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VICENDA ABORTI CLANDESTINI
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Comunicato 
15 aprile 2000 0:00
 


QUANTE ALTRE "VILLA GINA" BISOGNERA' ATTENDERE PRIMA DI INTERVENIRE E MODIFICARE L'ATTUALE INSUFFICIENTE LEGGE SULL'ABORTO?

Firenze, 15 Aprile 2000. Si fa sempre piu' esplicita la vicenda degli aborti clandestini praticati a Villa Gina a Roma, la clinica della famiglia Spallone, il cui capostipite Mario, sindaco ulivista abruzzese (piu' noto come medico di Togliatti), mostrandosi stupito di cio' che gli inquirenti stanno scoprendo, esterna tutta la grinta possibile perche' chiunque, se colpevole, debba pagare.
Interviene il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito.
A parte il fatto che di fronte ad una pratica cosi' diffusa e conosciuta (si parla di centinaia di aborti e instradamenti da varie parti per utilizzare i servizi della clinica) ci sembra strano che proprio il dottor Mario Spallone non fosse a conoscenza di cio' che succedeva … ma spettera' agli inquirenti credere o meno alla stupita aggressivita' che il nostro mostra in pubblico. A parte questo ci preme sottolineare il rumorosissimo silenzio che e' calato sulla vicenda da parte di chi e' coinvolto in prima persona per la molto esplicita appartenenza politica dei proprietari (in tv si sono anche viste fotografie di Togliatti nei corridoi della clinica).
Ovviamente non facciamo di tutta un'erba un fascio, ma avremmo gradito ascoltare non solo le scontate interrogazioni di chi ha colto l'occasione per ripartire in crociata contro il diritto all'interruzione di gravidanza, ma anche di chi, dell'attuale legge sull'aborto, si e' fatto un vessillo di inamovibili certezze. In questo ambito, parlare in un modo e razzolare in un altro non e' come trattare l'acquisto di una spezia in un mercato nordafricano, ma e' un'approfittarsi di uno stato dei fatti che differisce da quello legale sulla pelle delle dirette interessate. A parte la miseria umana e civica dei difensori di questa legge che sono in prima fila nel violarla (di nascosto, ovviamente, non per disobbedienza civile), cio' che e' successo e' la dimostrazione che la legge, cosi' com'e', non risponde alle necessita' di chi decide di abortire.
Sembra di rileggere la storia dell'aborto clandestino prima della legge che cancello' l'aborto come reato contro la stirpe: la necessita' -allora come oggi, al tempo di Villa Gina- era talmente alta che non c'era ostacolo che tenesse. Prima del 1975 come oggi, l'ostacolo di milioni di lire, del pericolo e della violazione di legge, non reggeva di fronte ad una gravidanza indesiderata. La legge Fortuna (piu' nota come 194) arrivo' a colmare la voragine che c'era, ma si mostro' subito insufficiente grazie al divieto di interventi nelle strutture private, e al tribunale delle coscienza che doveva stabilire i requisiti giusti della donna abortiente. Mentre questo secondo aspetto e' stato facilmente superato con italico metodo (i certificatometri a cui aggiungere solo il nome delle donne, sono ben distribuiti sul territorio), il primo e' rimasto come spina nel fianco, impedendo che questa legge potesse essere fruita in modo sereno: un regalino che il legislatore -memore del biblico "donna partorirai nel dolore"- ha voluto fare alle donne, trasformadolo in "donna abortirai nel dolore", dove per dolore, oltre al medico/padrone che decide sul tuo corpo, si intravede tutto cio' che puo' succedere a chi e' costretto a rivolgersi alla struttura pubblica.
Il rumoroso silenzio di chi difende questa legge e' frutto di grande imbarazzo per la notorieta' di parte degli Spallone, ma se continua puo' solo trasformarsi in complicita'. Quanto successo serva da lezione.
Noi, con chi e' stata costretta a violare la legge per rispetto di se stessa, non possiamo che ricordare che forse sarebbe meglio non aspettare la prossima Villa Gina.
 
 
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