta tre panzer gli passarono
Accanto e uomini c'eran la' dentro.

Una volta a una citta' vicini arrivarono
E alla larga le girarono.
E fino a che non ne furon lontani
Soltanto di notte marciaron.

Sotto una fitta tormenta dove c'era
Un tempo la Polonia sudorientale
I cinquantacinque
Furon visti per l'ultima volta.

Se chiudo gli occhi
Li vedo vagare
Da una fattoria cannoneggiata
A un'altra pure cannoneggiata.

Sopra di loro, lassu' nelle nuvole
Altri cortei io vedo, nuovi lunghi!
Con fatica vagando contro i venti freddi
Gente senza patria, gente senza meta

Alla ricerca di una terra di pace
Senza tuoni, senza incendi
Non come questa da cui sono venuti
Ed enorme diviene il corteo.

E ad un tratto in questo crepuscolo
Non mi sembra piu' lo stesso di prima:
altri piccoli volti vi vedo:
spagnoli, francesi, orientali!

In Polonia, quel gennaio,
un cane fu preso
che intorno al collo magro
un pezzo di cartone aveva appeso.

Aiuto! C'era scritto
Non sappiamo piu' la strada.
Siamo cinquantacinque,
il cane da noi vi portera'.

Se voi non potete venire,
mandatelo via.
Non gli sparate
Dove siamo lui solo lo sa.

La scrittura era di mano
Dei contadini l'hanno letta.
Da allora un anno e mezzo e' passato.
Il cane e' morto affamato.



NOTA

Esiste anche una versione un po' piu' lunga di questa ballata, di cui sono venuta a conoscenza scoprendo la traduzione di Ruth Leiser e Franco Fortini (BERTOLT BRECHT, Poesie e canzoni, Einaudi 1971 e succ.), che si trova a questo indirizzo Internet:
clicca qui

La Crociata dei ragazzi di Brecht ha ispirato diversi compositori, primo fra tutti il britannico Benjamin Britten (1913-1976) che ne musico' una traduzione in inglese (Children's Crusade, op. 82) nel 1968 per il Coro della Wandsworth School. L'opera fu eseguita per la prima volta l'anno seguente (1969) nella Cattedrale di San Paolo a Londra per il quinto anniversario della fondazione "Save the Children"
(clicca qui).

Facendo un giretto su Internet, ho scoperto che la ballata e' stata musicata anche da due giapponesi NIIMI Tokuhide e AOSHIMA Hiroshi (1988), come risulta al seguente indirizzo:
clicca qui.

La Giornata della memoria e' stata istituita con la Legge 211 del 20 luglio 2000.
 
 
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