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Università che bloccano gli accordi con Israele. Studenti pecore? 
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Editoriale di Vincenzo Donvito Maxia
31 marzo 2024 12:19
 

L’elenco delle università che bloccano gli accordi con gli atenei israeliani comincia ad allungarsi, includendone anche alcuni di un certo prestigio, ma tutti hanno una  caratteristica: seguono a ruota fatti già avvenuti o in corso in altrettante università (anch’esse ufficialmente prestigiose) degli Usa e non solo. E’ la  storia che si ripete e l’Italia va a ruota.

Non c’è da criticare, da esecrare o cose del genere, solo da prenderne atto: per la politica in senso ampio, le nostre università non hanno mai brillato di creatività, che invece hanno per molte didattiche. E si spera che, come per l’appunto in Usa, sia una moda passeggera che, soprattutto, non lasci tracce culturali e comportamentali ma solo qualche rigo nei libri di storia.

Stupisce (per alcuni), che piccoli gruppi più o meno irruenti di studenti, siano riusciti ad imporre le proprie volontà ai vari senati accademici, che li hanno fatti partecipare (a loro modo - non proprio ortodossi - anche con striscioni e proclami via megafono) ai loro incontri non pubblici. E sempre alcuni si stupiscono che questi senati, magari aggiustando qualche virgola delle proposte di questi gruppi, abbiano fatte proprie queste ultime.

Crediamo ci sia poco da stupirsi, perché i professori che oggi dirigono queste università, in gran parte sono gli stessi che, dalla fine degli anni 60 del secolo scorso, facevano le stesse cose nei confronti dei loro professori… che difficilmente li assecondavano: i professori dell’epoca  erano la generazione degli anni 40 e 50 del ‘900, che queste cose non le facevano, ma si dedicavano alla goliardia e, i più impegnati, a piccoli gruppi di studio e proposte con metodi diversi… l’eco degli Usa, anche qui, non c’era: l’Ugi, Unione Goliardica italiana, al di là del nome è stata fucina di molta classe dirigente democratica dei decenni successivi.

Ecco che oggi questi professori, memori della propria gioventù frustrata per non essere mai ascoltati (non a caso le esplosioni di violenza nella gestione delle proposte erano frequenti… e poi si sfociò nei cosiddetti anni di piombo), oggi possono identificarsi in questi studenti irruenti e - siccome va di moda, anche grazie alla propaganda ad hoc - antisionisti fino ad antisemiti. 
Per carità, tutti professori che se li “interroghi” nel merito dicono cose del tipo “Israele va bene, però…”, da intendersi che loro si battono fino allo stremo per l’autodeterminazione dei popoli (uno dei talmud di molta cultura progressista novecentesca) ma Israele è un’altra cosa. Anche se talvolta si vergognano a dirlo, sembra proprio che la pensino come quel cretino di attore italiano (molto progressista, dicono e dice) che a Los Angeles, per l’assegnazione degli Oscar ai film ha detto che “tanto, si sa, che vincono sempre gli ebrei”.

Questo è il contesto in cui avvengono anche fatti incresciosi come gli studenti manganellati a Pisa senza che nessuno - questori e ministri inclusi - abbiano ritenuto che ce ne fossero gli estremi per trattarli in quel modo.

La creatività di alcuni studenti modaioli e professori dirigenti universitari ex-sessantottini (termine “abusato” ma che rende il concetto) di fatto è succube all’Oltralpe e all’oltreOceano. Speriamo che non facciano danni più di tanto a quella che è la missione principale di ogni istituto universitario (conoscenza e interscambio tra culture, scienze e didattiche… e se qualcuno dice che questo non è possibile con i nazi-israeliani… questo qualcuno va valutato per quello che esprime nel solo accostamento delle parole “nazi” e “israeliano”: un povero imbecille). 

Speriamo, anche che gli attuali governanti, che li percepiamo stentorei e naviganti a vista per questioni di cultura, scienza e ordine pubblico, non ci mettano quasi nulla del proprio (anche loro passeranno lasciando solo tracce di ciò che non hanno fatto e di ciò che hanno distrutto).

Resta, come un macigno, il problema degli studenti che frequentano queste università, che sono tutti tranne lo “zero virgola” che impone ai senati i blocchi didattici verso Israele. E’ buona occasione perché si facciano sentire? Difficile, visto che sono a loro modo parte della cosiddetta “maggioranza silenziosa”, con la “aggravante” che non sono neanche economicamente produttivi e quindi, mantenuti da mamma e babbo, hanno meno stimoli a far valere il loro diritto a poter frequentare e studiare in università che non siano ghetti ideologici e alla moda.

Per questo riteniamo importante il messaggio che proprio in queste ore è arrivato dall’associazione degli ex-alunni della Scuola Normale Superiore di Pisa, con cui chiedono di rivedere lo stop alla collaborazione di questa Università con Israele. Un piccolo gruppo per una specifica università d’eccellenza, iniziativa che potrebbe essere ripresa anche da tante altre simili entità in tutte le università che hanno “ceduto” alle richieste anti-israeliane.

Si tratta  di uscire dalla spirale malefica di chi (per proprie storie, convinzioni o frustrazioni, poco importa) si adegua agli slogan di alcuni. E condurre il confronto, anche nelle aule universitarie ma non certo come fatto fino ad oggi con le pressioni di striscioni e megafoni. Siamo sicuri che chi propone e chi si adegua sappiano come realmente stanno le cose per cui si fanno avanti? Perché abbiamo l’impressione che il quadro attuale sia quello che, per esempio, è accaduto all’Università Federico II di Napoli: alcuni studenti non hanno fatto parlare Maurizio Molinari (direttore del quotidiano La Repubblica) perché ritenuto sionista e, all’invito del direttore di cogliere l’occasione per confrontarsi, questi studenti hanno rifiutato (“coi sionisti non si parla” e cose del genere).

Il nostro interesse è di impedire che i servizi universitari siano bloccati e alterati da alcune persone ("zero virgola”) che, in virtù dei loro metodi e delle “complicità” ideologiche che trovano nei dirigenti universitari, impediscano a tutti gli studenti di fruirne. Auspicando che un confronto civile aiuti a comprendere cosa accade e dove stiamo andando. Consentendo ad ognuno, ovviamente, di manifestare civilmente per le proprie opinioni, ma non di imporle ad altri ignari e non coinvolti.

Qui il video sul canale YouTube di Aduc

 
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