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Per non farsi mettere i piedi in testa: No all'indifferenza
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Editoriale di Vincenzo Donvito
15 giugno 2005 0:00
 
Il 29 giugno del 1990 insieme ad altri amici abbiamo dato vita a questa associazione di consumatori, con la scommessa e l'impegno di fare e dare del nostro meglio, per i singoli e per la societa' tutta.
Una delle caratteristiche di quel periodo e degli anni a seguire, e' stata l'aumento della partecipazione, dell'interessamento, dell'attenzione delle singole persone a se stesse in quanto soggetti di una comunita' civica: consapevoli di essere portatori di diritti e che per questo occorreva operare per farli rispettare e, quando non c'erano o erano ambigui, farli affermare. Un evolversi che ha portato, per chi aveva deciso di dare vita all'Aduc, a credere che l'individuo economico, in un contesto tendenzialmente sempre piu' di libero mercato, avesse bisogno di meglio affermarsi, perche' la sua presenza non fosse solo passiva ma anche attiva. Ecco quindi l'associazione come servizio, come luogo in cui raccogliere informazioni che servissero ad ognuno per affermare la consapevolezza di se stesso come soggetto economico.
In questi quindici anni sono nate molte altre associazioni come la nostra, ognuna con la sua peculiarita', ma tutte con una caratteristica: l'invito alla partecipazione per ognuno, lo stimolo a conoscere, informarsi, per essere determinanti su se stessi e contribuire cosi' a modifiche legislative che potessero interessare tutti. Risparmio l'elenco delle norme positive approvate in questi anni, cosi' come quello delle negative: tutti coloro che leggono queste righe, in un modo o nell'altro, essendo venuti in contatto con questa associazione, hanno consapevolezza di almeno una di queste norme grazie all'esperienza diretta che hanno vissuto.
Ma ora c'e' qualcosa di nuovo che, a mio avviso, potrebbe compromettere questa crescita: l'indifferenza. Dei singoli e delle istituzioni. I primi perche' scoraggiati, stufi, stanchi di istituzioni sempre piu' lontane e di un'arroganza dell'amministrazione che premia solo i furbi e penalizza gli onesti e i ligi. Mentre le istituzioni dicono e fanno tutto e il loro preciso contrario, con una crescita turbinosa dell'incertezza del diritto dove l'unico punto fermo sembra essere il consolidamento dell'esistente, cioe' del proprio potere in quanto tale piuttosto che il premio per la propria capacita' di essere al servizio degli amministrati.
Tutto questo ha trovato espressione nel voto referendario del 12 e 13 giugno. Non nella materia per cui gli elettori erano chiamati a pronunciarsi, ma nel fatto che non poche alte cariche dello Stato hanno invitato all'indifferenza (la non partecipazione al voto, per strumentale che fosse nello specifico) e che gli elettori vi hanno dato seguito. E' stato forse trovato un punto d'incontro tra istituzioni e cittadini? Non lo sapremo mai e invito a diffidare di chiunque sostenga questo: l'indifferenza non mi sembra un punto d'incontro. Qualcuno e' mai diventato amico o "complice" di qualcun'altro per il comune denominatore dell'indifferenza? Non mi risulta. Ma ben mi risulta che l'indifferenza uccide, soprattutto il diritto e gli individui.
Io non ho alcuna intenzione di passare nel "partito degli indifferenti", ed e' ovvio, altrimenti non sarei qui a mettere questa pulce nell'orecchio di chi legge, e come minimo mi sarei dimesso e avrei cominciato a fare i documenti per emigrare negli Usa. Ma, nel contempo, non ho ricette miracolose per i singoli e per le istituzioni. Per cui mi limito a riaffermare la necessita', per ognuno, di non interrompere il percorso di crescita della partecipazione e del "farsi valere" in qualunque circostanza. Cioe' non farsi sopraffare dall'indifferenza, anche perche' qualcun'altro farebbe per conto nostro quello che noi non abbiamo fatto, e lo farebbe secondo i propri interessi, e non i nostri.
 
 
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