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SENTENZE E REFERENDUM
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Comunicato 
23 maggio 2000 0:00
 


CIO' CHE NON HA POTUTO IL REFERENDUM LO FA LA CASSAZIONE? PER IL LAVORATORE LICENZIATO SENZA GIUSTA CAUSA C'E' LA RIASSUNZIONE, MA NON IL RISARCIMENTO. UNA SENTENZA IMPORTANTE SULLA STRADA DELL'UGUAGLIANZA DELLE PARTI NEI CONTRATTI.

Firenze, 23 maggio 2000. Una sentenza della Corte di Cassazione (5499 del 2 maggio) ha stabilito che un lavoratore licenziato da un'azienda con piu' di 15 dipendenti, puo' essere reintegrato completamente nel posto di lavoro (incluso, cioe', lo stipendio non percepito tra il licenziamento e la sentenza) perche' non sussiste la giusta causa per il licenziamento, ma non ha diritto al risarcimento del danno. La Cassazione -sullo specifico- ha ritenuto sufficiente l'art.102 bis del codice di procedura penale, che prevede la reintegrazione nel posto di lavoro, quando il lavoratore licenziato perche' implicato in un procedimento giudiziario, e' successivamente assolto o prosciolto, oppure c'e' stata sentenza di non luogo a procedere o di archiviazione.
Interviene il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito.
Il tanto discusso referendum per l'abolizione di parte dell'art.18 dello Statuto dei lavoratori, chiedeva, in caso di sentenza dove si riconosceva l'ingiusta causa per il licenziamento, l'abolizione del reintegro dello stipendio, lasciando inalterato il ritorno nel posto di lavoro e il risarcimento del danno, per cui, questa sentenza, non incide direttamente li' dove voleva incidere il referendum. Ma stabilisce un precedente giurisprudenziale non secondario, perche' intacca la monoliticita' e unidirezionalita' del rapporto di lavoro cosi' come previsto nell'art.18.
Il contratto di lavoro concepito come un matrimonio indissolubile, dove, anche al tentativo di scioglierlo, si deve pagare oltre che reintegrare, viene messo in discussione da questa sentenza.
Crediamo sia importante per rivedere tutta una materia che oggi e' molto rigida e ostacolo alle economie emergenti che, invece, richiedono flessibilita', uguaglianza e concorrenza delle parti. E non solo puo' essere un riferimento per chi si trovera' in situazioni simili, ma un campanello d'allarme per il legislatore.
Si e' cominciato a parlare di riforma dello Statuto dei lavoratori, perche' -concepito quando il lavoratore per eccellenza era quello delle grandi fabbriche- oggi non risponde piu' alle mutate esigenze del mercato e dei lavoratori stessi. Questa sentenza puo' aprire uno spiraglio per affermare l'uguaglianza delle parti, e considerare anche il venditore di forza lavoro come portatore di diritti e doveri al pari di chi vende i risultati dell'applicazione di questa forza lavoro.
 
 
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