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CELLULARI E AURICOLARI
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Comunicato 
10 aprile 2000 0:00
 


FA BENE O FA MALE CONVERSARE CON L'AURICOLARE?
PER I BRITANNICI FA MALE, MA NON PER GLI ISRAELIANI.
MA I CONSUMATORI A CHI DEVONO DAR RAGIONE?
SOLLECITIAMO LE AUTORITA' SANITARIE ITALIANE E COMUNITARIE AD INTERVENIRE.

Firenze, 10 Aprile 2000. Dopo lo studio britannico che ci aveva fatto sapere che conversare con gli auricolari triplica i pericoli di radiazioni, e' oggi la volta di uno studio israeliano che dice non solo il contrario, ma va oltre: secondo il professore Yossef Ribak, vicedirettore del centro medico Ichilov di Tel Aviv, che ha condotto uno studio con il dottor Menachem Margaliot, l'uso dell'auricolare ridurrebbe i pericoli di radiazioni di 20 volte rispetto alle conversazioni fatte con il cellulare accanto all'orecchio.
Interviene il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito.
Dopo l'allarme britannico dell'altro giorno, l'intervista del professor Ribak al quotidiano Maariv di Tel Aviv, pur gettando sconforto sulla certezza dei comportamenti da adottare da parte del consumatore, ha il merito di rimescolare le carte, e richiamare gli stessi consumatori a tenersi sempre informati su cio' che ricerca e studi propongono in materia.
Ma se il rimedio fosse solo questo, ogni consumatore dovrebbe come minimo navigare in Internet 4 o 5 ore al giorno, per tenersi informato e decidere di conseguenza. La realta', invece, e' un'altra: e' quella dellla casualita' e della moda del momento, che crea vittime, che sono sempre le stesse, i consumatori. E fa venire anche dubbi su chi sia lo sponsor di questa o di quell'altra ricerca; quale azienda di telefonia o quale casa farmaceutica che -ce l'aspettiamo a momenti- ci proporra' il farmaco o l'unguento salva-radiazioni.
Come ovviare? Con l'autorevolezza istituzionale di chi fa una ricerca. Non sara' "oro colato", ma almeno -si presuppone- con interessi, quelli della salute pubblica e diffusa, che vanno al di la' della medaglietta da conquistare per essere arrivati prima a scoprire nuovi pericoli per la salute.
Rivolgiamo la domanda al ministero italiano della Sanita', e al commissario Ue sulla salute, David Byrne, a cui giriamo questa urgenza di chiarezza e intervento.
 
 
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