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LIBRI A PREZZO FISSO
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Comunicato 
10 luglio 2000 0:00
 


LA PROPOSTA DI LEGGE DEL MINISTERO SI PREPARA AD AMMAZZARE IL MERCATO, I CONSUMATORI E L'INFORMAZIONE.

Firenze, 10 Luglio 2000. Lunedi' prossimo il ministro dei Beni Culturali presentera' il suo progetto di legge per l'aumento del consumo di libri. Il pezzo forte di questo progetto dovrebbe essere il prezzo fisso di vendita, con sconti che non dovrebbero andare oltre il 10% del prezzo di vendita.
Interviene il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito.
Sara' bene ricordare che oggi il prezzo di vendita dei libri non ha una normativa, ma grazie ad un accordo tra le parti e' fisso: cosa che, nel Belpaese anche degli accordi tra privati, significa che ognuno fa come crede, perche' tra promozioni e sconti ci sono oscillazioni in calo anche fino al 40%. La legge Melandri dovrebbe intervenire per evitare che questi accordi non siamo rispettati, e dovrebbe fissare il massimo sconto possibile nel 10% (frutto di una mediazione tra 15% degli editori e 5% dei librai).
Al Belpaese degli accordi privati, non poteva non corrispondere il Belpaese delle istituzioni, perche' imporre un prezzo ha solo un significato: uccidere il mercato, con la conseguenza di prezzi che resteranno o torneranno alti, e con un consumo che non sara' legato alle scelte dei consumatori ma solo con le esigenze di sopravvivenza di strutture arcaiche di distribuzione al dettaglio, quali sono -ancora oggi- la buona parte delle librerie. E per fugare qualunque indignazione intellettuale, sara' bene ricordare che un libro viene acquistato o meno, anche rispetto a quanto costa e non solo per il suo contenuto, specialmente da parte dei consumatori giovani.
A noi non interessa che sia maggiore la spesa dello Stato per incentivare questi consumi, ma che le leggi dello Stato garantiscano a chiunque di usufruirne ed evitino concentrazioni monopoliste. Il progetto Melandri sembra, invece, orientato a incrementare la spesa e l'interesse dello Stato in base all'esistente, ignaro che e' proprio colpa di questo esistente se nel 1998, per esempio, la media annua della spesa casalinga e' stata di Lit.293.437, rispetto a lit.334.117 del 1990: numeri che, a nostro avviso, sono indicatori di un prodotto che non e' riuscito a tenere e farsi strada rispetto alle nuove tecnologie e alle nuove domande dei consumatori.
Se non si interviene contro questo "gap", ma si investe su di esso, probabilmente, a breve tempo, avremo un po' meno licenziamenti, ma non un aumento dei consumi; mentre a lungo tempo, quando il settore avra' fagocitato anche il nuovo che gli giunge dallo Stato, e la freschezza e simpatia di iniziative tipo "Giornate della lettura" fara' parte della noiosa routine quotidiana, il bilancio sara' negativo per consumi e occupazione.
Perche', per esempio, invece di addentrarsi in questa logica che non consentira' la nascita di nuove aziende e di nuovi consumi, non si sceglie quella delle agevolazioni per i primi anni di attivita', eliminando anche l'Iva al 4% e non detraibile, com'e' oggi? Ed eliminandola anche in Internet dove, invece, come ha fatto sapere una recente circolare delle Finanze, e' al 20%.
La visione della distribuzione, produzione e consumo che e' alla base di questa legge e' quella dei vantaggi per alcuni grandi editori e alcune migliaia di librerie, per la cui sopravvivenza si vuole far pagare i consumatori tutti.
 
 
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