Siamo tornati indietro di 12 anni.
Si ricordi lo slogan, in vista delle elezioni nazionali del 2008, di Silvio Berlusconi: "L'Alitalia agli italiani". Il che non era vero, ma non importa, tanto ci sono sempre i citrulli in servizio permanente.
Si suddivise il pacchetto Alitalia in "bad company" e "good company": nella prima furono scaricati i debiti, accollati agli italiani per 3,2 miliardi, dei quali facevano parte quelli riguardanti il personale di volo, che finirono in cassa integrazione fino a 7 anni con l'80% dello stipendio (poi si parla di privilegi); nella seconda ci entrarono i "capitani coraggiosi".
Risultato: l'Alitalia è stata commissariata, ha perso, nel 2019, 600 milioni, ha un debito dovuto al prestito ponte dello Stato di 1,5 miliardi e gestisce solo l'8% del traffico aereo da e per l'Italia.
Per essere chiari, quel miliardo e mezzo è a carico del contribuente.
Ora, il governo Conte vuole ripetere l'operazione: suddividere il pacchetto Alitalia in "bad company" e "good company".
Il primo, carico di debiti, addossato al contribuente, il secondo a chi vorrà gestire l'azienda, ma abbiamo seri dubbi che il problema sarà risolto.
La soluzione ci sarebbe: lasciare l'Alitalia al mercato. Se riesce, bene, altrimenti, confluirà in qualche altra compagnia aerea, magari con la bandiera italiana.