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ABORTO DELLA GIOVANE DISABILE
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Comunicato 
15 dicembre 1999 0:00
 


LASCIATELA IN PACE. TUTTI QUELLI CHE HANNO LE CERTEZZE, SE LE TENGANO PER SE' E SMETTANO DI SPECULARE STRACCIANDO LEGGI E DIRITTI.

Firenze, 15 Dicembre 1999. Forse chi ritiene l'aborto un infanticidio -e non si vuol convincere che altre persone possono pensarla in modo diverso, e soprattutto che esiste una legge che, pur se limitata, va rispettata- alla fine l'avra' vinta. Perche' anatemi e ricorsi giudiziari, velocemente, possono far superare il limite oltre il quale la legge italiana ritiene possibile abortire, tre mesi dal concepimento.
Cosi' interviene il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito.
Che la ragazzina abortisca o meno, probabilmente, interessa poco a tutte le parti, perche' l'occasione e' diventata ghiotta per riproporre uno scontro frontale mai sopito, anche in termini giuridici oltreche' di principi.
Auspicando che tutto si chiuda li' dove naturalmente dovrebbe essere, nell'intimita' e nell'intimo che una scelta del genere comporta, non possiamo non rilevare che c'e' un grande sconfitto in questa vicenda: il diritto. Quello scritto e ribadito anche da diversi referendum che non sono riusciti a modificare in alcun modo l'attuale assetto legislativo.
Il diritto civile, quello individuale e quello sanitario: tutti stracciati da chi, non soddisfatto da come la legge stabilisce che una cosa sia, non ha meglio da dire -in nome del suo concetto di vita- che il tutore della ragazza siciliana va rimosso, in nome di un diritto di scelta della stessa ragazza che alcuna legge consente.
Cosa direbbero questi sostenitori del diritto a go-go se la situazione fosse invertita: se la giovane volesse abortire mentre il suo tutore glielo impedisse? Continuerebbero a sostenere -come fanno oggi- che la decisione della ragazza, pur se minorenne e disabile, e' fondamentale? E' facile immaginare che sosterrebbero il tutore in nome della legge sancita. Un modo ipocrita di ragionare e di considerare lo Stato come fosse cosa propria, da modificare secondo i propri convincimenti, e stracciando tutti quei meccanismi democratici che -anche per il popolo- consentono di modificare una legge quando la si ritiene sbagliata.
 
 
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