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ANTITRUST E COCA-COLA
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Comunicato 
17 dicembre 1999 0:00
 


MA SIAMO PROPRIO SICURI CHE IL GARANTE DELLA CONCORRENZA NON AGISCA CON UN PESO E DUE MISURE?

Firenze, 17 Dicembre 1999. L'Antitrust ha comminato una multa di 30,6 miliardi di lire alla Coca-Cola per abuso di posizione dominante: avrebbe tentato di estromettere il concorrente Pepsico dal mercato delle bevande vendute alla spina offrendo prezzi piu' bassi e incentivi ai dettaglianti che, dal servizio Pepsi-Cola, avrebbero optato per quello Coca-Cola.
Interviene il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito.
Per fortuna non abbiamo alcun pregiudizio nei confronti delle grandi come delle piccole aziende, ma cerchiamo di essere attenti perche' il consumatore possa scegliere -per qualita' e prezzo- e il mercato sia libero. Per questo, nella sentenza dell'Antitrust non capiamo dove siano le colpe della Coca-Cola, perche' quello di cui l'azienda Usa e' accusata, e' cio' che fa chiunque su qualunque mercato libero, Italia compresa. Forse non e' cosi' per chi offre birra?
Quel che ci preoccupa e' che questa sentenza possa costituire un pericoloso precedente, dove il giudizio del Garante sia discrezionale non rispetto a regole precise, ma rispetto ai soggetti verso cui e' rivolto. Il dubbio ci viene perche' se cio' che dice il Garante fosse la regola da applicare, salterebbero tutti gli incentivi che abitualmente vengono usati sul mercato e che, di conseguenza, sono la molla per avere prezzi piu' concorrenziali e, alla fine, piu' bassi per il consumatore.
Una situazione che ci sembra presagio di sventure monopoliste, se la mettiamo a confronto con l'abituale inerzia dell'Antitrust con le posizioni dominanti di aziende privatizzate ma controllate saldamente dallo Stato (per quota di capitale o potere di golden share: Agip e Telecom, per esempio), o in concessione unica di servizio pubblico (come la Rai) ma che, con lo stesso denaro pubblico, competono sul mercato con privati.



CARNE INFETTA E MUCCA PAZZA
LA SITUAZIONE NON E' SOTTO CONTROLLO: CI SONO SITUAZIONI A RISCHIO ANCHE IN ITALIA. L'ADUC CHIEDE AL MINISTERO DI DECIDERE PER CONTO PROPRIO IGNORANDO LE DIRETTIVE COMUNITARIE.

Firenze, 18 Dicembre 1999. La Francia non ha levato l'embargo alla carne britannica, seguita dalla Germania -nonostante i tentennamenti dopo la decisione della Commissione di confermare il nulla osta alla revoca. Decisioni che si sono allineate con quelle di molti Paesi nel mondo, tra cui Usa e Australia. In Francia una donna -la seconda dall'individuazione del morbo della mucca pazza- ha contratto la malattia (Mcj), per combattere la quale non c'e' alcun rimedio. Mentre tra le mucche, anche non in Gran Bretagna, continuano ad essere individuati capi infetti (alcuni giorni fa uno in Francia e tre in Svizzera, che portano a 29 i casi francesi in quest'anno e 49 in Svizzera).
E in Italia? La Guardia di Finanza di Reggio Emilia ha individuato migliaia di bovini importati clandestinamente in Italia negli anni dal 1994 al 1998 (quando l'embargo della carne britannica era effettivo): tutta carne acquistata a basso prezzo e che veniva smerciata attraverso i dettaglianti come carne italiana; e non e' fantasioso credere che alcuni allevatori britannici, esasperati dall'embargo abbiano scelto la via del guadagno clandestino oltre ai contributi Ue che prendevano per ogni capo sospetto abbattuto (soldi di cittadini dell'Ue con cui si pagava l'incuria annosa dei Governi britannici che, pur sapendo, avevano minimizzato e taciuto il fenomeno in espansione).
Cosi' il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito, che continua:
Fra qualche giorno, il 22 dicembre, scadra' l'ultimatum che la Commissione ha dato a Francia e Germania perche' si adeguino alla direttiva di revoca, pena l'apertura di una preocedura d'infrazione davanti alla Corte Europea: ovviamente auspichiamo che questi due Paesi tengano le loro posizioni, perche' ci vedranno in prima fila nel difenderli dall'accusa -che' questa sembra essere- di "eccesso di prevenzione".
Tutto questo mentre in Italia al ministero della Sanita' fanno sapere che tutto e' sotto controllo, cioe' che i controlli effettuati dalla Commissione a loro vanno bene.
Ma …. Reggio Emilia, i laboratori francesi, tedeschi, americani, australiani? Possibile che si tratti solo di congiurati ignorantoni e mercanti delinquenti di carni sanissime provenienti da altrettanti Paesi sanissimi?
Lo sanno al ministero che le infezioni sul corpo umano dall'ingestione di carne malata di Bse si possono manifestare anche decine e decine di anni dopo? Crediamo che lo sappiano benissimo, ma abbiamo il forte sospetto che le certezze del nostro ministero siano diplomatiche -invece che scientifiche e sanitarie: il peso della presidenza italiana di turno della Commissione sta per abbattersi sui nostri stomaci e sulla nostra salute.
Per questo rinnoviamo l'invito al ministero, perche' istituisca una sua commissione scientifica di controllo e analisi, e con questi dati -confrontandoli con quelli francesi, tedeschi e Usa- decida autonomamente. Crediamo che la salute degli italiani debba stare piu' a cuore della diplomazia comunitaria.

AUDITORIUM: LITE TRA COMUNE,IMPRESE E PROGETTISTA.

L'ADUC CHIEDE L'IMMEDIATO INTERVENTO DELLA CORTE DEI CONTI.

Roma, 18 Dicembre 1999. Lite in atto tra Comune di Roma, imprese e progettista per l'Auditorium. Ognuno -dichiara Primo Mastrantoni segretario dll'Aduc- scarica sull'altro i ritardi e l'aumento dei costi per la realizzazione di quello che doveva essere una delle opere simbolo del Giubileo. Quello che ci chiediamo e' perche' mai a gennaio scorso il Comune di Roma ha accordato 20 miliardi lire in piu' alle imprese per le definizioni progettuali, cioe' un aumento del 14% sui 139 miliardi del costo dell'appalto. In sostanza il Comune ha riconosciuto che la documentazione presentata era incompleta. In questi casi la legge Merloni prevede che il committente si rifaccia sul progettista e quindi il Comune di Roma avrebbe dovuto chiedere all'arch. Renzo Piano un risarcimento. Perche' non lo ha fatto?
Riteniamo che si configuri l'ipotesi di danno erariale per il quale chiediamo l'immediato intervento della Corte dei Conti.
 
 
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