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Ciak: si gira. Avanti il prossimo
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Articolo di Alessandro Gallucci
21 ottobre 2011 19:07
 
Siamo abituati a parlare di obsolescenza programmata del prodotto quando un bene, da poco sul mercato, viene sostituito da un altro dotato di maggiori optional. E’ il caso dei telefoni cellulari, televisori, computer, ecc. Una strategia di vendita che punta a suscitare nel consumatore il bisogno di acquistare il prodotto piu’ nuovo. Un modo d’inculcare nelle persone una necessita’ surrettizia frutto del solo interesse ad aumentare i profitti. Pubblicita’ e strategie commerciali del genere non puntano alla corretta informazione del consumatore ma, se cosi’ si puo’ dire, al suo sfruttamento intensivo. Una vacca da mungere finche’ ce n’e’. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Pratiche commerciali scorrette in cui semplici iscrizioni a siti internet si tramutano in vendite di servizi, sottoscrizioni di contratti mascherate da sondaggi o rilevazioni statistiche e altre simili amenita’.
Il risultato e’ l’imbarbarimento del mercato e la mancanza di democrazia economica: com’e’ stato giustamente evidenziato il mercato senza regole non e’ libero ma e’ solamente una giungla.
Cambiando settore non c’e’ differenza.
Prendiamo la societa’ dell’informazione che sta tendendo, se gia’ non e’ giunta, allo stesso modo di fare. La produzione sfrenata di notizie, la cui importanza e verita’ cedono il passo di fronte all’esigenza “piu’ alta” della spettacolarizzazione che produce profitto. E’ successo cosi’ per la manifestazione di Roma dello scorso 15 ottobre. In tanti tantissimi l’hanno seguita sugli schermi televisivi o in streaming per poi cambiare canale e lasciarsi ottundere la mente dall’evento successivo.
E’ accaduta la stessa e identica cosa per il voto di fiducia al governo. Chi ricorda senza sforzo per quale motivo s’e’ dovuto ricorrervi?
Succedera’ cosi’ per Gheddafi. Non si discute la malvagita’ del personaggio, ne’ l’utilita’ (in primis per le persone che ci abitano) della democratizzazione della Libia. L’ostentata e ripetuta esposizione del suo cadavere, pero’, ha rappresentato un passaggio triste per la nostra malconcia democrazia. Non certo per l’offesa al pudore. Lasciamo ai benpensanti il compito di difenderlo. Non per il vilipendio al cadavere che gli amanti del genere “piazzale Loreto” avranno gradito. L’offesa e’ al diritto, alla legalita’ e quindi alla democrazia. Non c’e’ stato giornale online, cartaceo, telegiornale e media in genere che non abbia riservato uno spazio predominante al volto sfigurato e martoriato di Gheddafi. La necessita’ di farne sfoggio non stava nell’indiscussa importanza della notizia ma nel bisogno di soddisfare l’esigenza morbosa di vedere il cadavere d’un uomo morto.
E’ il corto circuito dell’informazione. Dire, raccontare e mostrare al solo scopo di vendere, senza alcuna’altra prospettiva. Il risultato e’ un corto circuito che difficilmente puo’ essere interrotto. L’ennesimo fare spallucce accompagnato dal laconico “e’ il sistema, che ci puoi fare!”.
Perche’ non e’ la prima volta che e’ successo. La stessa fame del macabro fu saziata quando e’ stato ucciso Saddam Hussein. La delusione nel caso di Bin Laden ha perfino fatto gridare alla falsita’ della notizia. Ma non e’ questo che interessa. Quasi nessuno ha fatto notare un particolare tutt’altro che secondario: con Gheddafi e’ stata uccisa anche la possibilita’ di conoscere la verita’ su tanti episodi che meriterebbero giustizia. Non solo: con il Rais e’ stata uccisa, un’altra volta, la speranza di far crescere la democrazia mondiale. Esiste una Corte penale internazionale di fronte alla quale dovrebbero essere giudicati i crimini piu’ abietti che tanti capi di stato compiono. Sara’ per la prossima volta. Non una parola, nemmeno per errore, e’ stata spesa dai maggiorenti del pianeta per ricordare che le controversie devono essere risolte con le sentenze e non con le pistole. La gente comune ha appreso la notizia con gioia e soddisfazione. Meglio un mondo senza Gheddafi che un mondo con Gheddafi, dicono in tanti. La morbosita’ ed il piacere nel vedere un uomo morto prendono gli istinti piu’ bassi e di fronte a questi non ci si puo’ aspettare di piu’. La soluzione non e’ la censura, come non lo sono le leggi liberticide quando le manifestazioni degenerano nella violenza. Il problema e’ tutt’altro. E’ la dimensione sociale dell’agire individuale che deve cambiare, voltando le spalle ad un sistema che da solo dimostra la propria inadeguatezza. Altrimenti avremmo tanti finali gia’ scritti e sempre meno democrazia. Di dittatori e’ pieno il mondo.
 
 
 
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