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Quando io ero lì, scoprii con piacere che nel catalogo c’erano anche quattro libri miei. Immaginatevi, voi siete dietro le sbarre, considerati dei “delinquenti”, e i vostri libri sono lì per servire a “migliorare i delinquenti”! Ancora un pezzo di umorismo nero in questa faccenda: una volta un detenuto chiese un libro; la risposta del bibliotecario fu la seguente: Il libro non lo abbiamo, ma il suo autore è qui”.
Cosi’ un passaggio di un articolo del giornalista Can Dündar, pubblicato sulla rivista tedesca Die Zeit, in merito alla sua prigionia nella Turchia odierna di Erdogan (1).
E come la usiamo la liberta’ d’espressione?
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Quando mori’ Margheret Thatcher, parecchi luminari della sinistra dissero che aveva “devastato” la Gran Bretagna. Non “danneggiato”, non “portato nella direzione sbagliata”, non “adottato politiche economiche divisive”, ma “distrutto”, “devastato”, “rovinato”. Mi e’ capitato di entrare in una capanna degli altipiani etiopi durante la guerra civile in quel paese. Era piena di donne che erano state ustionate in gran parte del corpo dalle bombe al fosforo sganciate dal regine di Menghistu Haile Mariam. Non era possibile alleviare il dolore di quelle poverette, né vedevo medicine nei paraggi o possibilita’ di cure mediche. Se la Gran Bretagna e’ una terra devastata, quali aggettivi ci rimangono per quelle donne e il loro calvario, o per paesi come la Siria e la Libia e la Somalia, dove devastato significa bombardate e date alle fiamme, bambini massacrati, illegalita’, disperazione?” (2)
E cosa comporta come conseguenza?
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Il momento e’ sfavorevole. Un tempo le radio ad onde corte avevano sul quadrante della sintonia i nomi delle capitali. Oggi, quando ruotiamo la manopola per sintonizzarci con il mondo, da Damasco a Bruxelles a Mosca a Washington le notizie sono fosche senza alcun barlume di sereno. I problemi e le divergenze odierne non saranno forse catastrofici come quelli vissuti dai nostri genitori e nonni, ma possono sembrare piu’ insidiosi e ingestibili.
L’intolleranza e le minacce alla liberta’ sono in crescita quasi ovunque. Le menzogne girano senza limiti. La liberta’ di parola e’ negata e la repressione di Stato si riaffaccia in paesi che solo pochi anni fa sembravano sulla via dell’apertura. In Medio Oriente e in Africa, e nelle strade e nei sobborghi delle citta’ europee, l’idiozia sanguinaria del nichilismo parareligioso rischia di sembrare piu’ convincente delle blande promesse della democrazia laica. I politici parlano, Intanto i bambini annegano, muoiono di fame, sono fatti a pezzi dalle bombe. I politici continuano a parlare. In patria i confini, della responsabilita’ politica, del reciproco rispetto, della civilta’ quotidiana, che sembravano relativamente sicuri appena un decennio orsono, sono travolti da un giorno all’altro”. (2)
C’e’ chi ritiene -e lo si legge spesso attraverso i media- che la liberta’ d’espressione sia relativa, una sorta di lusso e consuetudine per chi sta gia’ bene. Mentre i poveri, i diseredati, spesso tali per responsabilita’ di “chi sta gia’ bene”, talvolta le apparenti minoranze (soprattutto religiose), della liberta’ d’espressione non sanno che farsene nel momento in cui c’e’ l’oppressione e il ricatto economico, lo sfruttamento.
Ma.
Prima di tutto va considerato che queste espressioni di dubbio sulla supremazia della liberta’ d’espressione sulle altre liberta’, le ascoltiamo e leggiamo grazie al fatto che siamo -a livello di Paesi occidentali, in cui l’Italia non eccelle (3)- in regime di liberta’ d’espressione e che altrove sarebbe molto difficile leggerle o ascoltarle.
Inoltre, ce’ forse un Paese in cui non vige la liberta’ d’espressione e dove le altre liberta’ sono rispettate, incluse quelle dai bisogni primari? Lavoro, religiosa, sessuale, mobilita’, comunicazione? Non ci risulta. O forse in Paesi “pecore nere” per la liberta’ d’espressione, qualcosa ci e’ sfuggito? Cina, Somalia. Arabia Saudita, Sudan, per esempio?
Sara’ quindi il caso di far si’ che la prima liberta’ da rispettare sia quella d’espressione? Conditio sine qua non… per fare la citazione dotta. Soprattutto partendo da come noi stessi la usiamo, cosi’ come ci fa notare Mark Thompson?
1 -
https://www.aduc.it/articolo/turchia+triste+primato+biblioteca+della+prigione_26903.php
2 – dal libro: “La fine del dibattito pubblico. Come la retorica sta distruggendo la lingua della democrazia” di Mark Thompson. Ed Feltrinelli, trad. di Giancarlo Carlotti. Thompson, gia’ direttore della Bbc, e’ attuale amministratore delegato del quotidiano The New York Times.
3 –
qui i dati della ONG Freedom House