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DIVIETO DI FUMO
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Comunicato 
18 maggio 2000 0:00
 


ANDREBBE APPLICATO GRADUALMENTE PER NON FARE DANNI ECONOMICI E DA ASTINENZA FORZATA, FAVORENDO LA TRASFORMAZIONE DELLE ATTUALI STRUTTURE PERCHE' ACCOLGANO FUMATORI E NON, SENZA CHE GLI UNI DISTURBINO GLI ALTRI.

Firenze, 18 maggio 2000. Fa discutere la determinazione del neo-ministro della Sanita' nel voler vietare il fumo in tutti i locali pubblici, e non solo.
Interviene il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito.
Speriamo che anche questa volta non sia un'uscita estemporanea, e il problema venga affrontato in tutti i suoi aspetti, senza fermarsi al mero divieto.
Perche' se e' vero che il fumo da tabacco fa male a chi fuma e a chi lo subisce, e' altrettanto vero che ci sono milioni di tossicodipendenti da tabacco che non possono farne a meno; e metterli di fronte al divieto e basta, non e' di per se' risolutivo del problema. Il proibizionismo non paga mai: il classico e tradizionale esempio del proibizionismo dell'alcool negli Usa, nel secolo scorso, e' sempre bene tenerlo presente, per quel che provoco' e per il suo successivo superamento ammettendo errori e perdite di tempo.
Quel che auspichiamo e' che il ministro Veronesi tenga in considerazione cio' che lui stesso ha valutato nelle recenti prese di posizione sull'attuazione della riforma sanitaria: li' dove ha fatto presente che la struttura sanitaria, cosi' com'e' oggi, non e' in grado di garantire quell'armonia pubblico/privato nell'esercizio della professione medica. Tant'e' che lo stesso Veronesi, per far capire l'importanza del problema, ha parlato di incarichi all'architetto Renzo Piano.
Nel nostro caso si pone lo stesso problema. Le strutture pubbliche e commerciali, sono in grado, oggi, di reggere l'impatto di un simile divieto? La risposta e' ovviamente no, e le prime rimostranze delle associazioni di categoria non sono aleatorie: privare un fumatore della sigaretta dopo il pasto (per fare l'esempio del ristorante), magari prima del caffe', sarebbe per molti un buon motivo per non andare al ristorante. Com'e' un buon motivo per non andare allo stesso ristorante quello di chi non ha intenzione di respirare il fumo passivamente.
Qui l'intervento dello Stato e' importante e fondamentale, non ponendo il divieto subito, lanciando un messaggio del tipo "ti obbligo a non farti del male", perche', tra astinenza individuale e affari commerciali, i danni sarebbero perlomeno uguali -se non superiori- a quelli odierni.
Occorrerebbero gradualita' e tempi. Lo Stato dovrebbe favorire, con una politica di sgravi fiscali, accesso facilitato al credito, e altri incentivi economici, la trasformazione delle attuali strutture, per consentire che accolgano fumatori e non-fumatori, senza che gli uni disturbino gli altri.
 
 
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