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UPUPE
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La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
15 luglio 2008 0:00
 
Passo col treno da un punto in cui si intravede l'Arno che scorre ancora miracolosamente in aperta campagna, addirittura con qualche boschetto che si affaccia sulle sue rive. In un grande campo, all'improvviso, si leva, da diversi punti, un volo di upupe (l'accento sta sulla prima "u") dalla bella livrea variegata. E' una visione splendida che mi comunica una grande allegria. E poi non ne ho mai viste cosi' tante tutte insieme, da quando feci finalmente conoscenza diretta di questo volatile su una via campestre in quel di Bolgheri circa trent'anni fa. Eppure, che esistesse un volatile di nome upupa ero venuta a saperlo molto tempo prima, per l'esattezza l'ultimo anno delle scuole superiori, quando avevo studiato il carme Dei sepolcri di Ugo Foscolo. Il quale, come si puo' vedere nei versi che trascrivo, ne parla come di un immondo uccello notturno uso a frequentare i cadaveri e l'ha inserita in un fosco scenario cimiteriale, dove la lugubre atmosfera serve anche a stigmatizzare il fatto che la citta' di Milano avesse lasciato che il suo grande poeta Giuseppe Parini venisse sepolto in una fossa comune insieme con i malfattori.
 
"[…]
Senti raspar fra le macerie e i bronchi
La derelitta cagna ramingando
Su le fosse e famelica ululando;
E uscir dal teschio, ove fuggia la Luna,
L'ùpupa e svolazzar su per le croci
Sparse per la funerea campagna,
E l'immonda accusar col tuttüoso
Singulto i rai di che son pie le stelle.
[…]". [da: I sepolcri, vv. 78-85].
 
Ma una nota a pie' di pagina si premurava di avvertire che il poeta si era preso, per cosi' dire, una licenza poetica, e aveva situato questo uccello in quel tetro ambiente in virtu' del suono cupo del suo nome causato dal susseguirsi delle due "u", suono che Foscolo rinforzera', subito dopo, attribuendo allo stesso uccello un "tuttuoso/singulto", tuttuoso, si' (e non luttuoso, come verrebbe da correggere), che e' parola onomatopeica, che cerca, cioe', di rendere il verso dell'upupa. E aggiungeva, questa nota, che in realta' l'upupa non e' affatto un uccello notturno, che, anzi, ama la luce del sole e ha pure un bel piumaggio colorato, anche se, in effetti, il suo canto e' un monotono "pu-pu-pu". Del resto Foscolo non e' l'unico a prendersi questa specie di licenza poetica a scapito della buona nomea dell'upupa. Altri poeti e scrittori del suo tempo lo hanno fatto, seguendo il gusto dell'epoca, in cui era viva l'influenza della poesia sepolcrale e campestre proveniente soprattutto dall'Inghilterra. Andando per Internet, in un saggio del 1947 del critico letterario Walter Binni, ho trovato un altro esempio, e cioe' la declamazione sull'orrido del Gargallo che dice cosi':
 
"[…]Un lungo ululo d'upupa e di gufi,
 e belve urlar, che il raggio odian diurno,
 e Borea, che scrosciar fa la boscaglia,
 e un volger di fiumi taciturno […]
 
Povera upupa! Che trattamento ingiusto! Tanto piu' che dagli antichi persiani era considerato l'uccello piu' saggio, addirittura messaggero del divino, mentre gli arabi la chiamano "uccello dottore" e la considerano capace di scoprire pozzi e sorgenti nascoste (e si sa quanto sia preziosa una simile capacita' nelle zone desertiche).
Ma a ristabilire la giustizia per questo volatile, qui da noi, ci ha pensato un altro poeta, e precisamente Eugenio Montale che, in un breve componimento contenuto in Ossi di seppia,ne fa un annunciatore della primavera, cogliendo l'allegria che comunica con la bellezza del suo piumaggio e della sua cresta.
 
"Upupa, ilare uccello calunniato
dai poeti, che roti la cresta
sopra l'aereo stollo del pollaio
e come un finto gallo giri al vento;
nunzio primaverile, upupa, come
per te il tempo s'arresta,
non muore piu' il Febbraio,
come tutto di fuori si protende
al muover del tuo capo,
allegro folletto, e tu lo ignori". (da: Eugenio Montale, Ossi di seppia, 1920-1927)
 
 
NOTA
Trascrivo qui di seguito tutto il brano dei Sepolcri che riguarda Giuseppe Parini, perche' e' bello e la sua lettura fa comprendere l'affetto del Foscolo per il vecchio poeta scomparso nel 1799 e il suo conseguente sdegno per la sua anonima, disonorevole sepoltura.
(Il brano e' ripreso da UGO FOSCOLO, Dei Sepolcri, Cremonese, Roma s.i.d., (versi 62- 85 pp. 61-63).
 
"[…]
O bella Musa, ove sei tu? Non sento
Spirar l'ambrosia, indizio del tuo nume,
Fra queste piante ov'io siedo e sospiro
Il mio tetto materno. E tu venivi
E sorridevi a lui sotto quel tiglio
Ch'or con dimesse frondi va fremendo,
Perche' non copre, o Dea, l'urna del vecchio
Cui gia' di calma era cortese e d'ombre.
Forse tu fra plebei tumuli guardi,
Vagolando, ove dorma il sacro capo
Del tuo Parini? A lui non ombre pose
Tra le sue mura la citta', lasciva
D'evirati cantori allettatrice,
Non pietra, non parola; e forse l'ossa
Col mozzo capo gl'insanguina il ladro
Che lascio' sul patibolo i delitti.
Senti raspar fra le macerie e i bronchi
La derelitta cagna ramingando
Su le fosse e famelica ululando;
E uscir dal teschio, ove fuggia la Luna,
L'ùpupa e svolazzar su per le croci
Sparse per la funerea campagna,
E l'immonda accusar col tuttüoso
Singulto i rai di che son pie le stelle.
[…]"
 
Il testo di Eugenio Montale e' ripreso da EUGENIO MONTALE, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 2005, p. 49. Upupa, ilare uccello risulta inserita nella raccolta Ossi di seppia fin dalla prima edizione del giugno 1925 per la casa editrice di Piero Godetti che poco dopo morira' a seguito delle percosse ricevute dai fascisti.
 
Il brano di Walter Binni si trova clicca qui
 
UGO FOSCOLO nacque a Zante (una delle Isole Jonie allora possesso di Venezia) il 6 febbraio 1778 e mori' a Turnham Green, presso Londra, il 10 settembre 1827. Il nome impostogli dai genitori, in realta', era stato "Niccolo'", ma da adulto il poeta scelse di chiamarsi "Ugo". Coi tre fratelli minori, Rubina, Gian Dionigi e Giulio, a 16 anni, nel 1794, Foscolo lascia definitivamente l'isola natale, dopo la morte del padre Andrea (avvenuta nel 1788) per raggiungere a Venezia la madre, Diamantina Spathis, trovandosi a proprio agio nell'ambiente culturale veneziano cosi' ricco di stimoli per un giovane colto e intelligente, curioso dell'arte non solo degli antichi ma anche dei moderni, stranieri compresi;entra infatti in contatto con le opere di contemporanei inglesi e tedeschi. Fra il 1796 e il 1797, i fratelli Foscolo sono fra gli agitatori per le idee repubblicane e quindi invisi al governo patrizio. Ugo deve cercare rifugio fuori Venezia e nell'aprile 1797 arriva a Bologna dove si arruola nei cacciatori a cavallo e fa stampare l'ode A Bonaparte liberatore. Tornato a Venezia, diventata repubblica, come tenente onorario per meriti di guerra, vi assume una carica che lascera' nel mese di novembre per recarsi a Milano, dove, fra gli altri, conosce Giuseppe Parini e Vincenzo Monti, e si dedica al giornalismo politico, mentre va progettando un romanzo epistolare che diventera' le Ultime lettere di Jacopo Ortis (pubblicazione definitiva nel 1802), e in cui la propria passione d'amore non solo verso una donna (per lui irraggiungibile), ma anche per la patria veneta, tradita dal calcolo politico di un Napoleone fino a quel momento, come si e' visto esaltato come un liberatore. Nonostante l'amara delusione causatagli dalla cessione di Venezia all'Austria (trattato di Campoformio, 1797), Foscolo riprende servizio nell'esercito e fa parte dello stato maggiore come capitano; con questo grado assolve alcune missioni che lo portano in Lombardia, Emilia e Toscana. I primissimi anni dell'Ottocento sono difficili; si uccide il ventenne fratello Giovanni, vive un'ennesima passione burrascosa con una donna, si trova sommerso da quei debiti che saranno una costante della sua vita, sino alla fine. Mentre escono in Italia le pubblicazioni, fra l'altro, dei suoi sonetti, delle odi, dello Jacopo Ortis, nel 1804, Foscolo riprende servizio nell'esercito e viene trasferito in Francia, dove si prepara l'attacco all'Inghilterra. Qui il poeta impara l'inglese, traduce un'importante opera di Sterne, inizia la versione dell'Iliade (che non finira' mai) e, sembra, intrattiene una relazione con una giovane donna inglese da cui ha una figlia di nome Floriana, che egli lascia alla madre. Ritornato In Italia, resta presto libero dall'incarico nell'esercito, pur continuando a percepire lo stipendio, e conosce il periodo piu' fertile dell'ispirazione (fra l'altro, e' di quest'epoca il carme Dei sepolcri). Torna a Venezia, dove saluta la sorella e la madre, per poi passare a Milano, Brescia, Pavia (1808-1809), alla cui universita' tiene importanti lezioni sulla letteratura. Si sposta ancora fra Milano, Brescia e Venezia, mentre la sua figura e' vista con ammirazione, come quella di un maestro, o con sospetto, come quella di un nemico dello stato e di Napoleone, soprattutto dopo la rappresentazione della tragedia Ajace, che viene presto proibita (1811). Nel 1812 ottiene un lungo periodo di congedo dal ministero della Guerra, per il quale aveva nel frattempo ripreso a lavorare come revisore di traduzioni, e si trasferisce a Firenze, dove resta fra il 1812 e il 1813, scrivendo Le Grazie e attendendo ad altri impegni letterari. Tornato a Milano nel 1813, dopo aver scartato l'idea di rientrare nell'esercito, vive nel capoluogo lombardo le agitazioni seguite alla prima caduta di Napoleone (1814), che vedono l'intervento delle milizie austriache. Dopo aver preso in esame l'offerta generosa del governo austriaco che lo vorrebbe redattore di un giornale letterario, non intendendo pero' giurare fedelta' all'Austria, Foscolo attraversa clandestinamente il confine svizzero il 30 marzo 1815, e, in modo avventuroso, sotto falso nome riesce a passare in Inghilterra nel settembre 1816. Li', pur accolto con simpatia e onore, e' costretto a insegnare italiano, greco e latino per sopravvivere. Collabora anche con alcune riviste con apprezzati articoli di letteratura, ma il suo stile di vita lo portera' di nuovo alla miseria, questa volta coinvolgendo anche la ritrovata figlia Floriana che mette a disposizione del padre il suo denaro e il suo affetto, fino al punto che, fra il 1824 e il 1827 i due sono spesso costretti a nascondersi sotto falso nome per evitare i creditori. Sepolto nel cimitero di Chiswick, le sue ossa sono trasportate a Firenze nel 1871 per riposare in quella chiesa di santa Croce che egli aveva cantato nei Sepolcri.
Per una piu' completa biografia con link ad alcune opere: clicca qui
 
EUGENIO MONTALE nasce a Genova il 12 ottobre 1896 e muore a Milano il 12 settembre 1981. Viene avviato agli studi tecnici, consegue il diploma di ragioniere nel giugno 1915. In quell'anno comincia a prendere lezioni di canto (e' baritono). Fatto rivedibile alla prima visita militare, e' poi dichiarato abile nel 1917 e arruolato nel 22.o reggimento di fanteria di stanza a Novara, quindi a Parma, dove frequenta un corso accelerato per allievi ufficiali. Qui conosce alcune persone di rilievo (fra cui Sergio Solmi che sara' importante per la pubblicazione di Ossi di seppia). Nel 1918 e' in zona di guerra e, essendosi offerto volontario, a Schio, per un incarico, gli viene affidato il comando di un posto avanzato vicino al villaggio di Valmorbia. Alla fine della guerra si trova in Val Pusteria, poi a Lanzo Torinese, infine a Genova. Nel maggio 1920 e' congedato col grado di tenente. Nel frattempo ha ripreso contatti con Solmi e altri conoscenti interessati alla letteratura; ha cominciato anche a scrivere poesie e recensioni sui giornali (la prima e' per Trucioli di Camillo Sbarbaro). Nel 1921 riprende a studiare canto, ma interrompera' questo studio alla morte del suo maestro avvenuta nel 1923. In questi anni e' anche oppresso dal problema della ricerca di un lavoro, ed e' grazie all'impiegato triestino di una ditta d'importazione che Montale viene a conoscere Svevo, Kafka, Musil e Altenberg. Sempre alla ricerca di un lavoro che lo tenga a contatto con la letteratura, si sposta a Roma e a Milano, dove, fra altre personalita', conosce anche Sibilla Aleramo. Quando e' ormai rassegnato a dire addio alle lettere e ad accettare un lavoro da contabile, gli si apre la possibilita' di trasferirsi a Firenze per collaborare con la casa editrice Bemporad. La storia con questo editore e' lunga e affannosa, ma sara' proprio nel capoluogo toscano, dove si e' trasferito e dove collabora con alcune importanti riviste, frequentando l'ambiente artistico e letterario, che Montale trovera' il suo posto, e cioe' come direttore del Gabinetto Vieusseux, che egli occupera' dal marzo 1929 alla fine del 1938, quando, nonostante il riconoscimento dello "zelo e competenza" mostrati nello svolgimento della sua funzione, ne viene rimosso perche' non risulta "fornito dei requisiti speciali" necessari, vale a dire dell'iscrizione al partito nazionale fascista. Nel 1939 Montale comincia l'attivita' di traduttore, lavorando soprattutto a testi spagnoli, inglesi e americani. In questo stesso anno si trasferisce in un appartamento dell'attuale viale Amendola con la sua vecchia padrona di casa, Drusilla Tanzi Marangoni, la Xenia (mosca) delle sue poesie (La convivenza sfocera' nel matrimonio religioso del luglio 1962 e in quello civile nell'aprile 1963 pochi mesi prima della morte della donna). Il 1939 e' anche l'anno della pubblicazione della seconda raccolta di poesie Le occasioni. Nel 1941 e' messo in congedo definitivo per "sindrome neuropsicastenica costituzionale". Gli anni della guerra sono particolarmente duri per la morte della madre e per la distruzione della sua casa genovese a causa di un bombardamento (ambedue gli eventi sono del 1942). Nel 1943 esce a Lugano una terza raccolta Finisterre, che poi confluira' in La bufera e altro (1940-1954) Dopo l'8 settembre, la casa fiorentina di Montale e' aperta agli amici costretti a condurre vita clandestina. Ne sono ospiti, fra gli altri, Umberto Saba e Carlo Levi. Nel 1945 Montale viene chiamato a far parte del Comitato per la cultura e l'arte nominato dal Comitato di Liberazione Nazionale. Si iscrive al Partito d'Azione. Fa inoltre parte del gruppo fondatore del quindicinale Il Mondo. Sono di quest'anno le sue prime prove da pittore su incoraggiamento di un amico. Dopo varie collaborazioni, nel 1948 e' assunto come redattore al "Corriere della Sera". Fa anche diversi viaggi, alcuni dei quali come inviato del giornale, in Gran Bretagna, Svizzera, Libano. Dal 1950 la sua collaborazione diventa prevalentemente letteraria. La sua nuova residenza e' ormai Milano, ma ogni anno, d'agosto, torna in Toscana, a Forte dei Marmi. Nel 1961 riceve la laurea in Lettere honoris causa alla Facolta' di lettere e filosofia dell'Universita' di Milano (nel 1974 sara' l'Universita' di Roma a conferirgliela a sua volta). Nel 1964 segue, come giornalista, il viaggio del papa Paolo VI in Terrasanta. Il 13 giugno 1967 e' nominato senatore a vita dal presidente della Repubblica Giuseppe Saragat "per aver illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo letterario e artistico". Nel gennaio 1971 esce l'ultima raccolta di versi Satura (in cui sono contenute anche le poesie per la moglie dal titolo Xenia). Nel 1975 e' insignito del premio Nobel per la letteratura. Nel 1977 Firenze gli conferisce la cittadinanza onoraria. Alla fine del 1980 gli viene consegnata la prima copia dell'Opera in versi, la raccolta, appunto, di tutti i suoi scritti poetici. Montale e' sepolto, accanto alla moglie, nel cimitero fiorentino di San Felice a Ema.
Su Internet: clicca qui
Alcuni testi del poeta si possono leggere su clicca qui
 
L'immagine e' ripresa da clicca qui
(per ammirare le belle foto di altri esemplari di fauna della zona di Bracciano vedere: clicca qui)
 
(a cura di Annapaola Laldi)
 
 
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